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Luca Rocca per Il Tempo
A 20 anni dal suo pentimento, Gioacchino La Barbera, boss di Altofonte che partecipò alla Strage di Capaci, si "sveglia" per fare delle rivelazioni apparentemente clamorose ma che contraddicono quanto da lui stesso rivelato solo pochi mesi fa.
Se, infatti, in un’intervista a Repubblica, La Barbera ha sostenuto che dietro l’uccisione di Giovanni Falcone «non c’è solo la mafia» ma probabilmente anche «un uomo dei servizi segreti», appena nel marzo scorso i suoi ricordi erano di tutt’altro tenore. Testimoniando al processo sulla strage del Rapido 904, infatti, quello che fu un uomo d’onore affermò:
«Ogni strage e ogni delitto eccellente, nell’ambiente di Cosa nostra si diceva sempre che erano stati i servizi segreti per deviare, ma sono solo dicerie. Anche per Capaci all’interno di Cosa nostra, fra chi non aveva partecipato alla strage, si disse che erano stati i servizi segreti. E invece eravamo stati noi».
foto di letizia battaglia giovanni falcone
La nuova versione di La Barbera, dunque, che arriva dopo 20 anni, non trova riscontri nemmeno nelle sue stesse parole. Ma qualche procura, come escluderlo, potrebbe volerlo sentire . Anche perché di fronte al processo sulla Trattativa Stato-Mafia che langue, privo di prove e di testimonianze serie, potrebbero far comodo altre sue frasi, ad esempio quelle pronunciate per dire che la trattativa «c’è stata» e fino a un certo punto è pure proseguita.
Nella stessa intervista, inoltre, La Barbera parla di «giudici che aggiustavano i processi». Ma Corrado Carnevale, ex presidente di Cassazione per anni definito l’"ammazzasentenze", venne assolto, così come tutti gli altri magistrati (tranne qualcuno prescritto) accusati di chiudere un occhio per "proteggere" i mafiosi sotto processo.
GNAM MAGGIORE PER CALOGERO MANNINO
Strage di Capaci - Palermo
Non è tutto. La Barbera sostiene che anche dietro l’omicidio di Salvo Lima, plenipotenziario andreottiano in Sicilia, ci sarebbero stati i servizi segreti, e che gli 007 erano anche «sul monte Pellegrino».
La prima affermazione, nuova di zecca in bocca a La Barbera, ricorda quanto vergato in alcune missive dal "Corvo 2", l’anonimo che nelle sue lettere tirava in ballo anche l’ex ministro Calogero Mannino accusandolo di essere in rapporti con i corleonesi. Quanto al monte Pellegrino, si tratta dell’ipotesi, smontata nei processi, che colloca sia i servizi segreti che gli uomini della mafia su quel promontorio, dal quale si poteva tenere sotto controllo via D’Amelio e al momento opportuno premere il telecomando per ammazzare Paolo Borsellino.
Una mezza verità, infine, La Barbera la dice quando afferma di aver sbugiardato da subito Vincenzo Scarantino, il falso pentito che per anni ha raccontato balle sulla strage di via D’Amelio. Peccato che il boss di Altofonte aggiunga che i verbali del suo confronto con Scarantino siano spariti. In realtà quelle carte furono tenute accuratamente in disparte dai magistrati che assistettero a quel contraddittorio. Fra loro c’era anche il pm Nino Di Matteo, titolare di quel processo sulla Trattativa Stato-Mafia praticamente scomparso dalle prime pagine dei giornali.
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