DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
(AGI) - Resta "tutto da provare se, come e quando il dato della minore eta' di Karima El Mahroug venne portato a conoscenza di Silvio Berlusconi prima della sera del 27 maggio 2010", cioe' quando la giovane marocchina, piu' conosciuta come Ruby, venne fermata dalla polizia perche' accusata da un'amica convivente di averle sottratto del denaro.
E' un passo della motivazione della sentenza con cui il 10 marzo scorso i giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione hanno confermato l'assoluzione dell'allora premier dai reati di prostituzione minorile e concussione aggravata decisa dalla corte d'appello di Milano il 18 luglio 2014. - "La sentenza in verifica evidenzia - si legge tra l'altro nelle motivazioni - l'ambivalenza dei rapporti tra il giornalista Emilio Fede e Berlusconi sottolineando che i sentimenti di amicizia che il primo nutriva verso il secondo non erano totalmente disinteressati, ma erano motivati anche da opportunita' di ritorno economico, che si materializzavano nell'ambito di quel sistema di spregiudicati intrattenimenti presso Villa San Martino ad Arcore, a margine dei quali si approfittava anche della disponibilita' del padrone di casa, cui non mancavano cospicue risorse finanziarie, a soddisfare determinate richieste di aiuto da parte dei suoi amici".
La Cassazione pone in risalto cosi' il senso delle telefonate intercorse tra Fede e Lele Mora, agente del mondo dello spettacolo, "entrambi sovente presenti alle serate di Arcore e direttamente interessati alle stesse: i due, allegando le gravi difficolta' economiche in cui versava Mora e agendo in sinergia tra loro, avevano convinto il facoltoso amico ad erogare al predetto una notevole somma di denaro; parte non trascurabile di questa era stata, pero', girata a beneficio proprio di Fede, che l'aveva pretesa quale prezzo della sua mediazione".
Dunque, "accertato l'interesse personale e utilitaristico di Fede ad alimentare e preservare il sistema delle 'disinvolte e spregiudicate' serate ad Arcore, la corte d'appello di Milano - spiega la Cassazione - ritiene che nulla induceva ad accreditare l'ipotesi accusatoria secondo cui Fede, in contrasto con i propri interessi, avrebbe rivelato a Berlusconi la minore eta' della giovane marocchina, mettendo cosi' a rischio, almeno in astratto, la partecipazione della stessa alle serate, che lo stesso Fede, tramite l'amico Mora, promuoveva e incentivava".
MINETTI FEDE MORA BERLUSCONI RUBY BUNGA
( Recependo le conclusioni dei giudici di secondo grado, la Cassazione spiega che Berlusconi diventa consapevole della minore eta' di Ruby (che aveva gia' preso parte ad almeno otto serate ad Arcore) soltanto quella sera del 27 maggio 2010, quando la ragazza viene portata in questura per accertamenti e l'allora premier contatta telefonicamente Pietro Ostuni (capo di gabinetto del questore di Milano) per riferire che Ruby gli era stata segnalata come nipote dell'allora presidente egiziano Mubarak e che poteva essere affidata alla consigliera regionale Nicole Minetti.
Perche' vi sia il reato di concussione, sottolineano i giudici della Suprema Corte, "e' necessario dimostrare che il pubblico ufficiale abbia abusato della qua qualita' o dei suoi poteri, esteriorizzando concretamente un atteggiamento idoneo a intimidire la vittima, tanto da incidere negativamente sulla sua integrita' psichica e sulla sua liberta' di autodeterminazione. Di tutto cio' non c'e' prova". Da parte di Silvio Berlusconi, insomma, non "c'e' stato alcun abuso costrittivo": l'ex premier, come riferito dallo stesso Ostuni, "si limito' a segnalare il caso" di Ruby e "a indicare la persona che, portandosi in Questura, si sarebbe potuta far carico della ragazza minorenne fermata.
Ne' puo' concretamente ravvisarsi efficacia induttiva nel riferimento fatto da Berlusconi all'asserita parentela della giovane con il presidente egiziano, circostanza rivelatasi, nel breve volgere di qualche minuto, falsa e quindi priva di qualunque idoneita' ad ingannare il funzionario e ad indurlo a soddisfare la richiesta rivoltagli. Berlusconi - si legge nelle motivazioni - lucidamente si limito' a fornire un'apparente giustificazione alla sua richiesta, non potendo anch'egli ragionevolmente assegnare alla falsa rappresentazione alcuna efficacia ingannatoria, essendo di assoluta evidenza che la circostanza sarebbe stata subito smentita, non appena sottoposta a controllo".
Secondo i giudici, "il meccanismo motivazionale che, a seguito dell'intervento di Berlusconi, oriento' la condotta di Ostuni viene individuato nella combinazione sinergica di piu' fattori, quali timore riverenziale o autoindotto, timore di non sfigurare, mera compiacenza". E del resto lo stesso funzionario di polizia "ha escluso di essere stato destinatario di un ordine cogente, da lui avvertito come ineludibile".
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