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Marta Serafini per corriere.it
Il Venezuela di nuovo al buio. Un nuovo blackout è cominciato alle 16.40 locali (le 22.40 ora italiana) ed è durato sette ore interessando, tra l’altro, l’approvvigionamento idrico, i servizi di trasporto pubblico e i collegamenti telefonici. Ad essere colpita, in particolare, la capitale Caracas, ma interruzioni di elettricità sono state segnalate in tutti e 23 gli stati venezuelani.
L’ultimo blackout di queste dimensioni — l’apagon, come lo chiamano i venezuelani — si era registrato il 10 aprile, ma le interruzioni del servizio elettrico si verificano quasi quotidianamente negli Stati di Trujillo, nell’ovest, e di Zulia, al confine con la Colombia. Il governo del presidente Maduro accusa di sabotaggio le opposizioni e l’amministrazione statunitense di Donald Trump, mentre le opposizioni puntano il dito contro quella che definiscono la cattiva gestione e la corruzione nel ministero dell’Energia elettrica.
Il leader dell’opposizione autoproclamatosi presidente ad interim, Juan Guaidó, ha invitato i venezuelani a partecipare oggi alle manifestazioni indette in tutto il Paese. Via Twitter Guaidó ha sostenuto che «hanno cercato di nascondere la tragedia con razionamenti in tutto il Paese, però il fallimento è evidente: hanno distrutto il sistema elettrico e non hanno risposte». «Domani (oggi, ndr.) - ha proposto - partecipiamo con forza alle assemblee nelle strade. Come venezuelani non ci abitueremo a questo disastro». D’altro canto gli uomini di Maduro parlano di «un attacco elettromagnetico». Lo ha dichiarato il ministro della Comunicazione venezuelano, Jorge Rodriguez.
A subire i disagi, la popolazione civile. «E’ orribile, è un disastro», ha raccontato Reni Blanco, insegnante di 48 anni all’Ap mentre si univa alla folla che si è riversata in strada dopo l’interruzione di elettricità. «Senza luce non abbiamo nulla », ha commentato Maria Teresa Gonzalez, preoccupata per la carne congelata in freezer. Jose Aguilar, un esperto di energia venezuelano e consulente per Guaidó ha affermato che le centrali elettriche alternative che funzionano con gasolio e gas non sono in grado di fare la differenza. Si stima inoltre che dall’interruzione di marzo il paese abbia perso circa 1.200 Megawatt di energia termica, ovvero circa il 40% della sua capacità di generazione termica all’inizio dell’anno, mentre il governo sovraccarica il fragile sistema nel disperato tentativo di accendere le luci a Caracas e in altre città.
E mentre la situazione torna gradualmente alla normalità è atteso per oggi l’incontro del Gruppo di Lima, l’insieme dei paesi americani particolarmente critico nei confronti del governo di Nicolas Maduro, torna oggi a riunirsi in Argentina per «continuare a coordinare gli sforzi per il recupero della democrazia in Venezuela». All’appuntamento, ospitato a Buenos Aires dal ministro degli Esteri argentino Jorge Faurie’, partecipano i rappresentanti di Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Perù, Canada, Honduras, Panama, Paraguay e Santa Lucia. Come osservatori ci saranno l’Ecuador e, per la prima volta, El Salvador. Ai lavori parteciperà in videoconferenza il presidente dell’Assemblea nazionale (An), l’oppositore e autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò, e il «rappresentante» del Venezuela da questi nominato, Julio Borges
maduro manda i blindati sulla folla
La crisi in corso in Venezuela ha visto un’escalation dopo che lo scorso 23 gennaio Guaidó ha prestato giuramento come capo dello Stato «ad interim». Subito dopo sono arrivati i riconoscimenti, tra gli altri, del presidente degli Stati Uniti Trump, del brasiliano Jair Bolsonaro e del segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) Almagro. Si sono aggiunti poi altri paesi latinoamericani, tra i quali l’Argentina, il Cile, la Colombia e il Perù. Guaidó ha quindi ottenuto il riconoscimento di molti paesi europei. Al fianco di Maduro, denunciando pesanti ingerenze negli affari interni del Venezuela, rimangono la Bolivia, Cuba ma anche la Turchia, la Federazione Russa e la Cina. Il 30 aprile, alle prime luci dell’alba, Guaidó chiamava il paese a una nuova mobilitazione generale contro il presidente Nicolas Maduro.
venezuela scontri tra i manifestanti e la polizia dopo la chiamata alla rivolta di juan guaido' 12
Al suo fianco, alcuni militari e il carismatico oppositore Leopoldo Lopez liberato dai domiciliari con la complicità’ di almeno un elemento del servizio di intelligence. Una mossa sostenuta con rinnovato vigore dal fronte internazionale a sostegno di Guaidó e che sembrava poter aprire una nuova fase nella crisi politica. Nel giro di poche ore, però, veniva svelato che il numero di militari pronti a lasciare Maduro era esiguo (e senza nessun nome di particolare richiamo) e che la base aerea inizialmente presentata come sede delle operazioni non era mai stata ai presa.
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