CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL GIORNO: “QUANTE…
Conchita Sannino per la Repubblica
La campagna romana sprofondata nel buio. «Siamo finiti nel niente. Nell' oblio. Ma non chiedevamo nulla prima, non vogliamo niente oggi». Venticinque anni dopo, sul terreno c' è la rabbia degli sconfitti. Anche se le parole dell' uomo che fu il Capitano Ultimo oscillano tra collera e misticismo.
«Si spaventano perché siamo carabinieri che vogliono continuare a stare insieme? Ma chi ha paura del senso di comunità? Noi siamo gente semplice, come questi rom, come gli amici profughi siriani che sono qui con noi a curarsi di terra e animali. Siamo lasciati via, derisi come loro», li arringa il colonnello Sergio De Caprio, recordman della polvere dopo l' oro.
Esattamente un quarto di secolo dopo l' arresto di Totò Riina, la cattura più devastante per Cosa Nostra trasformata nella pagina più controversa dell' Antimafia italiana - anniversario "celebrato" l' altra sera con una piccola cerimonia laica nella tenuta gestita da De Caprio ai bordi della città, il Prenestino dei poveri - restano ombre. Come stasera, questi uomini a lui fedelissimi avvolti in una strana processione a "La Mistica", dove si addestrano falchi, i giovani lavorano il cuoio e gli "zingari" fanno pentolini di rame.
Avanza una croce di legno, intorno tanti carabinieri venuti da tutta Italia, forse centinaia, mentre l' umidità picchia e fa affondare le scarpe. Gli fanno da corona anziani o ex ragazzi che si definiscono lottatori e si chiamano ancora coi nomi in codice, Vichingo, Aspide, Barbaro, Arciere, Freccia, forse per sbollire l' onta di sentirsi alla deriva.
«Abbiamo lottato, continueremo>, premette De Caprio. È stato prima star nazionale, poi sporcato dalla polvere di un processo per favoreggiamento, poi totalmente prosciolto insieme al prefetto Mori, poi lasciato andare ai Servizi segreti con una parte della sua squadra, infine cacciato («riconsegnato all' Arma»), dopo il caso Consip (nel quale però. lui non è indagato). Troppe vite. «Altre ce ne saranno». E per la prima volta parla del caso Consip.
capitan Ultimo e la sua aquila
E lui che è stato allievo di Dalla Chiesa, che ha lavorato al fianco di giudici del calibro di Boccassini e Caselli, difende il pm Henry John Woodcock, replica alle accuse di destra e sinistra, svela il suo galleggiare di oggi tra api e volatili, in un ufficio della Forestale, che ora ha i colori dell' Arma. «I ricordi sono qui con noi stasera, ci vengono accanto e ci mordono», ammette Ultimo tra i suoi uomini.
In pubblico si prendono le mani, pregano, Padre nostro. Un colonnello dell' Arma è diventato un profeta? A fine cerimonia, lui non lascia cadere la domanda. Avanza svelto nel buio, entra in una delle capanne di legno, si cala il cappuccio, tira giù la sciarpona tirata fino agli occhi. E finalmente è un volto con le sue rughe, fisico sottile a 55 anni, i capelli bianchi rasati. «Cosa vuole che racconti? Stiamo preparando una bella mostra sulla pittura botanica, mi sto istruendo», un filo di sarcasmo. Ma lei avrà commesso errori, ci saranno state cadute se un "eroe" degli 007 è finito a passare carte sulle api?
«È come chiedere a una persona di misurare l' amore che ha dato, come lo ha dato. Ognuno ama come riesce, io per l' Arma e per il popolo l' ho avuto. Avrò fatto errori, ma importante è sognare, rialzarsi». Un tau al collo, quella in Dio è l' unica fede che perdona? «È la strada di Gesù e di Francesco d' Assisi. La fede aiuta. Dà forza e voce agli indifesi». Dietro il guru, c' è il colonnello che intercettava, indagava, scoperchiava con Boccassini, o con Woodcock collusioni e centri dl potere. Era il numero due del Noe, il nucleo ecologico dei carabinieri che con i pm di Napoli ha scoperto i diamanti della Lega, ha aperto i numerosi filoni Finmeccanica.
Pensa che siano stati tutti filoni giusti? O c' erano anche flop? «I processi non li decidono solo i pm, ma tutta l' evoluzione del dibattimento, gli avvocati, la dialettica tr ale parti in causa».
E Consip? «Non so definire cosa sia stato quel caso. Non mi ha mai interessato». Ma dopo le indagini sulla presunta falsificazione da parte degli ufficiali del Noe, suoi ex collaboratori, la scure è caduta anche su di voi: mandati via dall' Aise. «Ma io non ho mai fatto quelle indagini, non posso parlare di ciò che non ho mai trattato. Che dire? Lì avrà agito un pregiudizio? Vado per la mia strada, Non mi interessano gli altri».
Perfino alcune interrogazioni parlamentari puntavano a smembrare il suo gruppo. «Se è vero quello che ho letto, è un serio problema culturale. Siamo di fronte al razzismo: sono fenomeni che non hanno a che vedere con la democrazia, forse espressione di interessi o ignoranza. Come chiedersi: ma perché quella squadra è così affiatata? Io dico: allora dite che non volete giocare».
Ma bisogna giocare dentro le regole. «Difatti, le regole innanziutto. Io seguo le norme e lo Stato. I miei carabinieri sono gente semplice, bisognerebbe guardarli tutti negli occhi. Non siamo la banda di predoni che saccheggiano alle Antille le navi che passano». Fede, popolo, diseredati. E attraverso le sue molte vite: i legami indissolubili.
Come con Woodcock, oggi sotto procedimento disciplinare con la pm Carrano? «Ho imparato tanto da lui, e dal team napoletano, dal procuratore Piscitelli a Carrano. Lui ha capito come dev' essere la polizia giudiziaria oggi: rapida, all' avanguardia, aderente alle mosse dell' avversario. La sua è una tecnica notevole che fa onore alla Repubblica. E sa lottare. Come Boccassini, Caselli, Dalla Chiesa. C' è chi serve il popolo, non vuol essere servito. Forse questo spaventa».
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