RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Sandro Iacometti per “Libero quotidiano”
giuseppe bono inaugurazione nuovo ponte di genova
«Premetto che non ho la verità rivelata, non sono un virologo, né un esperto. Mi rifaccio a quello che dicono i medici come tutti. Però cerco di riflettere, basandomi su quello che percepisco nella realtà di tutti i giorni. E ciò che vedo è che, pur con tutti i progressi fatti in campo medico e clinico, stiamo affrontando la pandemia come si affrontava la peste: l' unica contromisura è il distanziamento. Non abbiamo saputo fare nient' altro finora. E ormai è inutile discutere se sia opportuno indossare o no la mascherina, restare o meno lontani. Dobbiamo farlo e basta».
Giuseppe Bono, checché ne dica, non è un osservatore qualunque. Da 18 anni è a capo di Fincantieri, uno dei più grandi complessi cantieristici al mondo, primo in Europa, con 20mila dipendenti, 18 stabilimenti in 4 continenti e quasi 6 miliardi di ricavi.
Il gruppo, controllato dalla società del Tesoro Cassa depositi e prestiti, progetta e costruisce tutto ciò che ha a che fare con il mare e la tecnologia.
Dalle navi militari a quelle da crociera, dai traghetti ai mega yacht, dalle infrastrutture alle opere marittime, dai sistemi elettronici ai componenti meccanici, fino al ponte di Genova, costruito in tempi record. «Tutta questa scienza, però, ci è servita a poco - spiega Bono - il mondo occidentale ha fatto un percorso incredibile in termini di sviluppo della società, qualità della vita, benessere, ma ci siamo fatti fregare da una molecola che non sappiamo neanche dove è nata. Forse di questo bisognerebbe parlare per prepararsi al futuro, invece di discutere solo di grafici, numeri e curve».
Però su quelle curve si basano le decisioni del governo, che con gli ultimi Dpcm è tornato a chiudere quasi tutto...
«Il problema non è chiudere o non chiudere, ma quello che bisognava fare prima dell' estate e quello che bisogna fare ora per affrontare il dopo. La pandemia non è una costante storica, una roba che durerà secoli, è un fatto di contingente, passerà».
Sta dicendo che stiamo sbagliando completamente prospettiva?
«Le faccio un esempio. In Fincantieri abbiamo avuto subito la percezione che il Covid fosse una cosa seria e siccome siamo un' azienda che impiega molta manodopera, abbiamo capito che dovevamo adottare misure compatibili con la nostra situazione».
E cosa avete fatto?
«Abbiamo chiuso praticamente in coincidenza con il lockdown e ci siamo immediatamente messi al lavoro su come organizzarci per affrontare successivamente la riapertura e non dover richiudere in una situazione di ritorno della pandemia che tutti in qualche modo prevedevamo».
Ora come siete messi di fronte alla seconda ondata?
«Abbiamo oltre 20mila persone al giorno che lavorano nei nostri cantieri e la percentuale di contagi è inferiore al 3%».
Bene, no?
«Benissimo, però la stragrande maggioranza di quel 3% è composta da lavoratori stranieri».
Questo cosa significa?
FINCANTIERI - LA FREGATA PER US NAVY
«Questo significa che nessuno, pur sapendo tutti che i lavoratori stranieri sono indispensabili alla nostra economia, perché ci sono molte attività, come la vendemmia o la raccolta di derrate alimentari, che gli italiani non vogliono più fare, si è preoccupato di gestire i flussi migratori in maniera efficace e sicura. Non sono mica untori, ma è una questione di controlli, occorreva un' organizzazione diversa da molto tempo. Bisogna essere capaci di vedere le cose in maniera realistica, senza fare di ogni fenomeno un motivo di scontro e divisione».
Quando c' era Salvini al Viminale le cose andavano meglio?
«Mi limito a ricordare il giudizio di Salvini su quello che facciamo noi.
Quando venne nel giugno del 2019, da ministro, al nostro stabilimento di Genova e fu circondato da nostri dipendenti provenienti da ogni regione del mondo e d' Italia disse che il nostro è un bel modello di sviluppo e integrazione, fondato sul lavoro, sul rispetto e sulla conoscenza».
CONTE E TONINELLI A VALEGGIO SUL MINCIO CON GIUSEPPE BONO E IL LOGO DI FINCANTIERI INFRASTRUCTURES
Ne è convinto anche lei?
«Certo, e aggiungo coesione. Quella che serve al Paese e che sono riuscito, con orgoglio, ad ottenere nella mia azienda. Pensi che un sondaggio che abbiamo condotto internamente ha rivelato che il 91% dei dipendenti si è detto molto soddisfatto delle nostre misure di prevenzione anti-Covid».
Nel Paese, però, sembra ci sia meno armonia...
«Continuiamo a parlare di Recovery fund, di Mes, di manovre. Bisogna occuparsi delle cose concrete».
E quali sono?
«Questo è un momento in cui dovremmo pensare a dare aiuti ad aziende che hanno un mercato, aiutando al contempo le altre a ristrutturarsi.
Bisogna mettere il Paese in condizione di riequilibrare le proprie filiere, di adattarsi ai cambiamenti».
Basterebbe questo?
Assolutamente no. Ci sono il turismo, l' arte, le risorse naturali. E poi i porti: se avessimo un sistema efficiente potremmo fare dell' Italia una formidabile piattaforma logistica.
Da dove si comincia?
«Dalle risorse umane. Il miracolo italiano lo abbiamo fatto con le braccia, con i nostri migranti che dal Sud sono andati al Nord. Ora queste braccia le dobbiamo andare a prendere. Non ci possiamo permettere di avere il 30% di disoccupazione giovanile.
Dobbiamo costringerli a lavorare».
In che modo?
«Quelle statistiche mi fanno impazzire. Vorrei vedere uno ad uno quei giovani, chiedergli che cosa vogliono fare, cosa hanno studiato. Per quale motivo molti di loro non accettano di svolgere incarichi che le aziende non riescono a coprire, come voi recentemente avete testimoniato con un' intervista all' imprenditore Agnelli».
Il problema è vecchio e di non facile soluzione...
«Bisogna far capire a questi ragazzi che non si arriva in alto per merito dello Spirito santo. Si deve partire dal basso. Bisogna recuperare l' idea che il lavoro è dignità. Sono valori che il Paese ha perso».
Il reddito di cittadinanza non aiuta a recuperarli. O sbaglio?
«Guardi, io ho cominciato a lavorare a 18 anni, senza navigator. Sono convinto che dobbiamo aiutare chi resta indietro. E dare a tutti le stesse opportunità di esprimersi. Poi, però, dopo che abbiamo aiutato non è che possiamo farci carico di tutti, dalla culla alla tomba. Ognuno deve avere la responsabilità della propria vita. E deve essere anche ben chiaro che il pane, come dice anche la nostra tradizione cattolica, te lo devi guadagnare col sudore della fronte».
Non sarà mica tutta colpa dei giovani svogliati?
«Per carità, ma se parliamo della movida invece dei problemi reali, li allontaniamo ancora di più».
Allora parliamo del fatto che in Italia per realizzare un' infrastruttura ci vogliono decenni. Fincantieri lavora in tutto il mondo, accade lo stesso all' estero?
«No, ma anche noi siamo riusciti a fare un' opera in poco tempo. Guardi il nuovo ponte sul Polcevera. Come con le navi, siamo abituati a consegnare i nostri lavori all' ora e al giorno prestabiliti anni prima».
E avete fatto lo stesso col viadotto...
«Già, però per realizzarlo è servito il cosiddetto "modello Genova", un modello virtuoso che va adottato, non abbandonato».
Voi siete un' azienda pubblica. Mi sta dicendo che serve lo Stato in economia, come si sta pensando per l' Ilva, Alitalia e Autostrade?
«Io ho iniziato a lavorare alla Fiat, poi ero un po' presuntuoso e sono voluto andare nel pubblico perché volevo servire il Paese».
Però non ha risposto...
«Non vedo differenza. L' importante è che ognuno venga messo in grado di fare il proprio lavoro e il proprio dovere. Detto questo, nel privato c' è un' organizzazione che fa capo a una famiglia, a un imprenditore. Ti devi confrontare con un unico soggetto.
Nel pubblico c' è la politica, ci sono tanti referenti e qualcuno cerca di trovare scorciatoie, privilegiando le amicizie invece del merito».
Qual è la soluzione?
DONALD TRUMP JOE BIDEN BY EDOARDOBARALDI
«L' assunzione di responsabilità, che fatalmente comporta che venga riconosciuto il merito. Chi ha capacità superiori deve esplicarle assumendosi delle responsabilità».
Trump o Biden. Per chi voterebbe?
È complicato dirlo, ma conoscono bene gli Stati Uniti e non ho una visione fideistica. In America c' è una struttura di altissimo livello che sta sotto i presidenti e resta sempre la stessa. È quella la sua forza.
Continuerete a fare affari negli Usa?
«Dieci anni fa eravamo visti come una piccola azienda. Poi abbiamo ottenuto ordini per costruire 20 navi e abbiamo vinto recentemente una commessa da 6 miliardi.
Nessuno ci ha aiutato. Ci siamo solo rimboccati le maniche. Sono orgoglioso di tutti i nostri lavoratori».
giuseppe bono inaugurazione nuovo ponte di genova Giuseppe Bono
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