TOGHE ROTTE - ENNESIMO FRONTE DI SCONTRO TRA BRUTI E ROBLEDO: LA POLIZIA GIUDIZIARIA - IL PM NON USAVA LE FORZE DELL’ORDINE DELLA PROCURA, MA UN NUCLEO DELLA GUARDIA DI FINANZA DI CUI SI FIDAVA

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Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"

I motivi di attrito non sono «solo» le due inchieste su Expo, l'affidamento del caso Ruby al pm Boccassini, la tempistica delle indagini San Raffaele-Formigoni e Sea-Gamberale nel dipartimento economico del pm Greco, o il favorevole trattamento riservato al giornalista Sallusti e solo da lì in poi formalizzato in regola valida per tutti i condannati nella stessa sua situazione:

dall'ultima lettera inviata lunedì dal procuratore Edmondo Bruti Liberati al Csm, infatti, si scopre che c'è un nuovo fronte - sensibilissimo perché investe l'uso delle varie possibili polizie giudiziarie - nell'aspra dialettica che lo oppone al procuratore aggiunto Alfredo Robledo dal 16 marzo.

Da quando cioè il capo del pool reati contro la pubblica amministrazione in un esposto ha denunciato al Csm l'asserita violazione tabellare dei criteri adoperati da Bruti per (a suo avviso) sottrarre alla competenza del suo pool i fascicoli più delicati, e dirottarli invece sui pool antimafia ed economia dei vice di maggior fiducia di Bruti, e cioè Boccassini e Greco.

Bruti, infatti, scrive al Csm che «le mie ripetute indicazioni orali al procuratore aggiunto Robledo sull'impiego della polizia giudiziaria sono state disattese», perché Robledo «non utilizza l'alta professionalità della sezione di polizia giudiziaria presso la procura», definita «fiore all'occhiello» nei casi Ruby (aliquota della polizia di Stato) o Formigoni-Maugeri (aliquota della GdF): «Robledo - lamenta Bruti - delega pressoché costantemente solo una struttura della GdF di Milano, la Sezione Tutela Mercati», non usa la sezione di Procura, e - ecco la novità - «è entrato più volte in contrasto con la Squadra Mobile della Polizia diretta dal dott. Alessandro Giuliano (figlio di Boris, il capo della Squadra Mobile di Palermo ucciso nel 1979 dal boss Leoluca Bagarella, ndr ), il cui livello di professionalità è ben noto».

A cosa si riferisca, Bruti non lo specifica. I colleghi di Robledo negano che egli abbia mai avuto contrasti personali con Giuliano, superiore di un funzionario della Squadra Mobile che per conto di pm del suo pool svolse una delicata e sfortunata inchiesta su poliziotti che rubavano droga: fascicolo abortito in una archiviazione dopo che si erano rotte quattro delle cinque auto sulle quali erano state piazzate microspie volte a captare ulteriori intuite complicità.

Più in generale, invece, e da ultimo nella fase iniziale di una indagine su falsi verbali stesi da agenti Polfer, Bruti avrebbe mal tollerato la scelta di Robledo di incaricare, per indagini su uomini di una certa forza dell'ordine, investigatori di una diversa forza dell'ordine: senza cioè sposare il tacito bon-ton istituzionale che rende ciascuna arma gelosa di fare pulizia in casa propria.

Dissenso tra i due sarebbe spesso nato anche sull'opzione di Robledo di talvolta vietare agli investigatori operativi di anticipare alle loro alte gerarchie la vigilia di alcuni futuri delicati atti d'indagine a sorpresa.

Con il capo della Mobile, invece, tutt'altro genere di problema, modesto ma puntuto, sarebbe insorto proprio di recente, in un fascicolo sull'assenteismo di due medici di un ospedale milanese.

In un «appunto per il procuratore» consegnato a Bruti, il capo della Mobile avrebbe segnalato l'apparente duplicazione tra polizia e carabinieri della medesima vicenda (poi riunita in capo al pm Filippini che l'ha già istruita e definita), aggiungendo di aver «informalmente» appreso che a delegare i carabinieri fosse stato Robledo, capo proprio di Filippini che lavorava con la polizia.

Dato inesatto: perché la delega ai carabinieri proveniva in realtà dal collega Targetti, al quale il fascicolo era stato mandato da Robledo per la registrazione iniziale.

 

EDMONDO BRUTI LIBERATI ALFREDO ROBLEDO jpegGUARDIA DI FINANZAPOLIZIA DI STATO Tribunale di Milano