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DAGOREPORT - DA IERI SERA, CON LA VITTORIA IN GERMANIA DELL’ANTI-TRUMPIANO MERZ E IL CONTENIMENTO…
1. TERRORISMO: INCHIESTA PROCURA ROMA,10 ISLAMICI INDAGATI
(ANSA) - La Procura di Roma ha aperto un'indagine su alcuni stranieri di fede islamica residenti in Italia sospettati di avere legami con la Jihad. Sarebbero una decina le persone iscritte, secondo quanto si è appreso, nel registro degli indagati per associazione sovversiva con finalità di terrorismo.
Grande riserbo a piazzale Clodio sugli accertamenti coordinati dal procuratore Giuseppe Pignatone e dall'aggiunto Giancarlo Capaldo. Le indagini sono conseguenza dell'attività di monitoraggio di ambienti apparentemente sensibili ai proclami del fanatismo islamico. Dell'esistenza di questa inchiesta scrive oggi il quotidiano Il Tempo.
2. TERRORISMO: INDAGINE ROMA PARTITA DA MONITORAGGIO WEB
(ANSA) - L'inchiesta della Procura di Roma su una decina di islamici sospettati di terrorismo è partita dal monitoraggio di internet. L'attività di osservazione ha riguardato conversazioni via web tra i soggetti interessati ed i loro accessi a siti integralisti ed estremisti. Secondo quanto si apprende i dieci non comporrebbero una cellula ma sarebbero considerati "cani sciolti".
3. TERRORISMO: RAFFORZATA SICUREZZA DAVANTI P. CHIGI
(ANSA) - ROMA, 13 GEN - A Palazzo Chigi l'innalzamento delle misure di sicurezza anti-terrorismo non ha provocato la chiusura di piazza Colonna ai cittadini. Ma al posto di un'auto di piccola cilindrata, prima parcheggiata vicino alla fontana, da ieri un'Alfa Romeo 159 della Polizia di Stato è di presidio insieme ad un agente con arma a vista e protetto da giubbotto antiproiettile vicino all'ingresso destro della sede della presidenza del consiglio. Come prima nell'altro lato della piazza è parcheggiato un blindato della polizia ma è aumentato il numero di poliziotti a vigilare su piazza Colonna.
4. INDAGATI GLI JIHADISTI PRONTI A COLPIRE
Ivan Cimmarusti e Valeria Di Corrado per www.iltempo.it
Conoscono nomi e cognomi. Sanno i luoghi che frequentano e dove si incontrano. I loro movimenti sono monitorati giorno e notte. Nel registro degli indagati della Procura di Roma figurano già diversi soggetti, tutti accusati di reati in materia di terrorismo. Uomini che si rifanno alla dottrina jihadista e che vivono liberamente nel territorio italiano. Il proselitismo del terrore è ben radicato a Roma, con importanti propaggini nel nord Italia, in regioni come Lombardia, Emilia Romagna e Toscana.
Gli accertamenti investigativi della Digos e dei carabinieri del Ros (Reparto operativo speciale) avrebbero fatto luce sulla presenza nella Capitale di gruppi che predicano il fondamentalismo islamico e la guerra santa. Gli investigatori hanno sotto stretto controllo questi soggetti che risultano muoversi autonomamente rispetto all’Isis.
Stando alle ipotesi formulate dagli inquirenti, potrebbe profilarsi la violazione dell’articolo 270 del codice penale, che punisce con la reclusione chi costituisce o partecipa ad associazioni sovversive con finalità di terrorismo. Le indagini, affidate a quattro sostituti procuratori del pool antiterrorismo della Procura di Roma, che si occupano specificatamente di lotta al terrorismo islamico, sono complesse. Uno dei primi ostacoli è rappresentato dalla lingua.
Persino nell’affidare l’incarico di tradurre testi e discorsi dall’arabo all’italiano gli inquirenti devono prestare attenzione scegliendo interpreti di cui si possano fidare ciecamente, per evitare che le traduzioni possano essere manipolate. Un’ulteriore difficoltà nelle indagini è rappresentata dal fatto che la magistratura non può fare attività di prevenzione, si deve muovere su precise notizie di reato. Il fermo di soggetti trovati in possesso di armi «da guerra» è, ad esempio, una delle piste che vengono seguite per arrivare ai sospetti terroristi.
Lo stesso Diego Parente, a capo della Digos, ha tenuto a precisare che all’indomani dell’attentato al giornale satirico francese Charile Hebdo, «è stato rivisto tutto il sistema di sicurezza della città, che comprende tutti gli obiettivi sensibili presenti a Roma e che sono numerosi». Sul fronte «minacce al Vaticano», ventilate dai servizi di sicurezza statunitensi e israeliani, Parente ha gettato acqua sul fuoco: «Non c’è al momento nessun riscontro sulle minacce al Vaticano ma l’allerta è massima».
Rispetto ad altri Stati come la Francia e l’Inghilterra, dove vivono le seconde e terze generazioni di immigrati di fede musulmana, in Italia siamo ancora in una fase di «penetrazione» nel territorio. Tuttavia l’allerta resta alta, sia per gli obiettivi sensibili presenti nel nostro Paese, sia perché l’Italia è considerata il trampolino di lancio per tutti gli aspiranti jihadisti che, anche attraverso gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste, viene utilizzato come base per lo smistamento dei mujaheddin in Occidente. Senza considerare la presenza dei reduci della guerra in Bosnia, che non hanno mai smesso di trasmettere il messaggio jihadista anche dal carcere e che oggi sono a fianco dell’Isis.
Secondo l’antiterrorismo in Italia sono 211 le persone che compongono la lista dei soggetti ritenuti a rischio perché vicini al network del terrore jihadista. Sono i «lupi solitari», quelli che all’interno della follia jhadista propagandata dall’Isis, si muovono in assoluta autonomia, sulla base di iniziative individuali. Una sorta di black-list stilata dalle nostre forze di polizia, che hanno individuato tutti quei soggetti «radicati» sull’intero territorio nazionale e che potrebbero compiere gesti solitari.
Di questa lista di «attenzionati» fanno parte convertiti italiani, immigrati di seconda generazione e volontari della jihad che sono partiti o che potrebbero farlo, per andare a combattere in Siria e Iraq con i miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi. Oltre alle moschee clandestine, le nostre carceri sono diventati luoghi per l’indottrinamento e il reclutamento di fondamentalisti islamici.
Intanto Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, è intervenuto con un’informativa al Senato: «Non ci sono minacce specifiche all’Italia, ma c’è un contesto che deve suscitare preoccupazione per la dimensione generale del fenomeno». Inoltre, ha aggiunto che «nessun governo europeo parla di sospendere Schengen. Sacrificare la libertà di circolazione sarebbe un prezzo inaccettabile da pagare al terrorismo». Su quest’ultimo fronte, infatti, Gentiloni ha voluto specificare che «al terrore e alla barbarie dobbiamo reagire senza paura e senza rinunciare ai capisaldi della nostra civiltà».
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