DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Antonellis per Dagospia
SALVINI CON IL PUPAZZO DI DI MAIO
Matteo Salvini si trova di fronte ad un vero e proprio dilemma: rompere con Luigi Di Maio per tentare la via del governo di Centrodestra con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni oppure continuare a fare buon viso a cattivo gioco e tenersi stretto Di Maio e i 5Stelle?
Il dilemma non è di poco conto perché un nuovo governo di Centrodestra senza prima il passaggio elettorale (che Mattarella non vuole assolutamente) non consentirebbe al Capitano di capitalizzare l'enorme consenso che la Lega ha nel Paese ne gli consentirebbe di essere riconosciuto come leader incontrastato del Centrodestra; inoltre in caso di crisi di governo il Capo dello Stato avrebbe altre armi a disposizione, come la tessitura di un possibile accordo di governo PD-5Stelle grazie ad un Partito Democratico rinnovato e, soprattutto, "derenzizzato" che difficilmente potrebbe sottrarsi, a differenza delle precedenti consultazioni, alla volontà del Quirinale.
Insomma, per Matteo Salvini il rischio di ritrovarsi con nulla in mano dopo aver provocato la crisi di governo è molto alto.
Ciononostante dalle parti di Palazzo Chigi e del Quirinale si stanno studiando riservatamente diversi scenari, sicuri che l'attuale governo non reggerà a lungo, tanto che i soliti bene informati giurano che nelle stanze che contano abbia preso a circolare con insistenza l'ipotesi dell'election day per politiche ed europee. Persino un uomo misurato come Castagnetti, tra gli uomini più ascoltati dal Colle e amico personale del Presidente, senza mezzi termini nei giorni scorsi invitava il Pd a chiudere presto la fase congressuale perché "la situazione è eccezionale": il che tradotto significa che bisogna fare presto perché se cade il governo il Pd dovrà tenersi pronto ed essere in grado di decidere rapidamente.
Insomma, al di là delle smentite di rito dei dioscuri di governo, la maggioranza sembra sempre più sfilacciata e in difficoltà. Per questo dalle parti di Palazzo Chigi si sono messi a spulciare tutte le norme in materia elettorale trovandone una (confermata anche da costituzionalisti di rango come il Presidente emerito della Consulta Annibale Marini e Alfonso Celotto docente di diritto costituzionale a Roma Tre, interpellati in merito) che potrebbe addirittura dare il via libera all'election day: è il decreto n. 98 del 2011.
L'articolo 7 testuale recita: "A decorrere dal 2012 le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei Presidenti delle province e delle regioni, dei Consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, si svolgono, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un'unica data nell'arco dell'anno.
Qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia le consultazioni di cui al comma 1 (cioè anche Camera e Senato) si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo". Insomma, fino all'approvazione della legge di bilancio si andrà avanti. Poi da gennaio tutte le opzioni saranno aperte. Compresa quella dell'election day.
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