DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
1. NON C’ERO E SE C’ERO DORMIVO
Paolo Griseri per la Repubblica
LA frase del giorno è del consigliere comunale Cataldo Curatella, M5s, che nella Sala Rossa, di fronte al quadro di Carlo Alberto, declama: «Il panico, purtroppo, è una bestia ingestibile». Vero. In tanti sensi. Dopo lo scandalo di piazza san Carlo, Chiara Appendino è sotto assedio. Ha paura. Teme di compiere il passo sbagliato.
Torino a un anno esatto dalla sua trionfale vittoria elettorale, assaggia per la prima volta la difficoltà di governare con il vento contrario. I siti fanno rimbalzare in tutto il mondo le immagini del centro devastato di Torino, della folla che ondeggia e si schiaccia come i pellegrini alla Mecca. Ore concitate per la sindaca. Con i suoi che le suggeriscono di giocare d' anticipo e lei che esita. Poi, a fine giornata, la conferma che lascerà ad un suo assessore la delega alla sicurezza: «Scelta già annunciata un mese fa», fanno osservare a Palazzo Civico. Vero. Ma inevitabilmente accelerata dai 1.527 feriti di sabato notte.
Chi la conosce bene racconta che Chiara è preoccupata e arrabbiata. Ieri mattina, dopo aver partecipato alla festa dei Carabinieri, è tornata negli ospedali a incontrare i parenti dei tre feriti più gravi. «Si informa continuamente durante la giornata», dicono alle Molinette. Poi, in Municipio, a limare, insieme al capo di gabinetto Paolo Giordana, vera eminenza grigia della sua amministrazione, il testo di un discorso difficile. Entra nell' aula del Consiglio a seduta già iniziata. Indossa una maglia nera sotto una giacca bianca, i colori della notte maledetta di sabato.
È preoccupata, tesa. Tiene il capo chino sui fogli del discorso, guarda raramente negli occhi i consiglieri seduti di fronte a lei. All' esterno, di fronte agli schermi della sala dei marmi, è arrivata l' onorevole Laura Castelli, la donna forte di Grillo in città. Il momento è difficile. Nel discorso Appendino cita la relazione del comandante dei vigili e si difende. Dice che «le misure prese hanno seguito una prassi di atti amministrativi ormai consolidata» e aggiunge che in precedenza in casi analoghi «non sono state adottate limitazioni alla vendita di alimenti o bevande o in vetro o lattine».
Semmai andava impedita la vendita abusiva delle birre. Ma le pattuglie dei vigili urbani «erano impegnate nel perimetro esterno» mentre «per i controlli di sicurezza» erano impiegate «le forze di Polizia». Dunque, suggerisce il ragionamento della sindaca, il mancato controllo della piazza è responsabilità del Questore. Il discorso si conclude con la promessa di «ulteriori azioni di prevenzione e repressione » dei venditori abusivi per i prossimi eventi. E con il suggerimento che in futuro «le società sportive» possano usare per questi eventi «gli impianti di loro proprietà», cioè lo stadio.
Nulla nel discorso di Appendino fa riferimento ad una possibile assunzione di responsabilità dell' amministrazione. E questa, in fondo, è la pecca più grande. Le opposizioni si scatenano, come era prevedibile. Ma il momento più teso è quando prende la parola Piero Fassino, l' ex sindaco oggi sui banchi del Pd: «Signora sindaca lei può imputare alla mia amministrazione tante colpe. Ma un sindaco deve sapersi assumere le responsabilità. La differenza tra gli eventi organizzati da noi e quello organizzato da voi sono i 1.527 feriti di ieri notte». Appendino non replica. Si limita a garantire che informerà il consiglio «sui prossimi sviluppi». Fassino esce dall' aula. Ripiega gli occhiali infilandoli nel taschino della giacca e commenta: «Imbarazzante».
I prossimi giorni saranno quelli più difficili. Appendino accelererà il passaggio delle deleghe alla sicurezza all' assessore allo sport, Roberto Finardi. «Accadrà nelle prossime settimane, era già deciso», dicono i suoi. Ma la vicenda di piazza san Carlo è un campanello d' allarme. Non solo per l' immagine della prima cittadina ma per la tenuta organizzativa della macchina comunale. A un anno dal cambio della guardia quello che sembrava un sistema rodato, quasi indifferente al mutare del vento politico, si è inceppato. E soprattutto i collaboratori della sindaca non sembrano in grado di farlo funzionare.
Per questo Chiara è spaventata. Domenica pomeriggio i suoi le consigliavano di giocare all' attacco, di convocare una conferenza stampa, di dire che sì, erano stati compiuti degli errori ma che c' era lo spazio per ripartire. Lei ha esitato. La conferenza è stata sostituita da un devastante comunicato stampa in cui la responsabilità dell' accaduto veniva imputata all' ente turistico comunale. Una figuraccia.
Al punto che ieri il vescovo di Torino, Cesare Nosiglia, non certo un teologo della Liberazione, ha messo in guarda «i politici dal gioco dello scaricabarile di fronte a quel che è accaduto». Mai come in questo giugno 2017 Chiara Appendino è sola. E ormai anche l' aiuto istituzionale che le viene dal democratico Sergio Chiamparino, sta creando fibrillazioni a sinistra. Al punto che lei confessa agli amici: «Non capisco. Collaborando con Chiamparino avevo paura che protestassero i 5Stelle. Invece si rivolta il Pd».
Aria di tempesta. In vista di un autunno difficilissimo. Se è vero che, non solo tra i consiglieri di opposizione, si prevede il rischio del dissesto finanziario dei conti comunali.
2. SGUARDI GELIDI CON FASSINO
Marco Imarisio per il Corriere della Sera
Lo sguardo dice tutto. Quando incassa l' ultimo affondo di Piero Fassino, il suo predecessore e ieri per una volta anche la sua nemesi, Chiara Appendino solleva gli occhi dal suo scranno e li punta verso di lui. Dentro c' è gelo, e anche parecchia rabbia. La sindaca odia questa situazione, considera doveroso ma ingiusto per lei questo consiglio comunale che si è trasformato in evento nazionale e quindi in supplizio per un' indole riservata e in fondo timida come la sua, con giornalisti a prendere appunti, a scrutarla come se fosse un animale in gabbia.
Ma tant' è. Questo non può essere il giorno dei buoni, la politica prevede tregue di breve durata e rese dei conti lunghissime. Anche l' impolitica Appendino non può sfuggire a questo canone, la concordia e il rispetto istituzionale arrivano fino a un certo punto. Poi bisogna chiamare le cose con il loro nome. La sindaca lo fa con un' informativa sui fatti di piazza San Carlo che per la prima volta, seppur con il consueto contegno sabaudo, sembra circoscrivere il campo delle responsabilità, tirando in ballo in maniera non troppo velata l' operato della Questura.
In due circostanze. La prima arriva per interposta persona, citando la relazione del comandante della Polizia municipale, dipendente dell' amministrazione comunale, che in un profluvio di numeri e interventi, compresi quelli sull' identificazione di 34 venditori abusivi di bevande alcoliche, non manca di ricordare come l' intervento dei suoi agenti riguardasse quel che accadeva fuori del perimetro di piazza San Carlo. Dentro, la competenza era di altri. La seconda è un' allusione ancora più diretta ed esplicita, farina del suo sacco, mischiata all' appello di circostanza, che fa il paio con quanto appena letto.
«Non possiamo cedere alla paura, non possiamo farci vincere da questo nervosismo diffuso grazie al terrore che ha visto tanti luoghi teatro di fatti tragici. Ma tutto questo si deve coniugare con azioni che, seppur auspicate, non sono al momento state attuate». Il riferimento è alla «cospicua» presenza di venditori abusivi di bevande anche all' interno dell' area delimitata, «nonostante i controlli e le sanzioni elevate». Chi ha orecchie avrà inteso. E ormai è andata, c' è tempo per capire la suddivisione delle quote di responsabilità che sembrano invece piuttosto condivise, un errore di sistema.
Ma questi in fondo sono dettagli. Il folto pubblico in Sala Rossa, e quando mai si era visto un assembramento del genere di telecamere e taccuini, è qui per assistere a un duello ad armi impari, come sempre accade quando un contendente è prigioniero dello scranno e del suo ruolo. Stefano Lo Russo, il professore universitario capogruppo pd, da sempre fautore di una linea senza compromessi con l' usurpatrice. «Oggettive lacune amministrative, errori che neppure un bambino avrebbe fatto, assenza di controlli, stato confusionale, totale annebbiamento che aleggia su Palazzo civico». Non chiede le dimissioni, al contrario del resto dell' opposizione, perché si sa, quelli del Pd sono dei gran signori. Poi si alza Piero Fassino, armato di un raro sorriso che cela canini resi ancora più aguzzi dall' attesa durata quasi un anno.
Il catalogo è simile a quello già esibito da chi l' ha preceduto al microfono, al quale si aggiunge «l' infelice uscita» sul parallelo fatto dai collaboratori della sindaca con la sera del 6 giugno 2015, maxischermo in piazza San Carlo per Juve-Barcellona. «È grave non cogliere le differenze tra il 2015 e oggi. Si abitui, signora sindaca, ad assumersi le proprie responsabilità. Ogni volta che c' è un problema lei invece scarica la colpa sugli altri, quasi sempre su di me».
La replica dura appena 55 secondi. In pratica, non c' è. Appendino rimane a testa bassa, assorta nei suoi pensieri. L' incontro con i feriti, la preoccupazione per le loro sorti, l' hanno provata sul piano umano. L' hanno resa più vulnerabile.
Se gli sguardi potessero uccidere, questo sarebbe un accorato articolo in memoria di Piero Fassino. Che invece gongola nel corridoio come non gli capitava dalla sconfitta di giugno. La vita è fatta a scale, dice, dopo aver definito «imbarazzante» l' intervento della sua rivale. I collaboratori della sindaca interpretano il suo pensiero parlando di «meschinità e rancori personali». Quando c' è l' amore, c' è tutto.
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