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matteo salvini e il bis di mattarella meme
1 - SALVINI TRA ACCUSE E OVAZIONI DALLA SFIDUCIA DEGLI ALLEATI ALLA VITTORIA SUI «DRAGHISTI»
Paolo Bracalini per “il Giornale”
«Dai nostri arrivano messaggi di fuoco. I più educati ci rinfacciano di aver messo ancora una volta al quirinale uno del Pd, dopo aver promesso il contra-rio. Di aver perso una settimana senza portare poi a casa niente. Per non dire degli insulti...» racconta un deputato leghista (sotto rigoroso anonimato).
Il flop di Salvini nel ruolo di king maker del centrodestra, con la serie di candi-dati bruciati e il ripiegamento finale su Mattarella, provoca nuove crepe nel Carroccio (e critiche dagli alleati Berlusconi, Meloni e dal vecchio Bos-si). Giorgetti, il punto di riferimento dell'area governista del partito, quella che ha provato a convincere Salvini a intestarsi l'operazione Draghi al Colle, è nuovamente in fibrillazione.
SERGIO MATTARELLA MATTEO SALVINI MEME
Per qualche ora ieri si è parlato delle sue imminenti dimissioni da ministro, non smentite dal diretto interessato ma anzi alimentate da una frase sibillina («Io via? È una ipotesi, magari c'è da migliorare la squadra. Qualcuno resta al Colle, io torno a casa...»).
matteo salvini e giancarlo giorgetti 7
Poi Giorgetti ha chiarito che il cambiamento a cui faceva riferimento non è un rimpasto di governo, ma una «taratura» e un nuovo «codice di comportamento tra gli alleati della maggioranza». In settimana lui e Salvini hanno chiesto un incontro con Draghi, l'obiettivo è ottenere che il governo «faccia più squadra».
matteo salvini e il bis di mattarella meme
La Lega teme che il tutti contro tutti andato in scena sul Quirinale si sposti sul governo, paralizzandolo. Di fronte c'è l'ultimo anno di legislatura e in prospettiva una campagna elettorale, con Salvini che soffre la concorrenza interna della Meloni all'opposizione. Il ministro, come pure i governatori Zaia e Fedriga, sono stati tenuti ai margini della trattativa da Salvini che si è mosso per conto suo, confidandosi con i pochi della sua cerchia ristretta. L'esito è considerato un fallimento.
«Mattarella poteva andare anche bene, ma non così, non al settimo giorno, diventa difficile spiegarlo poi ai nostri elettori» raccontano nella Lega. Salvini ai parlamentari leghisti (che comunque lo hanno accolto con una ovazione, riconoscendogli il coraggio di aver messo la faccia in una partita difficile) ha detto che, arrivati in un vicolo cieco, tanto valeva intestarsi Mattarella (cui dopo l'elezione ha fatto una «telefonata di gratitudine»).
MATTARELLA BIS - LA PRIMA PAGINA DEL MANIFESTO
Il leader non risparmia accuse a Forza Italia per i voti mancati alla Casellati e per la decisione degli azzurri di trattare da soli («Così mi hanno delegittimato»). Aveva provato con la Belloni («Me l'hanno proposta Letta e Conte, ma poi Letta ha cambiato idea» racconta), prima ancora aveva tentato la carta Casini, trovando però resistenze nel partito (e negli alleati, la Meloni).
Ma c'è un altro fronte interno che Salvini ha dovuto tenere sotto controllo, e che alla fine lo ha fatto virare su Mattarella. E cioè il pressing telefonico del premier Draghi su Giorgetti e i governatori leghisti. Lo racconta il leghista Rixi: «L'unica cosa per cui avrei preferito Casini era la sua posizione sulla giustizia. Ma con il premier che faceva incursioni da noi non potevamo reggere.
Il centrodestra? In realtà solo Berlusconi poteva guidarlo con il suo potere economico. Non so se non valga la pena a questo punto fare una riflessione sul proporzionale». Sull'ipotesi rimpasto Salvini non chiude: «Non lo so, ne parleremo con Draghi. Meglio che al governo ci sia una squadra compatta, se qualcuno non ha voglia di lavorare o ha voglia di distruggere bisogna essere coscienti e coerenti». Non è un mistero che la Lega chieda la testa della Lamorgese. Ma se Salvini non ci era riuscito prima, difficile lo ottenga ora, indebolito dalla vicenda Quirinale.
GIANCARLO GIORGETTI E MARIO DRAGHI
2 - LA LEGA GIÀ IN PRESSING SULL'ESECUTIVO I MALUMORI DI GIORGETTI CHE EVOCA L'ADDIO
Marco Cremonesi per “La Stampa”
Malessere o strategia comunicativa, il caso Giorgetti deflagra con un'agenzia. Un'Agi delle 12.40 in cui si chiede al ministro dello Sviluppo economico di possibili cambi al governo. E lui, vicesegretario della Lega, non dice no: «È un'ipotesi, magari c'è da migliorare la squadra...». Per poi tagliar corto: «Per alcuni questa giornata porta al Quirinale, per me porta a casa».
E in effetti, appena votato, Giorgetti si allontana precipitosamente dalla Camera senza dichiarazioni. Ce n'è molto più che abbastanza per drizzare le antenne. I leghisti scuotono la testa e tutti quanti minimizzano con una qualche variazione sul seguente canovaccio: «È una cosa da Giorgetti, una botta di malumore che gli fa venire voglia di mollare tutto. Non è certo la prima volta, succedeva già negli anni Novanta quando era segretario della Lega lombarda...».
Certo, c'è anche un'altra versione meno legata agli umori. C'è chi ricorda che la vicinanza tra il ministro e Mario Draghi è assai più antica dell'attuale governo: «È stato Giorgetti a convincere Salvini a dire di sì al governo Draghi. Ma l'intesa fondante era che, appunto, Draghi dopo un anno a Palazzo Chigi andasse al Colle» e qualcuno si spinge oltre: «Giorgetti avrebbe potuto in quel caso essere credibile come premier».
Combinazione, da giorni soffia forte anche un'altra voce: Giorgetti potrebbe essere il candidato presidente della Regione Lombardia nel 2023. Anche se da ieri il tema dibattuto nelle conversazioni tra i parlamentari era tutt' altro: la tenuta del centrodestra come lo si è visto fino a questo momento.
giuseppe conte matteo salvini meme
Mastica amaro un deputato: «Bisognerà vedere se in Lombardia effettivamente vinceremo anche l'anno prossimo Sempre che Salvini e Meloni riprendano a rivolgersi la parola». Alcune ore più tardi, da Giorgetti arriva la nota che dovrebbe chiudere il caso: «Sono felice che Mattarella abbia accettato con senso di responsabilità l'intenzione del Parlamento di indicarlo alla presidenza della Repubblica».
giancarlo giorgetti maria elena boschi
E le dimissioni? «Per affrontare questa nuova fase serve una messa a punto: il governo con la sua maggioranza adotti un nuovo tipo di metodo di lavoro che ci permetta di affrontare in maniera costruttiva i tanti dossier, anche divisivi, per non trasformare quest' anno in una lunghissima, dannosa campagna elettorale che non serve al Paese».
MATTEO SALVINI E IL PAPEETE SUL QUIRINALE - BY ELLEKAPPA
Insomma: «Serve una nuova fase di governo per affrontare quest' anno». A ben vedere, le dimissioni non sono affatto smentite. La nota si conclude con la richiesta di un incontro comune a Mario Draghi che, secondo Salvini, potrebbe avvenire già domani. Perché comune? «Perché in caso contrario - spiegano dalla Lega - si alimenterebbe la narrazione di voi giornalisti sugli antagonismi tra Salvini e Giorgetti».
In effetti, i due si incontrano subito dopo il summit di Salvini con i grandi elettori leghisti. Un lungo confronto in cui Giorgetti dice al segretario come la vede lui. Qualcosa del genere: «Possiamo restare al governo o uscire. Ma restare come stiamo facendo oggi, perennemente tenuti in ostaggio ed esposti ai continui attacchi di Pd e M5S, non può essere». Si potrebbe anche fare, prosegue Giorgetti, «ma ci vorrebbe lo scudo di Draghi: non possiamo continuare a farci mettere al collo crisi nate anni fa». Insomma: «Senza scudo, la strada diventa impervia».
MATTEO SALVINI FA FINTA DI LAVORARE
Attenzione. Secondo Giorgetti tutto nasce non da un atteggiamento men che disponibile di Draghi nei suoi confronti. Semmai, spiega un amico del vicesegretario leghista, «è come quando un tuo amico, un tuo amico vero, non ti difende pensando che comunque non si rovinerà l'amicizia».
LUIGI DI MAIO GIANCARLO GIORGETTI
La versione degli attacchi degli alleati sarà più tardi ribadita da Matteo Salvini su La7: «Se uno lavora tutto il giorno per risolvere una crisi e alla notte ci sono Pd e 5 Stelle che disfano tutto, così non può continuare». E quando, a Porta a porta, gli chiedono se sia necessario un rimpasto, chiosa: «Qualcuno sta rendendo al massimo, qualcuno non direi». Da Palazzo Chigi, nessuna reazione. Anche se in piazza Colonna c'è chi ritiene che la vicenda Giorgetti sia stato un «tentativo di spostare l'attenzione mediatica altrove rispetto all'elezione del capo dello Stato».
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