DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA…
STA ESPLODENDO LA DESTRA AMERICANA – MENTRE IL PARTITO REPUBBLICANO È DILANIATO TRA “MAGA” E VECCHIO ESTABLISHMENT, ANCHE I MEDIA CONSERVATORI SONO DIVISI: LA SUPERSTAR TUCKER CARLSON, VICINISSIMO A JD VANCE, FLIRTA CON L’INFLUENCER NEO-NAZI NICK FUENTES E FA SEMBRARE MODERATI ALTRI AGIT-PROP TRUMPIANI COME BEN SHAPIRO - IL “WALL STREET JOURNAL” RESTA UN BALUARDO DEL LIBERO MERCATO E DEL DEEP STATE, MENTRE IL SUO EDITORE, RUPERT MURDOCH, S’AGITA IN CALIFORNIA E PUNTA SUL DEM GAVIN NEWSOM (IL PROSSIMO ANNO ARRIVA LA VERSIONE LOCALE DEL “NEW YORK POST”) – TUTTI SI PREPARANO AL 2028, QUANDO L’UNICO COLLANTE, TRUMP, NON SI POTRÀ RICANDIDARE, A MENO DI GOLPE…
Sintesi dell’articolo di Michael Calderone per https://www.thewrap.com/
La destra americana è attraversata da una frattura sempre più evidente, emersa in tutta la sua profondità con il trattamento riservato da Tucker Carlson al suprematista bianco Nick Fuentes e la accuse all’amministrazione Trump sul caso Epstein.
A denunciarlo è Jonah Goldberg, storico commentatore conservatore e direttore del sito “The Dispatch”, che va all’attacco dei colleghi, privi di “chiarezza morale” e troppo spaventati dal proprio pubblico per prendere una posizione netta.
Come scrive Michael Calderone per “TheWrap”, Goldberg è “stanco delle stronzate” e critica quella parte della destra che prova a presentare come un tema complicato la domanda se sia accettabile includere nella coalizione un personaggio che si definisce nel “Team Hitler” (cioè Nick Fuentes, apertamente antisemita e simpatizzante nazista).
Lo scontro si inserisce in un contesto più ampio: l’ecosistema mediatico conservatore — da Fox News ai podcast, passando per siti come “Breitbart” e “The Daily Wire” — è in competizione interna per ridefinire l’identità del GOP in vista del 2028, quando per la prima volta in 16 anni Donald Trump non sarà il candidato.
Nonostante il suo potere resti enorme, segnali di indebolimento emergono: repubblicani che pretendono la pubblicazione dei file Epstein, resistenze nei parlamenti statali ai suoi piani di redistricting e una crescente disponibilità a immaginare un “post-Trump world”, come titola “National Review”.
Carlson rimane un attore centrale, soprattutto per la vicinanza al vicepresidente JD Vance, considerato il favorito per il 2028. Goldberg avverte che “radioattivizzare” Carlson potrebbe diventare un problema per Vance stesso, il quale negli ultimi mesi ha evitato di criticare Fuentes, pur avendolo ripudiato nel 2024.
Altri nomi — da Ben Shapiro a Bari Weiss, fino al board del “Wall Street Journa” — hanno invece attaccato frontalmente Carlson, definito da Shapiro “il più virulento super-diffusore di idee disgustose in America”.
Trump, dal canto suo, difende Carlson e insiste nel rivendicare la paternità assoluta del movimento MAGA, mentre allude a una possibile — e incostituzionale — terza candidatura. Intanto, altri aspiranti del 2028 si posizionano: il senatore Ted Cruz, per esempio, ha definito Carlson “pericoloso” e promette di contestarlo “ancora e ancora”.
Goldberg, veterano della destra intellettuale, respinge l’idea che il panorama dei media conservatori rappresenti davvero il conservatorismo: per lui, molti dei principali influencer e opinion maker di destra sono guidata da populismo distruttivo e non da idee. L’attuale caos, spiega, nasce dalla confusione tra informazione, attivismo e fandom politico, un ecosistema nel quale chiunque osi criticare figure radicali rischia immediatamente accuse di tradimento.
Il risultato è una destra mediatica in piena guerra civile, divisa tra chi vuole mantenere un “big tent” ampio e chi, al contrario, cerca di epurare RINO (”Republican in name only”, termine utilizzato per descrivere i repubblicani considerati troppo moderati), neocon e “Never Trumpers” (“Mai con Trump”) mentre normalizza figure estremiste. Una battaglia che — secondo Goldberg — finirà per definire non solo il futuro del GOP, ma anche i limiti morali dell’intero movimento conservatore.
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