DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, leggo l’ottimo articolo odierno di Filippo Ceccarelli sulla “Repubblica” e inorridisco. Apprendo difatti che per iniziativa dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini esiste a Montecitorio una “sala delle Donne”, ovvero una stanzuccia sulle cui pareti sono le foto delle donne arrivate ai vertici delle istituzioni politiche. Sì, avete capito bene.
giorgia meloni dopo il giuramento 14
Le foto di protagoniste quali la socialista Lina Merlin, la democristiana Tina Anselmi, l’italocomunista Nilde Iotti, la radicale Emma Bonino e adesso la nostra (è il presidente di tutti noi) Giorgia Meloni se ne stanno l’una accanto all’altra a tenersi compagnia. Da inorridire.
E’ del tutto ovvio che quei personaggi appartengono invece all’intera storia politico/parlamentare del nostro Paese e semmai alla storia di chi in questo Paese ha coperto cariche politiche di primo piano, la storia di cui fanno parte Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Aldo Moro e suo tempo Benito Mussolini. E’ in quella sequenza che le loro foto vanno inserite.
Che la Meloni sia la prima donna italiana a diventare capo del governo va sottolineato, certo. Lo fai una volta e basta così. Da quando l’ho avuta di fronte per la prima volta una ventina d’anni fa, che fosse una donna me ne ero accorto, ma non me ne importava più di tanto. Mi colpiva piuttosto che fosse già allora talmente ragazza vispa di parole e di pensiero. Mi interessava lei come persona, voglio dire.
E del resto le persone se donne o uomini le distinguo eventualmente sotto le lenzuola, in tutti gli altri casi della vita non me ne può importare di meno. Quando mi sono congedato dall’unica carica mai avuta in vita mia, quella di presidente del Centro Universitario Cinematografico a Catania, proposi per la mia successione la valorosa (e mia indimenticabile amica) Silvana Cirrone. Che fosse una donna non ci avevo pensato neppure un istante.
giorgia meloni dopo il giuramento 15
Nel mio libro che sta per uscire da Marsilio, scrivo di Françoise Giroud, l’ex direttore del settimanale francese “L’Express” che una quarantina di anni fa venne prescelta quale il miglior giornalista della Francia. L’intelligente e puntigliosa correttrice delle bozze del libro mi ha chiesto se non fosse il caso indicarla quale “direttrice” anziché “direttore”.
Mi si sono rizzati i capelli in testa. Il termine “direttore” indica il ruolo che stai coprendo, non il tuo sesso. Sono sicura che la stessa Giroud sarebbe inorridita a sentirsi chiamare “direttrice”. Lei gli uomini li aveva affrontati sul loro terreno professionale e su quel terreno li aveva fatti stramazzare da quanto era brava o meglio geniale. Direttore, punto e basta.
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