DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Carlo Panella per “Libero Quotidiano”
Uno schiaffo a Barack Obama e una imminente crisi disastrosa col principale alleato arabo: il Congresso Usa ha deciso di chiudere in maniera inedita, con una umiliazione che apre una burrasca internazionale epocale, gli otto anni del presidente. Il tutto, sulla ferita aperta, apertissima, delle 2.999 vittime (e i 24 dispersi) degli attentati dell' 11 settembre 2001.
Il 9 settembre, infatti il Congresso Usa ha promulgato una legge (Justice Against Sponsors of Terrorism Act), che permette ai familiari delle vittime delle Twin Towers, del volo United 93 e del Pentagono, di citare in giudizio i funzionari del governo di Riad (15 dei 19 attentatori erano sauditi) che potrebbero avere avuto un ruolo negli attentati. Il 23 settembre Obama ha posto il suo veto alla legge, sostenendo, tra l' altro, che queste azioni giudiziarie avrebbero potuto provocare una reazione speculare, spingendo i sauditi a processare funzionari americani e che avrebbero violato segreti attinenti la sicurezza Usa.
Ma mercoledì, per la prima volta durante i mandati di Obama, il Congresso è riuscito non solo a superare, ma addirittura a surclassare il veto presidenziale (348 voti contro il veto contro 77 alla Camera e 97 voti contro il veto, contro uno solo a favore al Senato). La legge è quindi operativa. È dunque evidente la volontà di infliggere un' umiliazione bruciante a Obama, nonostante le conseguenze gravissime di queste inchieste.
RITORSIONI ARABE
L' Arabia Saudita, che ha veementemente protestato contro la legge, controlla infatti asset dell' economia statunitense per l' abnorme somma di 4mila miliardi di dollari e ha quindi armi abbondanti per rispondere con disastrose ritorsioni. Ma la tempesta saudita che si può abbattere sull' economia americana è poca cosa rispetto alle conseguenze politiche di una così aspra crisi tra Washington e Riad.
osama bin laden ucciso in un radi dei navy seal
Il punto dolente di questa vicenda è infatti che è certo che vi siano responsabilità dirette nella vicenda di Al Qaeda, non solo a livello di funzionari sauditi, ma addirittura di massimi esponenti della corte di Riad.
Si pensi solo che fu il principe Turki bin Feisal (figlio di re Feisal, ucciso nel 1975), dirigente del Mukhtabarat, il servizio segreto di Riad, a favorire negli anni '80 l' attività di Osama Bin Laden e addirittura a «inventare» i Talebani in Afghanistan in funzione antisovietica e poi, negli anni '90, per fare di Kabul un protettorato saudita-pakistano. In seguito, Turki (che è stato ambasciatore a Washington), ha tentato di catturare il suo ex protetto. Ma il disastro era ormai irrecuperabile.
Non basta: sono agli atti i finanziamenti di charity saudite (non controllate dal governo, va detto) sia ad Al Qaeda, che direttamente agli attentatori dell' 11 settembre. La ragione di queste dinamiche è semplice: settori consistenti della strabordante corte saudita (ben 30mila principi), hanno usato di Al Qaeda, sia per ragioni ideologiche -la comune fede wahabita-salafita- che per mere ragioni dinastiche.
La asperrima lotta per la successione al trono in un Paese in cui il re ha poteri autocratici illimitati, ma che non ha definito regole per la rotazione dinastica, è passata, e passa tuttora, anche per un cinico «gioco di sponda» con i jihadisti.
BUSH E ABDULLAH MANO NELLA MANO
Basta vedere l' appoggio aperto che settori della corte di Riad -e del potente e ricchissimo corpo degli Sheikh, i successori di Mohammed Al Wahab, che controllano l' islam saudita- hanno dato e danno in Siria sia ad Al Qaeda che all' Isis che a altri gruppi jihadisti.
Non sarà dunque difficile per gli avvocati dei familiari delle vittime dell' 11 settembre ottenere verdetti clamorosi di colpevolezza nei confronti di altissime personalità saudite. Con conseguenze geopolitiche inimmaginabili.
AMICI IMBARAZZANTI
Infine, ma non per ultimo, tutti ricordiamo la incredibile foto di George W. Bush e re Abdullah che passeggiano letteralmente mano nella mano nel ranch texano del presidente. Un' intimità che ha una storia: negli anni '40, Prescott Bush, nonno di George W. Bush fu il primo grande petroliere americano a acquistare petrolio da Riad. Un legame inquietante.
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