FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Marco Cremonesi per il "Corriere della Sera"
«Evviva, evviva, evviva!». Matteo Salvini lo scandisce tre volte nell'aula del Senato. Per confermare il «sì convinto» al governo Draghi con una nota sull'Ue: «Se garantisce salute e lavoro, viva l'Europa. Se impone disoccupazione e chiusure, e sbaglia a ordinare i vaccini, criticarla non è un diritto ma un dovere». Senza quella sottolineatura di Mario Draghi, quella puntura così ben indirizzata, per i leghisti la giornata sarebbe stata eccellente.
mario draghi stefano patuanelli
Non che tutti i punti dell'agenda impostata da Mario Draghi siano musica per le loro orecchie: l'orizzonte dell'europeismo, declinato fino alla prospettiva di un'Ue «che approderà a un bilancio pubblico comune», le cautele sulla Russia in cui «i diritti dei cittadini sono spesso violati», l'accento sulla progressività delle tasse che sembra collidere con la flat tax leghista, anche se Armando Siri dice che la tassa è sì piatta, ma progressiva. Ammissibile persino quella dichiarazione: «Non c'è sovranità nella solitudine».
Tutto questo, per i leghisti, ci stava. Il fastidio è nato per una sola parola del premier: «Irreversibilità» dell'euro. Parola non inaudita, ma a tante orecchie suonata come citazione letterale del Salvini del giorno prima: «Di irreversibile c'è soltanto la morte». Che l'indicazione diretta abbia stupito, lo prova non tanto il mancato applauso di Salvini, ma anche la reazione di un Giancarlo Giorgetti di eleganza mai vista: mentre il premier pronunciava la parola fatidica, il neo ministro allo Sviluppo economico ha stretto le mani sotto il mento in una manifestazione spontanea di sorpresa.
Per Giorgetti, oggi è il battesimo del fuoco: sotto al ministero, in via Veneto, ci sarà la manifestazione dei lavoratori Whirlpool. Ma è proprio sull'Europa che da Salvini è venuto l'hashtag della giornata, la parola chiave: «Draghi ha sempre ragione». E «il tema dell'euro non lo ritengo oggi d'attualità».
Quanto al discorso del premier, Salvini sceglie fior da fiore ciò che meglio ha apprezzato: «Più salute e meno tasse, più rimpatri e meno burocrazia, più cantieri e meno sprechi, responsabilità e rispetto nei confronti delle future generazioni. La Lega c'è». Anche sull'immigrazione, apertura di credito ampia: «Un governo con la Lega, presieduto da una persona seria come Draghi, non può continuare ad avere l'Italia come punto di approdo e di non ripartenza».
Musica vera, per i leghisti, le parole del premier sull'«equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva» e l'obiettivo di «una politica europea dei rimpatri». E così, intervenendo in Senato, Salvini suona la carica sulla Tav, sul ponte sullo Stretto e sull'apertura dei cantieri, e si dice «felice della scelta fatta». Qualche leghista tira il fiato. La preoccupazione era che il leader interpretasse il suo ruolo di segretario del partito maggiore in veste di «premier ombra».
Cosa che inevitabilmente complicherebbe il cammino del governo. Ma un deputato amico la vede così: «Uscite di scena le elezioni anticipate, Matteo ha capito meglio di tutti il valore per noi di questo governo». Più complicate sembrano le relazioni nel centrodestra. Giorgia Meloni ha proposto un intergruppo dell'alleanza simile a quello che sta nascendo tra Pd, M5S e Leu. Salvini è stato freddino: «Io ho proposto la federazione del centrodestra qualche settimana fa ricevendo dei no. Se si stanno trasformando, vedremo. Ci presenteremo compatti alle amministrative».
Mentre Silvio Berlusconi, parlando di «maturazione» della Lega, ha detto di non credere che «Salvini intenda aderire al Partito popolare europeo. Se lo volesse gli darei volentieri una mano». Il leader leghista ieri ha incontrato il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, ma per questa settimana gli incontri si chiudono qui: nel pomeriggio andrà a Catania per il processo sui fatti della nave Gregoretti, a cui dovrebbero essere presenti anche i ministri Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio.
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