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C.L. per “la Repubblica”
Un’ondata di messaggi privati e sui social, il rischio di una rivolta della base leghista, alla fine Matteo Salvini non ce la fa più e rompe gli indugi. Guido Bertolaso non può essere il candidato sindaco del Carroccio a Roma. E così, nel giro di poche ore, salta il pranzo-vertice che i tre leader avevano in programma a Palazzo Grazioli per ufficializzare le candidature nelle grandi città, ora che sembrava fatta.
Il centrodestra già frammentato in tre nella Capitale - con Alfio Marchini e Francesco Storace ormai in corsa - riprecipita nel Vietnam che sembra destinato a trascinarsi fino alle elezioni di giugno. Perché «con tre cuochi - ironizza Gianfranco Fini la maionese impazzisce».
Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni perdono le staffe, il capo di Forza Italia conferma comunque la scelta del suo uomo di un tempo alla Protezione civile di un tempo e che non si torna indietro («È il candidato di tutti»). Il sospetto che rilanciano dalle file dei Fratelli d’Italia è che Salvini adesso viri nuovamente su Marchini, ragion per cui rischiano di saltare le intese in tutte le altre città.
Questa mattina, quando in via Bellerio si riunirà la direzione delle liste “Noi con Salvini”, si parlerà anche dell’ipotesi di indire nella Capitale delle primarie, magari lo stesso 6 marzo della consultazione pd. Bisogna «sentire i romani» ripete in queste ore il leader. La sortita a sorpresa di ieri mattina in conferenza stampa di Salvini giunge all’indomani della riunione coi suoi parlamentari, nel corso della quale i romani, Barbara Saltamartini soprattutto, gli hanno elencato tutte le “gaffe” che in pochi giorni, a loro dire, aveva collezionato Bertolaso.
E in mattinata, puntuale, al Senato Salvini sbotta: «È un candidato proposto dagli alleati. A scatola chiusa non compro nulla, devo ascoltare prima i romani - è la risposta alla domanda sul candidato già scelto - Certo, per essere un candidato della Lega, se dice di appoggiare i rom, di aver lavorato con Rutelli e che voterebbe Pd, non parte benissimo». Giorgia Meloni si dice «allibita» e dà forfait al pranzo a Palazzo Grazioli.
Il suo capogruppo Fabio Rampelli rincara col sospetto del «grande biscotto con i poteri forti romani che promuovono altre candidature», ovvero Marchini. Berlusconi chiama su tutte le furie Salvini: «Inutile provare a far saltare Bertolaso, non si torna indietro» e lo ripete in una nota. Ma non è più il Berlusconi di qualche anno fa a parlare, quello che imponeva una scelta che nessuno avrebbe osato contraddire.
SILVIO BERLUSCONI E GUIDO BERTOLASO FOTO LAPRESSE
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