vladimir putin donald trump zelensky

STALLO ALLA TRUMPIANA – È BASTATO UN GIORNO PER CAPIRE CHE IL FACCIA A FACCIA DI MAR-A-LAGO TRA TRUMP E ZELENSKY NON È SERVITO A UNA MAZZA PER AVVICINARE LA PACE – L’AMBASCIATORE SEQUI: “L’INCONTRO NON HA PRODOTTO UNA SVOLTA, MA UNO STALLO DINAMICO, CON PROGRESSI MARGINALI E NODI DECISIVI IRRISOLTI: GARANZIE DI SICUREZZA, ASSETTI TERRITORIALI E CENTRALE DI ZAPORIZHZHIA” – “C’È UNA DIVERGENZA DI PROSPETTIVA TRA EUROPEI E AMERICANI. PER L'EUROPA LA GUERRA IN UCRAINA È UNA QUESTIONE ESISTENZIALE PERCHÉ RIGUARDA IL CONTINENTE E IL PRINCIPIO DELL'INVIOLABILITÀ TERRITORIALE. PER TRUMP È UN DOSSIER, NON NECESSARIAMENTE IL PRINCIPALE, ALL'INTERNO DI UN RAPPORTO PIÙ AMPIO CON LA RUSSIA…”

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Estratto dell’articolo di Ettore Sequi per “La Stampa”

 

volodymyr zelensky donald trump conferenza stampa a mar a lago foto lapresse 2

È bastato un giorno perché il dopo Mar-a-Lago mostrasse quanto sia fragile il negoziato sulla Guerra in Ucraina. Gli scambi di accuse tra Kiev e Mosca dopo un presunto attacco ucraino alla residenza di Putin e l'annuncio di Lavrov di una «revisione» della posizione negoziale russa sono la conferma che l'incontro tra Trump e Zelensky non ha prodotto una svolta, ma piuttosto uno stallo dinamico, con progressi marginali e nodi decisivi irrisolti.

 

[..]  si è chiuso ciò che è negoziabile, mentre resta aperto il 10% decisivo: garanzie di sicurezza, assetti territoriali e centrale di Zaporizhzhia. Questo stallo non è neutro. Il ritmo e i margini del negoziato sono direttamente condizionati dall'andamento delle operazioni militari sul terreno.

 

ettore francesco sequi foto di bacco (1)

In questa fase la diplomazia non sostituisce la guerra, ma ne è la prosecuzione con altri mezzi. Anche il linguaggio temporale usato da Trump va decifrato.

 

Le «due settimane» o «qualche settimana» per trovare un accordo non sono una scadenza operativa, ma il suo codice ricorrente per rinviare una decisione o per segnalare che una questione non è ancora matura, come già avvenuto per altri dossier strategici. Significa che il problema resta aperto. […]

 

Per comprendere la logica del negoziato occorre partire da una divergenza di prospettiva tra europei e americani. Per l'Europa la guerra in Ucraina è una questione esistenziale perché riguarda il continente, i confini e il principio dell'inviolabilità territoriale.

 

vladimir putin con la mimetica alla vigilia del vertice trump-zelensky

Per Trump è un dossier, non necessariamente il principale, all'interno di un rapporto più ampio con la Russia, che comprende Artico, risorse strategiche, opportunità economiche e, soprattutto, l'equilibrio globale con la Cina. […]

 

In questo quadro va letto anche il messaggio lanciato da Pechino nelle stesse ore. La dimostrazione di forza attorno a Taiwan segnala che la Cina osserva e misura fino a che punto gli Usa possano permettersi di reggere più fronti strategici contemporaneamente.

 

Il negoziato diventa, per Russia e Ucraina, anche una competizione per tentare di orientare la decisione americana.

Entrambe cercano di apparire, agli occhi di Trump, come la parte ragionevole. La Russia evita rifiuti netti, parla di «fase finale», propone gruppi di lavoro e accusa europei e ucraini di ostacolare la pace.

 

volodymyr zelensky donald trump conferenza stampa a mar a lago foto lapresse

L'Ucraina accetta di discutere formule complesse e manifesta disponibilità a concessioni per evitare che si consolidi una pace russa con la firma americana, cioè un accordo formalmente garantito dagli Stati Uniti ma sostanzialmente costruito su condizioni dettate da Mosca. Le offerte russe e ucraine di cooperazione economica e di vantaggi materiali per Washington mirano a rendere la propria posizione più attraente agli occhi di Trump.

 

Il nodo territoriale evidenzia questa dinamica. Trump ha lasciato intendere che, se il tempo passa, l'Ucraina potrebbe perdere altro territorio, suggerendo che convenga chiudere subito un accordo, anche a condizioni sfavorevoli. È una pressione negoziale chiara. Meglio cedere ora che rischiare di perdere di più domani.

 

vladimir putin donald trump volodymyr zelensky

Ma tradotta in un accordo, questa logica produce un effetto sistemico pericoloso. L'Ucraina propone un arretramento simmetrico rispetto alla linea del fronte, con mantenimento della sovranità formale.

 

La Russia chiede l'intero Donbass, comprese aree che non controlla militarmente. Non è una semplice divergenza negoziale, ma uno scontro tra due principi: neutralizzare l'effetto della forza o trasformare la forza in diritto. […]

 

La questione di Zaporizhzhia va letta nella stessa chiave.

Normalizzare la gestione di un'infrastruttura occupata significa cedere sovranità e accettare che l'occupazione produca diritti. Se passa questa idea, l'incentivo all'uso della forza aumenta, non diminuisce.

 

DONALD TRUMP E XI JINPING

Su questi nodi si innesta il tema decisivo delle garanzie di sicurezza. Una garanzia funziona solo se la risposta a una violazione è rapida, vincolante, certa e costosa per chi attacca. Se anche uno solo di questi elementi manca, la garanzia non dissuade. Ma ciò presuppone impegni vincolanti per i garanti e costosi per le loro opinioni pubbliche.

 

Inoltre, garanzie a tempo non fermano una guerra ma la rinviano. Per questo Kiev chiede agli Usa un impegno più lungo dei quindici anni proposti e sa che, senza un ruolo europeo credibile, anche la garanzia americana resta fragile.

 

emmanuel macron donald trump giorgia meloni foto lapresse

È qui che si decide tutto. Non nelle percentuali, non nelle dichiarazioni ottimistiche, non nelle formule diplomatiche. L'accordo è ancora lontano perché la posta in gioco è alta. Si tratta di decidere se, in Europa, la guerra tornerà a essere un'opzione.

VOLODYMYR ZELENSKY DONALD TRUMP donald trump xi jinping