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Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
Le mani su 50 milioni di euro ( in liquidità) e sui cento immobili da Trento a Catania. Resa dei conti finale sul mitologico patrimonio della fondazione An stimato con molta approssimazione in 180 milioni. Troppi per restare in cassaforte in tempi di magra per i partiti. L’accelerazione arriva dalla cordata di sei quarantenni venuti allo scoperto ieri e dietro i quali si scorgono noti cinquantenni e over, da Alemanno a Bocchino, da Menia a Consolo con l’ombra sovrastante di Gianfranco Fini. Tutti pronti a trasformare la fondazione nel nuovo partito della destra, oltre Fratelli d’Italia, ma soprattutto fuori dall’egemonia di Salvini (e di Berlusconi).
L’altra fetta di ex An è in rivolta. Meloni in testa e Gasparri e Matteoli a seguire, pronti a dare battaglia nell’assemblea dei lunghi coltelli in programma domani e domenica. Con tanto di voto finale.
A surriscaldare il clima il rendiconto di quanto avvenuto in questi quattro anni di esistenza della fondazione: dal 2011 ad oggi 28 milioni di euro sarebbero già evaporati tra campagne elettorali di consiglieri comunali e regionali ex An, manifestazioni politiche e culturali di area, mentre 4 milioni sarebbero finiti in parcelle legali per la guerra di carte bollate dell’infinita diaspora, facendo la fortuna di una nicchia di avvocati (di area anche quelli). Tanto che il deputato oggi fittiano Massimo Corsaro, milanese, vuole vederci chiaro e sapere dove siano andati a finire quei pacchi di soldi a sei zeri, con una mozione con cui chiederà regole certe nella gestione.
gianfranco fini elisabetta tulliani
Battaglia finale, dunque, ma con risvolti politici stavolta, oltre che finanziari e legali. Alla conferenza stampa dei sei quarantenni ieri era presente Gianni Alemanno (fresco di archiviazione dell’accusa per mafia, non di quelle di corruzione e finanziamento illecito nel processo Mafia capitale) e Italo Bocchino, che spiega: «Qui ci sono i miei amici, non sto in prima fila ma ci sono». Isabella Rauti, consorte di Alemanno, invece non è affatto convinta della “riesumazione” della destra e non segue a ruota. Per non dire di Donna Assunta Almirante, che hanno sentito lanciare fulmini e strali contro «un’operazione che non ha nulla di ideologico, mirata solo ad appropriarsi del tesoro».
GIUSEPPE CONSOLO E MOGLIE NATASHA CONSOLO
Sta di fatto che su 780 aventi diritto al voto (ma meno della metà hanno rinnovato l’iscrizione) in 293 hanno già firmato il documento che punta alla trasformazione della fondazione in una sorta di An 2.0. Con ri-discesa in campo di Fini? Giorni fa ha siglato un editoriale sul sito “Liberadestra” per sottolineare che il futuro non può essere il “lepenismo” di Salvini (né ancora Berlusconi). Raccontano abbia ricevuto e incontrato parecchi di questi attivi quarantenni e non solo, negli ultimi giorni. Contattato, lui però si schermisce: «Non ci sarò domenica, non sono nemmeno iscritto alla Fondazione, leggerò i risultati del voto, non aggiungo altro».
giorgia meloni
maurizio gasparri
Ma perché dare vita a un nuovo partito quando «ci siamo noi già in campo» va ripetendo senza darsi pace Giorgia Meloni, dalla barricata opposta. Il sospetto di Maurizio Gasparri e Altero Matteoli, registi di un’altra mozione anti “nuova destra”, è che la mossa porti lo stampo antiberlusconiano di Fli. «Siamo contrari all’uso politico del patrimonio attacca il vicepresidente del Senato- e se le cose dovessero degenerare, meglio restituire tutto allo Stato: dopo gli scandali di Montecarlo e Roma, la destra non può permettersi ambiguità». La soluzione pensa di averla in tasca Ignazio La Russa (Fdi), sotto forma di mozione-mediazione: un congresso di Fratelli d’Italia, aperto per metà ai soci della Fondazione, e lì poi decidere che fare. Ma i quarantenni non abboccano. Francesco Storace sbotta: «Basta caccia al tesoro». Ma il tesoro c’è e fa gola a tutti.
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