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Alberto Alesina per il "Corriere della Sera"
A giudicare da come la gran parte dei media italiani sta coprendo la campagna elettorale americana, gli unici elettori di Romney sarebbero: il «famoso» ricchissimo uno per cento della popolazione, i razzisti che non vogliono un presidente di colore e i fanatici religiosi. Invece tutte le persone «normali» e oneste voterebbero Obama. Ergo, più o meno il 50 per cento degli americani (dati i sondaggi di sostanziale parità fra i due) sono ricchissimi, fanatici estremisti o razzisti.
Non è così. La stragrande maggioranza degli elettori di Romney fa parte della classe media moderata che vorrebbe ristabilire quell'eccezionalismo americano basato su tasse relativamente basse, su un governo leggero e su un welfare snello e meno distorsivo; una classe media e anche medio bassa che non crede nell'assistenzialismo ma nell'individuo che ce la deve fare da solo, nel privato il più possibile.
Oggi invece l'America di Obama spende il 42 per cento del proprio Prodotto interno lordo, un valore già oggi simile al livello della Spagna e, a politiche invariate, proiettato a salire fortemente nei prossimi anni, date le riforme di Obama. A torto o a ragione, una buona parte di americani non vuole seguire la strada europea che, come vediamo a nostre spese, non sempre ha avuto successo.
à questo su cui si giocano le elezioni: un'America diretta verso uno stato sociale onnipresente in stile europeo o un'America che ritorna al suo modello liberista. E non sono solo i ricchi che credono nel «modello americano» (tra l'altro non tutti i ricchi votano repubblicano: i «limousine democrats» ovvero i «democratici di lusso» esistono eccome, i Clinton sono inseriti benissimo nel mondo di Wall Street, tanto quanto Romney).
I sondaggi di opinione dicono che anche chi ricco non è (o almeno molti di essi) crede in un capitalismo liberista fondato su pari opportunità ma senza uno Stato onnipresente, regolatore, esigente e paternalistico. Gli si può dare torto o ragione, ma non sono pazzi estremisti come parrebbe da certa stampa europea.
Gli americani per Romney sono anche preoccupati dal Fiscal Cliff: ovvero il precipizio di bilancio per il quale, se entro certi termini il deficit e il debito americano non si fermano, entrerebbero in vigore automaticamente aumenti fiscali molto forti. Obama non sembra avere un piano credibile per fermare la spesa. Romney e Ryan hanno avuto il coraggio di parlare di come riformare (non eliminare) Medicare ovvero la copertura totale gratuita per tutti gli anziani senza distinzione di reddito.
Questo programma così com'è è una bomba a orologeria. à un regalo a una categoria di elettori molto importanti in certi Stati critici, ovvero gli anziani senza limiti di reddito, oltre che per l'industria farmaceutica. Obama tace e dice che aumenterà le tasse sull'uno per cento piu ricco. Ma non basterà tassare i ricchissimi: gli americani sanno bene che, nel caso di una rielezione di Obama, le tasse dovranno salire anche per le classi medie.
Non è neppure vero che Romney sia un estremista. Come governatore del Massachusetts è stato il primo a introdurre un sistema di assicurazione sanitaria universale. Il Massachusetts rimane uno degli Stati con copertura sociale più generosa degli Stai Uniti. Ha dichiarato di non voler rendere meno progressivo il sistema di aliquote fiscali sul reddito. Non è neppure un fanatico religioso.
Anzi il suo problema per vincere le primarie del suo partito è stato proprio quello di come non perdere la destra estrema religiosa che sa bene che Romney non è uno dei loro. Purtroppo queste frange di destra bigotta sono compagne di viaggio inevitabili per qualunque candidato repubblicano alla presidenza.
Ma non dimentichiamoci che anche Obama ha qualche «amicizia» religiosa scomoda: per esempio certe comunità come la chiesa che lo stesso Obama ha frequentato per due decenni, nella quale il predicatore di colore lanciava messaggi razzisti (contro i bianchi) e antisemiti, e chi è a favore dell'aborto anche al nono mese di gravidanza, senza alcuna restrizione.
Non va poi dimenticato che su molti aspetti religiosi-sociali è la Corte Suprema ad avere l'ultima parola, non il presidente. Insomma nelle elezioni americane si stanno confrontando due visioni rispettabili di società . Si può preferire l'una o l'altra ma smettiamola di descrivere queste elezioni come una guerra santa tra il «Bene» Obama e il «Male» Romney. Chi lo fa non capisce l'America.
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