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Emanuele Buzzi per “Il Corriere della Sera”
Il giorno dopo l’altalena con il Pd sul tavolo delle riforme, è ancora lui a prendere in mano la situazione. Luigi Di Maio — ospite a Un giorno da pecora su Radiodue — punge Matteo Renzi («se si fida solo di Berlusconi, lo dica») e ironizza sui democratici, in attesa del prossimo vertice. «Guerini ha detto che dovrebbe essere la prossima settimana — sostiene il vicepresidente della Camera —, e comunque voglio dire una cosa: il Pd doveva essere il partito della velocità. Sono 20 giorni che dobbiamo incontrarci. Meno male che è il partito della velocità...».
Di Maio, sempre più volto dei Cinque Stelle in questa fase della legislatura, smentisce di aver chiesto a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio un cambio di rotta dopo l’affondo via web contro il Pd e tramite Facebook rilancia la consultazione online tra gli iscritti dopo un eventuale accordo.
E aggiunge: «Alla fine tutti valiamo uno», respingendo tra le righe le critiche che gli sono state rivolte da parte del Movimento per il suo ruolo di primo piano. Critiche che si fanno nelle ultime ore più esplicite. C’è chi attacca sul web. «L’indicazione del cosiddetto «doppio turno di lista» è una valutazione personale di Luigi Di Maio e Danilo Toninelli — scrive in Rete il deputato Andrea Colletti —. Non dobbiamo assolutamente cedere verso questa deriva plebiscitaria che richiede la «governabilità» a discapito della «rappresentatività» e «democraticità» di un sistema elettorale e costituzionale».
Un altro esponente pentastellato lamenta un «cambio di equilibri all’interno del gruppo, anche se parlare di cerchio magico mi sembra francamente fuori luogo». Attenzioni che si spingono oltre i confini dei Cinque Stelle. Alessandra Moretti del Pd si chiede: «Di Maio ha rottamato Grillo?». Quello che è certo, congetture e prese di posizione a parte, è che il deputato campano in poco più di un anno ha conquistato una rilevanza (e anche una stima da parte dei due leader) all’interno del M5S crescente.
Dalle serate come cameriere in pizzeria per raccogliere fondi per la campagna elettorale nella sua Pomigliano d’Arco a mediatore delle diverse anime, Di Maio ha motivato l’escalation con il suo «ruolo istituzionale», un ruolo che a differenza dei capigruppo non prevede sostituzioni in corsa.
Ma la strategia del dialogo con il Pd nel Movimento sta suscitando tensioni legate non solo al ruolo di Di Maio. «Non vorrei confondessimo Itaca con Canossa», twitta Walter Rizzetto, ricordando lo scontro tra papa Gregorio VII e Enrico IV, che, per ottenere la revoca della scomunica inflittagli, attese tre giorni e tre notti nella neve. L’umiliazione per antonomasia, insomma.
In serata va in scena alla Camera una riunione dei deputati del Movimento dall’atmosfera elettrica: in giornata, voci non confermate parlano dell’addio imminente di tre-quattro parlamentari dissidenti. Addii, a quanto sembra, rimandati. A rendere i nervi tesi, il dialogo con i democratici e gli eventuali passi da compiere (ieri il Pd ha fatto sapere che replicherà con una nuova lettera).
Parole e strategie bloccate per ora in una situazione di attesa. Intanto in Europa, dopo le esclusioni dai ruoli di primo piano nelle commissioni, i Cinque Stelle sono immersi in questioni organizzative: nel gruppo Efdd si ventila la possibilità di cambi all’interno della segreteria.
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