DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Ilario Lombardo per la Stampa
«Tutti tranne Forza Italia». C’è un limite anche alle intenzioni concilianti ed ecumeniche di Luigi Di Maio, disposto a coinvolgere tutti nella scelta dei presidenti di Camera e Senato. Quasi tutti. Sì, perché nel M5S, ieri, è stato il panico, dopo aver saputo della volontà della Lega di lasciare il Senato ai berlusconiani, unica vera bestia nera per i grillini. Nello specifico, al capogruppo uscente, Paolo Romani. Una prova di lealtà verso l’alleato, da parte di Matteo Salvini, che sa anche molto di tattica. Perché il leader leghista ha già in mano un accordo con i 5 Stelle per la spartizione delle presidenze, e potrebbe fare a meno di Fi.
Un accordo, che nonostante le smentite di Di Maio, diventerebbe l’anticamera del governo più temuto dall’Unione europea. Un governo - questa è la novità delle ultime ore - non solo finalizzato a cambiare la legge elettorale, come sembrava fino all’altro ieri, ma con l’ambizione di arrivare fino alla fine del mandato di cinque anni. Il M5S si sta convincendo che il ritorno alle urne dopo mesi a dibattere in un Parlamento avvitato alla ricerca di una legge elettorale, sarebbe un danno d’immagine enorme. Anche perché la Lega è stata chiara: «Vogliamo il premio alla coalizione» ha detto Salvini. I grillini sono sempre stati convinti che un’intesa si sarebbe trovata, magari sul Mattarellum o su sistemi maggioritari simili.
matteo salvini archivio fotogramma
Ma ora avrebbero cambiato idea, spinti anche dalla paura di perdere contro un listone di centrodestra. Anche perché dopo il voto se il M5S è salito nei sondaggi, la Lega è andata ancora più su. Meglio un governo pieno, di programma, sui punti condivisi con il Carroccio: una soluzione che accontenterebbe anche il Colle, da sempre convinto di evitare nuove elezioni.
Fonti del M5S confermano che il Pd, nonostante i continui rifiuti, continua a essere la prima scelta, ma anche che tutto potrebbe cambiare dopo le votazioni sulle presidenze. Se il Pd insisterà a snobbare un sostegno a un governo del M5S, Di Maio comincerà seriamente a parlare con Salvini, che a quel punto dovrà aver risolto le sue grane di coalizione. «Ma per il Senato Salvini deve scegliere, o noi o Forza Italia», è stato il ragionamento del leader.
berlusconi convention forza italia 2017
Il paradosso è che è proprio Di Maio a levare di torno, in un sol colpo, due nomi poco graditi al leghista. Il capo politico del M5S, ribadendo il metodo, avverte che «saranno considerate inaccettabili le proposte di candidati, per qualsiasi carica istituzionale, che siano condannati o sotto processo».
Senza citarli, Di Maio mette nel mirino Romani di Fi e Roberto Calderoli della Lega. Sono i due nomi in lizza per lo scranno più alto di Palazzo Madama. Entrambi inseguiti da guai giudiziari. Romani ha una condanna in primo grado per peculato, Calderoli rischia di ripiombare in un processo per odio razziale, dopo aver offeso l’ex ministro Cécile Kyenge, se la Corte Costituzionale deciderà di riaprirlo, come sembra.
MAURIZIO MARTINA ALLA DIREZIONE DEL PD
Il veto su entrambi, comunque, potrebbe celare l’altra mossa che ha in serbo il M5S: offrire una camera al Pd, ipotesi già paventata da Renato Brunetta al capogruppo grillino Danilo Toninelli. Per i forzisti sarebbe un gesto di cortesia per le opposizioni che spezzerebbe l’asse grillo-leghista. In realtà, i 5 Stelle vorrebbero dare il Senato al Pd per sottrarlo ai forzisti e lasciare Silvio Berlusconi fuori gioco. Perché Di Maio, che entro oggi sentirà nuovamente tutti i capi partito, ci tiene a preservare un metodo: «Vogliamo coinvolgere tutti, naturalmente riconoscendo il peso specifico di ogni vincitore. Noi con il 36% dei seggi alla Camera dei Deputati rivendichiamo il diritto alla Presidenza dell’Aula». Fi, invece, è il quarto partito.
VINCENZO SPADAFORA LUIGI DI MAIO
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