DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Marzio Breda per il Corriere della Sera
sergio mattarella giorgia meloni
E se qualcuno volesse utilizzare il probabile referendum sul premierato strumentalizzando il nome di Mattarella? Che cosa succederebbe se le opposizioni usassero il suo esempio, umano e istituzionale, per contrastare le nuove regole costituzionali di Giorgia Meloni? Chi vincerebbe, tra gli italiani?
Ecco alcune domande, congegnate secondo il periodo ipotetico della possibilità, che circolano nei palazzi della politica dopo la presentazione di quella che la premier ha chiamato «la madre di tutte le riforme», sulla quale il governo sta scommettendo il proprio futuro. Gli altri timori che serpeggiano nella maggioranza riguardano le eventuali dimissioni del capo dello Stato nel caso che il cambiamento comunque si imponga. Posto che appassionino, certo dividendoli, i protagonisti della vita pubblica, questi temi non raccolgono risposte al Quirinale. Dove il silenzio stavolta è privo di aggettivi: né enigmatico, né irritato, né compiaciuto.
sergio mattarella giorgia meloni
È solo silenzio, e si capisce. L’alternativa sarebbe di rassegnarsi a una rincorsa di congetture, azzardi e polemiche sulla presidenza della Repubblica destinate a trascinarsi per almeno 12-18 mesi (senza contare i tempi necessari a fare poi un referendum, qualora la maggioranza non superasse i due terzi dei voti parlamentari). Ovvio, insomma, che l’eventualità di un così prolungato periodo di illazioni e dispute sia insopportabile per Sergio Mattarella. Il quale non può e non vuole lasciarsi trascinare nel piccolo cabotaggio della politica, anche se l’inquilina di Palazzo Chigi ha cercato di tenerlo fuori dalla faccenda citando rapporti collaborativi con lui grazie ad una «interlocuzione con gli uffici del Quirinale».
sergio mattarella giorgia meloni
E qui bisogna ragionare su questa parola, elevata dal lessico giuridico più polveroso al linguaggio politico corrente da Giuseppe Conte. Non a caso l’ex premier grillino amava definirsi «l’avvocato del popolo» e si dichiarava sempre pronto alle «interlocuzioni» con destra e sinistra. Da allora molti usano quel termine forse perché ha risonanze antiche e perfino solenni. L’ha fatto pure la Meloni, lasciando quasi intendere che il capo dello Stato e i suoi tecnici abbiano espresso una sorta di consenso preventivo al premierato. Non è così. Mattarella, dopo aver ricevuto una visita della ministra Elisabetta Casellati, che gli aveva portato una prima bozza della riforma, si è limitato a far chiedere alcuni chiarimenti tecnico-giuridici, come è d’uso nella leale collaborazione fra istituzioni.
sergio mattarella giorgia meloni
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