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Maria Laura Rodotà per il "Corriere della Sera"
C'è stato un tempo in cui anche in Italia il nudo era rivoluzionario, più o meno. Erano rivoluzionari artisti, registi e belle ragazze (si sarebbe dovuto attendere per vedere artiste, registe e bei ragazzi; ma ora l'Occidente offre anche questo). Erano forze oscurantiste molti politici democristiani, vari pretoni vecchio stile e in tonaca, alcune dame reazionarie. La rivoluzione è stata tutto sommato pacifica; negli anni - sempre in Italia - si è trasformata in eccesso di comunicazione che annulla il messaggio. Ma ora - in tempi di fresca controrivoluzione, con un nuovo premier e nuovi ministri che abbiamo visto solo completamente vestiti, e ci pare una novità pazzesca - ci accorgiamo che in altre parti del mondo la nudità è ancora rivoluzionaria.
Molto più di quanto sia stata da noi (storicamente viziati da cultura cattolica e arti figurative); e molto più drammatica. Perché «quando una donna è solo la somma del suo velo e del suo imene, allora la nudità e il sesso diventano armi di resistenza politica». La sintesi è della giornalista araba Mona Elthawy; la nudità come arma è quella - struggente per giovinezza, ingenuità e, per noi italiani traviati, naturalezza - di Aliaa Mahdy. La ventenne egiziana che per protestare contro la repressione e la censura ha messo alcune foto in cui è svestita sul suo blog e su Twitter; diventando un caso nazionale e poi globale. La ragazza è «liberal, femminista e vegetariana».
Protesta contro «la repressione della libertà di conoscenza, espressione e sessualità ». Ha sollevato (anche metaforicamente, anche politicamente) molti veli in un Paese dove, spiegano le donne come Mahdy, si fronteggiano due diversi conservatorismi, quello dei militari, e quello degli ultrareligiosi. Delle candidate del partito salafita non si conosce il volto, sui dépliant elettorali compaiono le facce dei mariti, si dice che per le elette in Parlamento parleranno i maschi di casa, perché la voce femminile è peccaminosa. Si tifa per la ragazza nuda, allora, ma si ha paura.
Ci sono i morti in piazza, le ragazze arrestate e sottoposte a esami di verginità . E si teme che la nudità coraggiosa di Mahdy sensibilizzi il pubblico, ma con risultati, forse, nel medio-lungo termine; che porti solidarietà , ma solo virtuale, al momento. Meno drammatico ma altrettanto sbalorditivo è l'uso provocatorio del nudo dei sostenitori cinesi di Ai Weiwei. Il grande artista antiregime, di recente detenuto per tre mesi, poi indagato per frode fiscale, ha annunciato che il suo cameraman era stato interrogato e accusato di pornografia per la foto «Una tigre, otto seni», in cui Ai Weiwei è nudo (pudicamente coperto) insieme a quattro donne che ridono.
E molti artisti, attivisti e fans hanno cominciato a mettere su Twitter loro foto da nudi: quasi nessuna foto sexy, molti cinesi frontali che si coprono con le mani le zone sensibili. Alcuni hanno messo le uniche foto senza veli che hanno, quelle da neonati. Qualcuno dice che sia proprio il governo cinese a sollecitare le fotine, per ridicolizzare l'artista. Il suo avvocato Li Tantian - nuda anche lei - smentisce: «à per mostrare la nostra rabbia contro il governo. Poter interpretare il proprio corpo nudo è un atto di libertà individuale». In effetti lo è, noi ce ne eravamo scordati, per tanti motivi.
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