DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA…
1. L’ARTICOLO DI DAGOSPIA DEL 1 AGOSTO: DELRIO ROTTAMATO, PER LUI SI PREPARA LA POLTRONA DELL’EMILIA ROMAGNA
2. DELRIO TORMENTATO ORA MEDITA L’ADDIO E PENSA ALL’EMILIA
Ugo Magri per “La Stampa”
La poltrona vacante della Mogherini, e forse non solo quella. Può accadere che nel governo si liberi a breve un’altra casella, meno prestigiosa nelle gerarchie del Cerimoniale ma sul piano operativo altrettanto importante, perché di lì transitano tutti i dossier: quella di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, occupata da Graziano Delrio. Secondo voci rimbalzate dalla sua terra, Reggio Emilia, il braccio destro del premier non respingerebbe affatto una candidatura alla presidenza della regione, nel posto che fu di Errani, qualora su di lui venisse fatta pressione dall’alto e dal basso.
Anzitutto dal suo amico Renzi. Che nel caso fosse d’accordo non potrebbe limitarsi a una pacca sulle spalle, accompagnata da un simpatico «in bocca al lupo»: Matteo dovrebbe esercitare tutto il peso della sua leadership per spianargli la via. E in fretta, perché restano solo 7 giorni per formalizzare l’eventuale candidatura Delrio alle primarie Pd. Già la corsa è lanciatissima, con i due principali competitor (5 in totale) che si danno battaglia sulle tivù locali. Uno è Matteo Richetti, l’altro Stefano Bonaccini.
Il primo ha appena accusato l’avversario, che gli ha risposto a tono, di incarnare l’«establishment», il vecchio apparato. Siamo solo all’inizio. Molti stracci voleranno di qui al 28 settembre, data delle primarie. Non che il Pd rischi di perdere le elezioni di metà novembre: in Emilia Romagna è follia pensarlo. Però lo scontro può causare danni d’immagine, tanto più che entrambi i duellanti sono renziani della prima ora. Una spiacevole guerra fratricida.
Se Delrio scendesse in pista, come invoca un gruppo di sindaci capitanati da Marcello Moretti, primo cittadino di Sant’Ilario, magari riporterebbe la pace tra i «rottamatori». Però Renzi dovrebbe trovare gli argomenti giusti per far ritirare quei due. Soprattutto, dovrebbe congedare il suo collaboratore più stretto. Lo farà?
LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI GIANNI LETTA
Se si dà retta alla pentola di fagioli che bolle ininterrottamente da mesi nulla è da escludere. I rapporti Renzi-Delrio risultano a un minimo storico. Il sottosegretario ha perso progressivamente voce in capitolo. Certi suoi amici ne hanno appena raccolto uno sfogo che dice tutto: «Ormai conto meno di Verdini», fidatissimo ambasciatore berlusconiano... Di qui una certa propensione a cambiare aria (il nome di Delrio ricorre in tutti i «totoministri» dell’ipotetico rimpasto).
Peraltro, fonti autorevoli del Palazzo assicurano che Renzi è in fase di recupero. Prova ne sia la visibilità concessa a Delrio durante la presentazione del piano «Millegiorni», l’incarico di occuparsene insieme con la Boschi, le pubbliche carezze («voi sapete, è il mio fratello maggiore...»), quasi a stemperare le incomprensioni.
Comunque vada, la vicenda dà la misura di quanto sia duro contemperare le fatiche da premier con quelle di segretario Pd. Un doppio incarico contro cui ha sparato a zero D’alema, dalla Festa dell’Unità a Bologna: «In questo modo il partito finisce per avere una vita molto stentata». E il governo pure, accusa l’ex-premier: «I risultati per ora non sono soddisfacenti. Renzi è molto attivo, ma i cittadini avrebbero qualche difficoltà a fare l’elenco dei ministri». Affondo pure sui marò, «una vicenda umiliante per l’Italia»: lassù qualcuno si dia da fare.
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