DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Stefano Montefiori per "Il Corriere della Sera"
à uno choc per i 550 mila ebrei ma anche per gli altri francesi, perché Gilles Bernheim era l'uomo dell'apertura, dello sguardo rivolto a tutta la società , dell'autorevolezza morale che supera i confini della propria comunità tanto da venire riconosciuta pure dal Papa (venne lungamente citato da Benedetto XVI). Il Grande Rabbino di Francia si è dimesso, dopo quattro surreali settimane in cui la sua reputazione di intellettuale e guida spirituale è andata in frantumi.
Come il ministro Jérôme Cahuzac combatteva l'evasione fiscale tenendo nascosto un conto in Svizzera, il gran rabbino Bernheim si poneva come esegeta dei testi sacri ma copiava i libri degli altri; interveniva con indiscusso prestigio nel dibattito pubblico, ma il dottorato di filosofia che adornava le sue biografie era tarocco; teneva lezioni di morale, ma al primo sospetto di plagio ha provato a difendersi accusando la vittima incapace di reagire (perché morta da anni). E come il ministro Cahuzac, il gran rabbino Bernheim non si voleva dimettere: c'è voluto l'intervento del Concistoro centrale, ieri, per convincerlo che non era proprio più il caso.
Tutto è cominciato quando il filosofo Jean-Clet Martin si è accorto, il 7 marzo scorso, che un lungo passaggio delle «Quarante méditations juives» (2011) di Gilles Bernheim era molto simile, insomma identico, a «Questions au Judaïsme, entretiens avec Elisabeth Weber» (1996) di Jean-François Lyotard, il pensatore del postmodernismo morto 15 anni fa. Martin lo ha scritto sul suo blog Strass de la philosophie senza enormi reazioni finché, il 23 marzo, un piccato Bernheim si è sentito in grado di rispondere con un comunicato pieno di date e dettagli.
Bernheim in sostanza suggeriva che fosse stato Lyotard a copiare da un suo vecchio corso tenuto decenni prima, ma «il gran rabbino non intende aprire una polemica sull'uso che è stato fatto di quel testo, a sua insaputa». Bontà sua. Il gran rabbino non poteva conoscere l'alone di leggenda che in Italia ormai accompagna l'espressione «a sua insaputa», ma in ogni caso quella formula non gli ha portato bene.
Pochi giorni dopo, il 5 aprile, L'Express è uscito con la notizia che, a dispetto di numerose biografie, Bernheim non aveva mai ottenuto il dottorato in filosofia. Due giorni dopo il blog di Jean-Noël Darde Archéologie du copier-coller dedicato al copia-incolla ha scoperto altri due plagi, persino in quel documento di 25 pagine su «Matrimonio omosessuale, omoparentalità e adozione» che era stato molto apprezzato da Benedetto XVI.
Ratzinger aveva citato e commentato lungamente le pacate ma ferme analisi del rabbino - non era mai successo prima - nel discorso del 21 dicembre 2012 alla curia romana. Solo che anche quel testo era macchiato dal plagio, stavolta ai danni del sacerdote cattolico Joseph-Marie Verlinde.
Bernheim non era stimato solo dai religiosi: aveva suscitato emozione il suo bellissimo discorso a Tolosa, per l'anniversario dei massacri di Mohammed Merah, in cui aveva saputo ricordare i bambini ebrei uccisi ma anche le altre vittime, tra le quali un parà musulmano.
Ma sono venuti fuori altri copia-incolla, «prestiti», li ha definiti Bernheim durante un accorato sfogo, martedì, a Radio Shalom. Il gran rabbino ha chiesto perdono, ha spiegato di essersi inventato il dottorato perché «un evento tragico della sua vita personale» gli aveva impedito di sostenere l'esame, e ha aggiunto di non volersi dimettere «perché sarebbe un atto di orgoglio».
Il Concistoro, istituzione creata nel 1808 da Napoleone per rappresentare ufficialmente gli ebrei francesi, ha pensato invece che atto di orgoglio sarebbe stato restare, e ha indotto Bernheim alle dimissioni. La Francia sotto choc per gli scandali dei politici perde un altro punto di riferimento.
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