DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Carlo Tecce per “il Fatto Quotidiano”
FEDERICA MOGHERINI IN SPIAGGIA FOTO DA OGGI
E chi l’andava a dire a Washington? Questo è il problema. E chi rassicurava i paesi ex sovietici ? Questo è il problema più grosso. Dove non poté l’inesperienza, può la sintonia tra Federica Mogherini e lo zar Vladimir Putin bloccare l’investitura per il ministro italiano come alto rappresentante per la politica estera di Bruxelles. Forse l’etichetta di putiniana è eccessiva, ma il governo di Renzi (benedetto dagli Stati Uniti) e la Farnesina hanno indugiato troppo e troppo spesso su Mosca. Dall’inizio.
Il primo marzo, un sabato, il giovane esecutivo si godeva un giovane fine settimana: palazzo Chigi deserto, centralini sotto assedio, vampe di guerra in Crimea, ansie diplomatiche. Ma l’Italia non interviene, neanche una parola.
FEDERICA MOGHERINI IN SPIAGGIA FOTO DA OGGI
Il 2 marzo, una domenica, Matteo Renzi riunisce i ministri a Palazzo, posto riservato alla titolare degli Esteri, la fidata (da poco) Federica che ha strappato l’incarico a Emma Bonino, nonostante le preferenze di Giorgio Napolitano. Colloqui rapidi e un comunicato interlocutorio, talmente evanescente che a Bruxelles (e soprattutto a Washington) non capiscono la posizione di Roma. Palazzo Chigi non evoca sanzioni economiche per Mosca, non indossa l’elmetto (simbolico) e consegna all’Unione Europea i suoi generici timori: “La Russia rispetti la sovranità ucraina”.
Sempre il 2 marzo, di sera, Barack Obama fa un giro telefonico per l’Europa, carezza l’amica Londra, blandisce Berlino, Varsavia e Bruxelles. Italia ignorata. Al secondo giro, sabato 8 marzo, tocca a Renzi. E la Mogherini, chiamata telefonista per la capacità di rispondere a Matteo e di indirizzarlo nel mondo, che fa? Professa dialogo, non considera ritorsioni (in denaro) contro Mosca, poi va a Bruxelles e si corregge.
FEDERICA MOGHERINI IN SPIAGGIA FOTO DA OGGI
Gli americani sanno che se il cuore italiano, o quel che resta di un retaggio storico, è saldamente a Washington, il portafogli sta a Mosca: l’energia, i miliardi, il gas. Il ministro non impone mai deviazioni all’asse Roma-Mosca che rimanda a Silvio Berlusconi in vacanza nella dacia di Putin, non alimenta dubbi, non contempla traslochi strategici. E ogni volta che commenta, ogni volta esprime desideri, formula auguri, solite speranze: “Il governo italiano ha la consapevolezza che il rapporto di Unione Europea e comunità internazionale con la Federazione russa debba essere di sodalizio per le crisi mondiali: Siria, Libia, Iran, Libano e Afghanistan”.
Un ragionamento che non fa difetto a una logica geopolitica, ma che indebolisce la fermezza di Europa e Stati Uniti che si agitano e scalciano mentre Vladimir Putin strappa la Crimea a Kiev o ammassa soldati al confine ucraino. Stavolta, l’abile Federica ha sbagliato i tempi e, assieme ai tempi, i modi. E stupisce. Perché la Mogherini ha un percorso da funzionaria di partito - spesso in segretaria nazionale, prima con Franceschini e poi con Renzi – che potrebbe confluire in un manuale di tattica politica.
Eppure ha commesso un errore marchiano: appena l’Italia ha assunto la guida per il semestre europeo, la scorsa settimana, la Mogherini è andata in visita a Mosca dopo una tappa a Kiev. E non basta. Ha riesumato il progetto per il gasdotto South Stream che manda in solluchero Mosca perché permette di aggirare l’Ucraiana e poi ha invitato Putin all’incontro asiatico-europeo di Milano a ottobre, lo stesso Putin sospeso per il G8 di Bruxelles a giugno.
Il sospetto dei paesi ex sovietici ha contaminato la stampa mondiale. Ieri i quotidiani Wall Street Journal, Der Spiegel e Le Monde hanno inchiodato la Mogherini che non segue la linea di Bruxelles (e di Washington) e, dunque, non può essere l’ambasciatrice di 28 paesi. Ancora ieri, Merkel e Obama hanno ringhiato contro la Russia. Renzi insiste perché vuole pesare il partito democratico nei socialisti europei e Mogherini ha spinto l’ingresso del Nazareno nel Pse.
In questi giorni, mentre a Bruxelles la valutano, la Mogherini è in viaggio tra Palestina e Israele, ci manca che l’Europa la rimproveri per la fotografia (rilanciata dal Wall Street Journal, ndr) con Yasser Arafat da fresca laureata in Scienze Politica (tesi sull’Islam). Renzi l’ha messo in testa a un elenco che prevede Massimo D’Alema in panchina, già in riscaldamento, e pronto a subentrare. Come il lìder màximo, Federica ha un sentimento arabeggiante. Ha vissuto di tattica, ora la tattica l’ha fregata.
Era il megafono dei ragazzi al liceo Lucrezio Caro di Roma, zona Ponte Milvio, non periferia. Ha preso una tessera dei giovani comunisti e poi l’ha tenuta rincorrendo le infinite conversione e, mentre osservava i capi che smarrivano il potere, anche Federica si convertiva. Quando Piero Fassino stava per tumulare i Democratici di Sinistra, Federica era già una tifosa di Walter Veltroni (il marito curava la comunicazione istituzionale in Campidoglio). Quando Veltroni s’è dimesso, Federica l’aveva già rinnegato scoprendo l’efficacia di Dario Franceschini.
Quando Pier Luigi Bersani sfidava il sindaco di Firenze alle primarie, la dirigente democratica Federica – deputata in cerca di nuova legislatura – bocciava lo spavaldo di Rignano: “Renzi ha bisogno di studiare un bel po’ di politica estera... non arriva alla sufficienza”. Troppo semplice capire come sia finita durante il passaggio tra Enrico Letta e Matteo Renzi e chi abbia scelto la scafata Federica.
Reliquia di un giovanilismo veltroniano in coppia con Marianna Madia, eletta in Emilia Romagna per non affrontare le “parlamentarie” democratiche, Federica Mogherini ha aspettato l’ascesa di Matteo e l’ha braccato. Poi non ha aspettato più, e ha rischiato tutto.
merkel e putin alla finale dei mondiali al maracana
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