S-MONTIAMOLI! - PRIMI SCHIAFFI IN AULA PER IL GOVERNO DI RIGOR MONTIS IN TEMA DI LIBIA, IMMIGRAZIONE E RIFUGIATI - IL PARLAMENTO SI È ROTTO DI ESSERE FUORI DALLA STANZA DEI BOTTONI, IL MOTORE DEL GOVERNO TECNICO PERDE COLPI E SPREAD, TASSE E LIBERALIZZAZIONI PREPARANO UN MALCONTENTO IDEALE PER TORNARE ALLE URNE - LA BURLA ALL’INESPERTO SOTTOSEGRETARIO ALL’INTERNO CARLO DE STEFANO, CHE HA DATO PARERE NEGATIVO AI TESTI POI VOTATI IN AULA...

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Elisa Calessi per "Libero"

Difficile dire se ha pesato di più la confusione, l'impreparazione del sottosegretario o la voglia di questa maggioranza strana di dare un colpo all'esecutivo. Fatto che sta che ieri sera, proprio alla fine della seduta alla Camera dei Deputati, per la prima volta il governo Monti è stato battuto. E su temi di politica estera. In occasione della visita di sabato a Tripoli del presidente del Consiglio, ieri, infatti, sono state messe in votazione alcune mozioni sulla Libia.

L'esecutivo è andato sotto prima su quella dell'Italia dei valori, che riguardava i rapporti con l'ex terra di Gheddafi in materia di immigrazione. Il governo aveva dato parere contrario, ma il testo dei dipietristi è passato con 236 sì, 215 no e 5 astenuti. Hanno votato a favore il Partito democratico, l'Italia dei valori e tutto il Terzo Polo. Ma non è finita. Pochi minuti dopo il governo è stato battuto per la seconda volta. L'assemblea di Montecitorio ha infatti approvato la mozione dei Radicali che riguardava sempre la Libia e l'immigrazione e su cui il governo aveva ugualmente espresso parere contrario.

Il testo è passato con 264 sì, 125 no e 162 astenuti. Non hanno votato la Lega e l'Udc, hanno votato a favore il Pd e l'Idv, mentre il Pdl si è astenuto. Sono poi state approvate le mozioni del Pd e dell'Udc, mentre è stata bocciata quella della Lega, che ha inscenato una protesta in Aula.

Chi ha votato a favore di entrambe le mozioni in questione, contro il parere del governo, è stato il Partito democratico. Nella mozione dipietrista si impegna il governo «ad assumere le necessarie iniziative sul piano politico-diplomatico volte ad assicurare la piena applicazione di quanto previsto dagli articoli 1 e 6 del trattato italo-libico del 2008 e a consentire che le operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina siano pienamente conformi alle norme di diritto internazionale», in particolare per quello che riguarda «i richiedenti asilo».

Si chiede, poi, di dire cosa si intende fare di «quanti sono dovuti scappare» in seguito alla guerra in Libia e si trovano accolti nelle varie regioni italiane con la status di «rifugiati».

Ancora: si impegna il governo «a migliorare sensibilmente le condizioni dei migranti sistemati nei centri di accoglienza», di quelli che si trovano «nei centri di identificazione ed espulsione e nei centri di accoglienza dei richiedenti asilo» e «ad attivarsi nelle sedi opportune e a livello bilaterale affinché, quanto prima, la nuova dirigenza libica si adoperi per ratificare la convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati». Infine si sollecita «a cooperare con gli altri Paesi dell'Unione europea per un governo europeo dei fenomeni migratori».

La mozione dei Radicali, invece, impegna il governo «a garantire protezione internazionale e diritto di asilo a chi è giunto dalla Libia, e a non riprendere le politiche di respingimento né nei confronti di chi proviene dalla Libia, né da chi arriva da altri Paesi».

La faccenda, insomma, riguarda le condizioni in cui si trovano i rifugiati e gli immigrati costretti a scappare dalla Libia. «Non c'è nulla di politico, semplicemente ha sbagliato il governo a dare parere negativo», si spiega nel Pd e nell'Udc, partiti che sostengono l'esecutivo, ma che, ieri, hanno votato in difformità al parere del governo (il Pd in entrambi i casi, l'Udc solo in uno).

In Aula c'era Carlo De Stefano, sottosegretario all'Interno. In molti, ieri sera, puntavano il dito contro di lui: non avrebbe letto con attenzione il testo delle mozioni, dando parere negativo a testi più che ragionevoli, nei quali erano affermati gli stessi concetti presenti nel testo del Pd.

C'è poi chi accusa l'assenza di collegamento tra il governo e il Parlamento o la poca pratica dei ministri e sottosegretari tecnici con i regolamenti e la prassi dell'Aula. Non c'è dubbio, però, che l'episodio è anche un segnale di insofferenza dei partiti che pure fanno parte della maggioranza nei confronti del governo. Confinati spesso in queste settimane al ruolo di spettatori, ieri hanno cercato di marcare la loro autonomia. Un segnale piccolo, per ora. Ma pericoloso se dovesse ripetersi.

 

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