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Marco Gorra per "Libero Quotidiano"
LA PANDA DI MARINO IN DIVIETO DI SOSTA
Dalla macchina del fango alla macchina nel fango. La macchina in questione è la ormai celebre Panda rossa di Ignazio Marino e il fango è quello con cui il primo cittadino della Capitale ha in animo di ricoprire l’incolpevole utilitaria, nel tentativo sempre più disperato di salvare quel po’ di faccia che resta. Vogliono infatti i boatos che il chirurgo prestato alla politica stia meditando il colpo ad effetto per la rentrée di oggi in consiglio comunale: presentarsi al cospetto dell’aula Giulio Cesare sventolando le ricevute di pagamento delle famose multe (forse tutte, forse solo quattro a titolo di acconto) ma soprattutto producendo l’evidenza dell’avvenuta cessione dell’autoveicolo scaturigine di tutti i mali.
LA PANDA DI MARINO IN DIVIETO DI SOSTA
Non potendo offrire ai consiglieri lo scalpo di vicesindaco ed assessori di peso, Marino vuole ovviare provvedendo - curiosa evoluzione in lamiera del capro espiatorio - lo scalpo della Panda. Marino, insomma, vuole caversela dicendo di aver venduto la macchina.
Quale criterio ispiri l’agire dell’inquilino del Campidoglio è difficile da immaginare. Che Marino pensi che a prendere le multe abbia provveduto la Panda in autonomia e che pertanto necessiti di rieducazione da impartirsi con le cattive è da escludere: il sindaco è uomo di mondo e sa che per prendere le multe bisogna essere almeno in due, guidatore ed autoveicolo. Allo stesso modo pare doversi depennare dal novero delle possibili motivazioni la pista della rappresaglia familiare (a patire maggiormente della dipartita del mezzo sarebbe infatti la signora Marino, che a quanto pare lo utilizza con discreta frequenza): il sindaco è galantuomo, e non si vede perché vorrebbe arbitrariamente appiedare la consorte.
CITTADINI PROTESTANO PER LA PANDA DI MARINO
La pista più probabile, a questo punto, è quella dell’autodafè viario-ecologico: un gesto dal fortissimo valore simbolico con il quale Marino recupera platealmente la propria cifra di sindaco ciclista, pedonalizzatore ed amico della Natura abiurando pubblicamente l’ottano tentatore per meglio significare la propria resipiscenza. Come se l’automobile fosse sua ipsa natura un’entità demoniaca il cui solo contatto è bastante a pervertire anche il più ligio dei cittadini spingendolo a commettere nefandezze le più atroci quali l’indebito accesso nel varco Ztl o il parcheggio in sosta vietata.
LA PANDA DI MARINO NELL'AREA RISERVATA DEL PARCHEGGIO DEL SENATO
Via il dente via il dolore, dunque: con l’utilitaria e le sue perverse lusinghe lontane dal garage, il cammino (o al limite la pedalata) del già proprietario verso la redenzione sarà rapido e indolore. Resta da capire chi potrà abboccare alla pantomima. Di certo non il Pd romano, che con Marino è ai ferri corti da quel dì e che tutto è disposto a fare tranne che restare a guardare mentre il sindaco manda per l’ennesima volta il pallone in tribuna: quella che arriva dal partito è una richiesta di gesti ben più concreti (azzeramento della giunta o, al limite, mini-rimpasto sulle cariche più pesanti).
MARINO CADE IN BICICLETTA DAVANTI AL COLLEGIO ROMANO
Difficile pure che la cosa possa abbindolare l’opinione pubblica: i tempi in cui la mistica ambientalara del sindaco faceva presa nell’elettorato sono ormai lontani e - complice l’anno e mezzo di risultati non proprio esaltanti alla guida del Campidoglio - la cittadinanza è poco incline ad accordare ulteriore credito al sindaco, tanto più se a seguito di operazione-show. «Comprereste un’auto usata da quest’uomo?», recitavano i manifesti di Kennedy contro Nixon nel 1960. Gli elettori convennero che il candidato repubblicano non offriva garanzie nemmeno come rivenditore di seconda mano e di conseguenza procedettero a trombarlo sanguinosamente. L’impressione è che ai romani, per capire che è meglio stare alla larga da Marino e dalla sua Panda, non servano nemmeno i poster.
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