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“SALVINI TORNI AL VIMINALE E LE REGIONI DEL NORD RESTINO A NOI” – LA DOPPIA SFIDA DELLA LEGA IN MUSK-ERA A GIORGIA MELONI – AL CONGRESSO DI FIRENZE I VERTICI DEL CARROCCIO, GALVANIZZATI DALL’OSPITATA VIDEO DEL MILIARDARIO KETAMINICO, CHIEDONO IL RIMPASTO ALLA DUCETTA PER CONSENTIRE A SALVINI DI TORNARE A FARE IL MINISTRO DELL’INTERNO – ZAIA: “NON SIAMO FEDELI AL GOVERNO, QUELLI SONO I CANI…” – SORGI: “IL GIOCO D'EQUILIBRIO DELLA PREMIER PER TENERSI AGGANCIATA ALL'EUROPA E A TRUMP NON REGGE PIÙ DAVANTI A UNA LEGA ASSOLUTAMENTE SVINCOLATA DALLA LINEA DEL GOVERNO. SI VEDRÀ SE MELONI È IN GRADO DI SOPPORTARE ANCORA LE POSIZIONI DEL SUO VICEPREMIER LEGHISTA O…” - DAGOREPORT

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Estratto dell’articolo di Marcello Sorgi per la Stampa

 

matteo salvini elon musk congresso lega

(...) Il gioco d'equilibrio della premier per tenersi agganciata all'Europa e a Trump, per superare uno dei momenti più difficili per l'Italia e la sua collocazione internazionale, non regge più davanti a una Lega assolutamente svincolata dalla linea del governo e decisa a farsi trovare pronta per la prossima visita in Italia del vicepresidente americano JD Vance nei panni dell'unico vero partito trumpiano: un atteggiamento che, se anche volesse, Meloni non può condividere per il ruolo che ricopre di rappresentante di un Paese membro dell'Unione.

 

Si vedrà se è in grado di sopportare ancora le posizioni del suo vicepresidente, considerandole una sorta di libera uscita congressuale, se pensa di metterci un argine e quale, o se, com'è accaduto altre volte è destinata a scivolare progressivamente su atteggiamenti simili pur di non lasciare spazio a una lucrosa caccia al voto sul terreno pacifista dell'alleato-avversario. Tra l'altro non va dimenticato che al congresso i capigruppo al Senato e alla Camera Romeo e Molinari, hanno depositato la richiesta di un rimpasto per consentire a Salvini di tornare al Viminale.

 

 

matteo salvini congresso lega

LE RICHIESTE DELLA LEGA

Matteo Pucciarelli per repubblica.it - Estratti

 

Formalmente non è una richiesta di rimpasto, anche se di fatto lo sarebbe; di sicuro per Giorgia Meloni è un altro pesante ingombro rimesso con forza sul tavolo del governo.

 

Il primo giorno di congresso della Lega consegna al centrodestra una richiesta accolta con un’ovazione dalla platea: il ritorno di Matteo Salvini al ministero dell’Interno. Il messaggio coordinato e condiviso viene lanciato dal palco dai capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, poi ci tornano sopra due vicesegretari del partito, Andrea Crippa e Claudio Durigon.

 

«Da questo congresso deve uscire la richiesta di un lavoro straordinario sulla sicurezza che soltanto Matteo Salvini tornando al Viminale potrà fare», le parole di Molinari. Si alzano in piedi tutti, ministri e presidente della Camera Lorenzo Fontana inclusi, solo Salvini resta seduto immobile al suo posto, giusto per non aggiungerci altro carico. Che sogni di tornare lì lo sanno anche i muri, né Salvini si è mai tirato indietro nel ribadirlo. 

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(...)

«Matteo, sono convinto che tu debba tornare al Viminale, perché c’è stata una vera ingiustizia. Ci devi andare. Noi siamo pronti a sostenere questa ipotesi e cercheremo di farlo capire ai nostri alleati», specifica ancora meglio Durigon, il quale va verso la riconferma alla vicesegreteria con la pesante delega dell’organizzazione.

 

A tutte queste accorate suppliche verso il segretario federale mancherebbe un pensiero di riguardo verso Matteo Piantedosi, cioè l’attuale ministro degli Interni, già capo di gabinetto di Salvini quando ministro (in versione sceriffo) era lui, un tecnico indicato in quel ruolo proprio dal Carroccio due anni e mezzo fa. Pedina oggi considerata ampiamente sacrificabile per i leghisti (solo Massimiliano Fedriga, il presidente del Friuli Venezia Giulia, concede l’onore delle armi: «Mi sento di ringraziare Piantedosi», dice).

 

luca zaia congresso lega

Piantedosi alla Fortezza da Basso non c’è, non avendo tessera non era stato formalmente invitato, «certo se avesse voluto venire non sarebbe stato mandato via», dicono dietro le quinte. Considerazione un po’ beffarda: lo scorso 21 marzo a Napoli, ad un evento preparativo in vista del congresso, Piantedosi c’era eccome, inserito nel programma assieme a esponenti di partito. Comunque sia, la sua partecipazione al congresso non è mai stata in agenda, è quel che trapela dal ministero. Piantedosi non commenta ma la sua posizione resta quella espressa su Repubblica un mese fa («ricopro il ruolo di ministro dell’Interno per spirito di servizio e non per ambizione personale. Con questa libertà di pensiero dico che Salvini non solo è stato in passato ma sarebbe anche in futuro un ottimo ministro dell’Interno»).

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Che attorno al suo ruolo i leghisti ci si aggirino come i piranha, anche con metodi non convenzionali, è chiaro da tempo: ad esempio i sondaggi online sul suo gradimento — con annessa bocciatura — promossi da Andrea Stroppa, l’uomo di Elon Musk in Italia. Anche per queste ragioni da tempo Piantedosi si è avvicinato, sempre da tecnico, a FdI.

 

 

Di materiale per aumentare la pressione leghista sull’esecutivo ce n’è parecchio. Come quando Luca Zaia spiega «non siamo fedeli al governo, quelli sono i cani, siamo leali. Però l’autonomia o la facciamo per scelta oppure la dovremo fare per necessità».

 

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(...) Romeo rivendica candidature leghiste nelle regioni del Carroccio, vedi il Veneto. Fedriga invece tocca la questione del terzo mandato: che arrivi un via libera superando il tetto a due «è una questione di democrazia». 

 

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MATTEO salvini - GIORGIA meloni ARTICOLO DI POLITICO SULLE DIFFICOLTA DI GIORGIA MELONI CON SALVINI E TAJANI