giorgia meloni affonda nella sedia dello studio ovale durante il colloquio con donald trump - foto lapresse - 2

COSA SUCCEDEREBBE SE GLI AMERICANI DECIDESSERO DI PARTECIPARE AL CONFLITTO IN IRAN, E DI USARE LE LORO BASI ITALIANE PER L'INTERVENTO? - GIORGIA MELONI, IN IMBARAZZO, PUNTA ALLA DE-ESCALATION E CERCA DI PRENDERE TEMPO: “NON POSSO RISPONDERE ADESSO” - DIFFICILE IMMAGINARE CHE, IN CASO DI RICHIESTA ESPLICITA DAGLI USA, ROMA POSSA SOTTRARSI. A MAGGIOR RAGIONE PENSANDO AL PRESSING AMERICANO SULL'AUMENTO DELLE SPESE MILITARI EUROPEE - FONTI VICINE A PALAZZO CHIGI: “AD OGGI NON CI È STATO COMUNICATO NULLA”

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Marcello Sorgi per “la Stampa” - Estratti

 

 

meloni trump g7 canada

Mai come questa volta e in queste stesse ore il destino del governo è nelle mani e nella mente di Trump, che alterna messaggi di guerra a ultimatum di resa, che servirebbero agli Usa proprio per sottrarsi a un intervento diretto in Iran.

 

L'imbarazzo di Meloni, che ieri, di ritorno dal G7, ha cercato di prendere tempo, è evidente, così come quello del ministro degli Esteri Tajani.

 

Cosa succederebbe infatti se gli americani decidessero di partecipare direttamente al conflitto in Iran, e le loro basi italiane, e non solo dato che nel passato recente sono state usate anche le basi Nato, entrassero nei piani dell'intervento Usa? 

GIORGIA MELONI CON DONALD TRUMP NELLO STUDIO OVALE

 

 

(...)

Ma sul piano politico e per quanto riguarda gli effetti di una simile eventualità, è chiaro che il governo dovrebbe presentarsi al Parlamento per informare dei rischi e delle cautele prese per evitare, ad esempio, di beccarsi un missile iraniano, visto che gli Ayatollah, a giudicare dal discorso della guida suprema Khamenei a Teheran, non sembrano affatto disposti ad arrendersi senza condizioni.

 

La guerra in Iran, come quelle in Ucraina e in Medio Oriente, insieme con le divergenze su una materia delicata come la politica estera, stanno purtroppo non del tutto inaspettatamente diventando occasione di propaganda e di scontri polemici, tra governo e opposizione e non soltanto. All'interno della maggioranza infatti, è Salvini a distinguersi e ad aspettare al passo la premier di fronte a un'opinione pubblica spaventata dall'incubo della «Terza guerra mondiale a pezzi», come con lucidità visionaria l'aveva definita Papa Francesco.

ali khamenei trump

 

(...)

 

 

I DUBBI DEL GOVERNO SULL'USO DELLE BASI ITALIANE

Francesco Malfetano per la Stampa - Estratti

 

Da possibile ponte diplomatico tra Washington e Bruxelles a base logistica per un eventuale attacco americano contro l'Iran.

meloni trump g7 canada

 

Per ora è meno di un'ipotesi, ma lo scenario di un intervento diretto degli Stati Uniti nel conflitto tra Israele e Iran preoccupa molto il governo italiano. In primis (per motivi geografici) per le nostre truppe dislocate in Libano e in Iraq, in secondo luogo perché potrebbe provocare un coinvolgimento delle basi dislocate nella Penisola.

 

Nel nostro Paese si contano infatti circa 120 strutture – numero da prendere con cautela, considerata la segretezza che avvolge alcune strutture – tra quelle a comando diretto statunitense, quelle Nato e quelle "miste", gestite congiuntamente da Alleanza Atlantica, Roma e Washington.

ali khamenei trump

 

Basi che sono considerate hub logistici strategici verso il Mediterraneo e il Medio Oriente, sempre più centrali negli scenari internazionali. E infatti, secondo fonti italiane, nelle ultime settimane si è registrato un incremento significativo dell'attività militare in alcuni presidi chiave come Sigonella, Aviano e Amendola. Un movimento analogo a quello osservato anche in basi italiane, dove l'attenzione è salita e i controlli in ingresso sono stati irrigiditi.

meloni trump g7 canada

 

Si tratta di misure che rientrano nella "normale prassi" in un contesto geopolitico così teso, e che comunque sfuggono alla piena giurisdizione italiana: le basi Usa rispondono a Washington, quelle Nato al Comando supremo delle forze alleate in Europa, oggi in transizione tra il generale Cavoli e il suo successore Alexus G. Grynkewich.

 

Non è un caso se per ora il governo continua a mostrarsi in attesa. «Non posso rispondere adesso - ha non a caso detto Giorgia Meloni a margine del G7 in Canada -.

 

Quando accadrà convocheremo le persone che dobbiamo convocare e prenderemo le nostre decisioni».

 

Difficile però immaginare che, in caso di richiesta esplicita dagli Usa, Roma possa sottrarsi. A maggior ragione pensando al pressing americano sull'aumento delle spese militari europee, mosso accusando gli alleati di vivere geopoliticamente sulle spalle a stelle e strisce.

 

DONALD TRUMP - G7 A KANANASKIS IN CANADA

Ad oggi, però, «non ci è stato comunicato nulla» certificano fonti ai vertici del nostro esecutivo che preferiscono restare anonime. Per questo le dichiarazioni della ministra spagnola Margarita Robles, che ha confermato l'arrivo di bombardieri e aerei cisterna statunitensi nelle basi di Moron e Rota, sono considerate «inutili fughe in avanti». Del resto, spiegano ancora le stesse fonti, il ruolo delle basi italiane ed europee sarebbe in ogni caso secondario.

 

Gli Stati Uniti dispongono già di una capillare presenza militare in Medio Oriente, con truppe operative in Egitto, Giordania, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

 

L'obiettivo italiano, così come quello europeo, resta invece quello della de-escalation. È quanto emerso anche al G7 in Canada, dove i leader occidentali hanno ribadito la volontà di raffreddare la tensione tra Teheran e Washington. In questo senso si inserisce l'iniziativa diplomatica del ministro degli Esteri Antonio Tajani – in coordinamento con Meloni – che in queste ore ha provato a rilanciare i contatti per far ripartire il negoziato sul nucleare condotto dall'Oman e sostenuto dall'Italia, come dimostrano i due round già ospitati a Roma.

 

(…)

 

 

 

FOTO DI GRUPPO AL G7 DI KAnanaskis IN CANADA