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“NESSUNO NEL M5S HA VALUTATO L'IMPATTO DELLA CRISI DI GOVERNO SUI MERCATI FINANZIARI E SUGLI EQUILIBRI GEOPOLITICI. CON LA CRISI RISCHIANO DI SALTARE GLI ADEMPIMENTI DI DICEMBRE DEL PNRR” - VERDERAMI: “NEL GIRO DI POCHI GIORNI, DOPO BORIS JOHNSON, PUTIN VEDREBBE USCIRE DI SCENA ANCHE IL CAPO DEL GOVERNO ITALIANO. CHE SONO STATI I PIÙ IMPORTANTI SOSTENITORI DELLA LINEA ATLANTISTA, IN DIFESA DELL'UCRAINA. MA LA POLITICA GRILLINA SI MUOVE SU BLOCCHI INTERNAZIONALI DIVERSI - NEL PD C'È CHI CONFIDA ANCORA CHE DRAGHI SI RAVVEDA: ‘SPERIAMO CHE VENGA CHIAMATO DA WASHINGTON E DA BRUXELLES E CHE MAGARI LO CONVINCANO A RESTARE’…”

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

CONTE DRAGHI

Dopo la telefonata con Conte, Draghi non si era soffermato più di tanto a capire se il leader grillino stesse davvero lavorando per convincere in extremis i suoi a dare la fiducia al governo, o se la sua fosse solo tattica. E siccome «più delle parole valgono i comportamenti», era deciso ad attendere l'esito del voto di oggi al Senato. Se il Movimento darà seguito alla decisione di uscire dall'Aula e non voterà insieme al resto della maggioranza il decreto Aiuti, il premier salirà al Quirinale e si dimetterà, formalizzando la richiesta che aveva già annunciato a Mattarella: non essere rinviato alle Camere.

DRAGHI PUTIN GAS

 

Draghi rifiuta l'idea di gestire un «non governo», di trasformarsi nel premier di un gabinetto balneare qualsiasi, esposto negli ultimi mesi di mandato ad ulteriori agguati e nuovi ultimatum. D'altronde è consapevole di essere vissuto dalla sua maggioranza come un intralcio: «Se i partiti potessero...», ha detto l'altro giorno troncando la battuta.

GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

 

Chi lo ascoltava non ha avuto bisogno di sentire il resto della frase per intendere. Non è ancora chiaro come terminerà la legislatura, se il capo dello Stato chiederà a Draghi di restare a Palazzo Chigi per l'ordinaria amministrazione in vista delle urne. Ma per quanto il premier ritenga che le forze politiche non siano ancora pronte alle elezioni, non ha calcolato la rapidità che mostrano quando in ballo c'è la loro sopravvivenza.

 

draghi putin

Infatti i partiti hanno iniziato a guardare al dopo Draghi, mentre Draghi non si è ancora dimesso. Nel Pd già si erano tenuti dei colloqui informali, durante i quali il segretario Letta auspicava si arrivasse alle elezioni «almeno dopo il varo della Finanziaria», mentre altri teorizzavano fosse meglio «andare al voto prima, per catalizzare i consensi». Sapendo di avere poche possibilità di vincere, tentano almeno di pareggiare. Al punto che persino l'area da sempre ostile al premier sussurra che «se Draghi se la giocherà bene potrà tornare dopo le elezioni».

 

MARIO DRAGHI BORIS JOHNSON SERGIO MATTARELLA

Sull'altro versante, i dirigenti più vicini alla Meloni hanno preso a fare i conti sui collegi, mentre i leader del centrodestra - come d'incanto - dopo un anno di liti furibonde hanno uniformato il tenore delle dichiarazioni.

 

Ieri la differenza tra Salvini e Berlusconi sugli sviluppi della crisi era solo tattica. Se il Cavaliere alla Stampa aveva detto di essere favorevole a un altro governo Draghi senza M5S, è perché voleva tendere una trappola ai grillini: spingerli a rompere con il governo, lasciar credere che non avrebbero pagato dazio con le urne, per poi virare verso il voto.

CONTE DRAGHI

 

Che in fondo è la soluzione auspicata da tutte le forze della coalizione: le elezioni impediscono la nascita di un rassemblement al centro e soprattutto evitano che si avvii il confronto per la modifica del sistema di voto. Con il Rosatellum pensano di avere la vittoria (e Palazzo Chigi) già in mano. Persino nell'ala irriducibile dei Cinqustelle le urne vengono viste come il male minore, visto che «almeno qualche seggio al Senato potremo pensare di conquistarlo». E tanto basta per descrivere la disperazione di chi quattro anni fa era entrato in Parlamento al seguito della maggiore forza nazionale.

mario draghi sergio mattarella

 

D'altronde è stato questo il tenore delle discussioni tra i grillini in questi giorni. Durante le riunioni del Movimento, nessun rappresentante dell'ala oltranzista - da quel che si è venuto a sapere - ha valutato nelle sue analisi l'impatto della crisi di governo sui mercati finanziari e sugli equilibri geopolitici in questo contesto di crisi internazionale.

 

Analisi che invece sono al centro delle valutazioni nel governo, perché «nel giro di pochi giorni - dopo il capo del governo inglese - Putin vedrebbe uscire di scena anche il capo del governo italiano. Certo, Johnson e Draghi sono personalità molto diverse, ma sono stati i più importanti sostenitori della linea atlantista, in difesa dell'Ucraina dall'aggressione russa». Ma la politica grillina si muove su blocchi internazionali diversi...

 

MARIO DRAGHI E GIUSEPPE CONTE

Ed è persino complicato spiegarlo ai partner europei, che - come racconta una fonte accreditata di Palazzo Chigi - fino al pomeriggio di ieri «non si erano resi conto della gravità della situazione politica a Roma». Proprio per questo nel Pd c'è chi - maledicendo la «linea suicida del campo largo» - confida ancora che Draghi si ravveda, «speriamo che venga chiamato da Washington e da Bruxelles e che magari lo convincano a restare.

 

Perché con la crisi rischiano di saltare gli adempimenti di dicembre del Pnrr. Quanto a noi verremo additati in Europa come quelli che si erano messi con i populisti». Che Draghi cambi idea appare complicato. Eppoi i partiti hanno già iniziato a fare altri calcoli, sui candidati, sui collegi, sulla data delle elezioni. È il Palazzo che balla sulle sue macerie.