SCAJOLA ALLA SBARRA! (OVVIAMENTE A SUA INSAPUTA): “NON SO PERCHE’ ANEMONE PAGO’ LA DIFFERENZA”

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Maria Elena Vincenzi per "La Repubblica"

Si è seduto al banco degli imputati, si è schiarito la voce e ha detto di non aver mai usato le parole «a mia insaputa» per la vicenda della sua casa con vista Colosseo. È iniziata così la testimonianza di Claudio Scajola nel processo per finanziamento illecito che lo vede imputato insieme ad Anemone, costruttore che quella casa gli aveva pagato. Non ha detto «a mia insaputa» e lo ha ripetuto più volte.

Eppure non sa bene quanto è grande, non sa bene quanto è costata, non sa bene quale era la quotazione. Nemmeno ora che cerca di venderla ma non la vuole nessuno. È stato proprio l'ex ministro a chiedere di poter essere interrogato. E per due ore ha raccontato la sua verità sull'immobile romano di via del Fagutale che, secondo i pm di Roma, è frutto di un finanziamento illecito.

Tutto è iniziato durante una cena a casa di Angelo Balducci nel 2003. «C'erano due cardinali. Balducci era noto per essere persona molto vicina al Vaticano. Lo conobbi nel 2000 quando Rutelli lo nominò commissario per il Giubileo. Gli dissi che cercavo casa e lui mi disse "vedo se c'è qualcosa" ». Le ricerche del presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici andarono a buon fine.

Nel maggio 2004 Balducci propose al ministro due immobili: uno in via del Corso («fuori budget») e uno in via del Fagutale. «Non era un attico ma un mezzanino di nove vani». Era perfetto. «Non ho mai parlato del prezzo con le sorelle Papa. Balducci mi disse che l'immobile era opzionato da Anemone che era disponibile a cederlo per circa 700 mila euro, il budget massimo che mi ero dato». Affare fatto. «Anemone mi disse che la casa necessitava di pochissimi lavori che poteva fare lui.

Concordammo il prezzo. Il rogito avvenne il 7 luglio del 2004 in una sala riunioni del ministero, in via della Mercede. Entrai un momento, salutai i presenti (le sorelle Papa, il direttore della Banca di Napoli di Montecitorio con cui avevo il mutuo, il notaio e altri) e me ne andai. Tornai alla lettura dell'atto, firmai e consegnai i miei assegni. Le proprietarie mi diedero le chiavi. Mi pare di aver fatto anche un assegno da 66.600 euro al notaio Napoleoni. Non ho visto Zampolini (Angelo, architetto e collaboratore di Anemone, ndr) consegnare altri assegni».

Ma secondo i pubblici ministeri Ilaria Calò e Roberto Felici quegli assegni ci sono stati: il costruttore aggiunse 1 milione e 100mila euro. «I lavori iniziarono poco dopo - ha continuato Scajola - Mi trasferii il 23 marzo 2005, ne ho contezza perché avevo la scorta e comunicai che avevo cambiato indirizzo».

L'ex ministro, a quel punto, ha consegnato la nota inviata al Dipartimento di Pubblica Sicurezza: quella del trasloco è una partita importante perché potrebbe accelerare la prescrizione (i tempi sono di 7 anni e mezzo e se venisse calcolato dal 2005, il reato sarebbe estinto).

«Pagai i lavori per lo più in contanti, in tranches da 2-3mila euro che consegnavo a Graziani (geometra allora capo dei servizi tecnici di Forza Italia, ndr) che li girava ad Anemone. Spesi 60-70 mila euro tra operai e materiali». Recentemente ne ha spesi altri: «Qualche tempo fa ho scoperto che c'erano due condoni mai conclusi e che la casa non aveva l'abitabilità. Ho dovuto provvedere a regolarizzare».

Scajola non si è scomposto quando il pm ha chiesto del prezzo. «Non pensai che i 700 mila euro fossero al di sotto dei prezzi di mercato. All'epoca feci una verifica nel sito dell'Agenzia degli agenti immobiliari italiani. Pensavo fossero 180 metri quadrati (poi, sui giornali uscì che erano 200) e la valutazione non si allontanava molto dalla richiesta: 4.000-4.500 euro al metro quadrato.

Ho saputo dalla stampa che la valutazione era di circa 1,7 milioni». A quel punto, il mea culpa per uno scandalo che lui ha descritto come un raggiro e che gli «è costato le dimissioni»: «Non avevo mai acquistato un appartamento, avrei dovuto metterci più attenzione. Ma mi sentii in una botte di ferro, Balducci era una persona che aveva grande prestigio».

Quando il magistrato gli ha chiesto perché Anemone gli avrebbe pagato la differenza, l'ex ministro ha allargato le braccia: «Me lo chiedo dal 23 aprile 2010, quando la prima informativa della finanza finì sui giornali. Posso dire che se avessi saputo dell'ulteriore pagamento probabilmente non saremmo qua. Se davvero fossi stato un farabutto non avrei fatto pagare la differenza con assegni che sono uno strumento tracciabile. Forse c'era la ricerca di benevolenza nei miei confronti, ma non voglio fare esercizi di fantasia».

Una benevolenza da un milione e 100 mila euro che Scajola ancora non ha restituito: «Anemone non l'ho più incontrato, attendo la chiusura del processo». Intanto, però, sta cercano di vendere la casa in cui non vive più. Al giudice non ha specificato a quanto, ha detto solo di non riuscirci: «Appena gli acquirenti capiscono che si tratta di quell'appartamento, spariscono».

 

CLAUDIO SCAJOLA Claudio Scajola Claudio Scajola e Paola Severino CLAUDIO SCAJOLA CON MASSIMO NICOLUCCIScajola casa colosseoCasa Scajola al colosseoAngelo Balducci e Diego Anemone LORENZO BALDUCCI jpeg