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Francesco Battistini per il "Corriere della Sera"
Turchia e Israele, i destini s'incrociano. Non è ancora la guerra che sconfina, non è più l'isolato episodio che si sperava. Per il secondo giorno di seguito, il terzo in una settimana, proiettili siriani sono caduti sul Golan israeliano. Un'escalation come quella del mese scorso, lungo la frontiera turca. E così, dopo le proteste verbali per la mini invasione dei tank di Assad, dopo gli altolà ai colpi d'artiglieria, Israele alla fine ha risposto coi suoi Tammuz alle parabole dei mortai che continuano a piovere.
Nessuna vittima, a parte la pace armata che (almeno) su quel fronte regnava da quasi quarant'anni: «Risponderemo in modo severo e appropriato - alza l'indice il premier israeliano Bibi Netanyahu - non permetteremo che i nostri confini vengano violati». Chiarisce meglio un suo ministro, Moshe Yaalon: «Non credo che la Siria abbia interesse a coinvolgerci. Però, il primo giorno, ci sono stati cinque presunti errori di tiro. Abbiamo mandato un messaggio. Se è stato capito, bene. Se non è stato capito, dovremo mandarne altri».
E chi ci pensava più, al Golan? Il più calmo dei confini israeliani. Pattugliato sulle alture-cuscinetto da mille sonnacchiosi caschi blu, fra due Paesi che dalla guerra del Kippur non hanno mai firmato la pace, ma sempre evitato nuove battaglie. à il nuovo segnale che la polveriera siriana è ormai fuori controllo: 107 morti solo ieri fra Damasco e Homs, Aleppo e i campi palestinesi, il Nord Ovest e le dogane turche.
Con l'insolito destino che accomuna Israele e la Turchia, carissimi nemici un tempo alleati, oggi confinanti che detestano il dittatore sia pure per ragioni opposte: mentre da Tel Aviv ordinavano di sparare, i jet di Ankara ieri si sono alzati a controllare quelli siriani che, bombardando i ribelli di Ris Al Ain, avevano di nuovo colpito un villaggio turco al di là del confine. Nasce un inedito, doppio fronte per indebolire Damasco?
«Non abbiamo alcuna alleanza» con Israele, ha tenuto a precisare gelido il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu: «Nel Golan non c'è stata alcuna violazione di confine, trattandosi d'un territorio occupato», ovviamente da Israele.
Israele che ancora non è spaventato dalla Siria, però: è più che probabile che «nel Golan vedremo altri episodi simili», prevede un esperto militare vicino a Netanyahu, Yoav Limor, ma in realtà «se presto ci sarà una guerra, sarà a Sud, non a Nord». Il Sud di Gaza, dove il fronte (mai freddo) s'è surriscaldato in questo fine settimana: quasi 150 razzi sparati dalla Striscia, raid notturni degli F16 con la stella di David, decine di feriti.
Alcuni ambasciatori europei, tra cui l'italiano Francesco Talò, che l'altro giorno erano stati sfiorati dalle scaramucce militari durante una visita nel Golan, ieri sono stati convocati da Netanyahu sulla linea che più preoccupa: «Non resteremo a braccia incrociate», ha detto il premier. Un'operazione militare è già stata decisa: come (via terra?) e quando (prima del voto di gennaio?), non si sa. Sembra di tornare a quattro anni fa, dopo le elezioni americane. L'attacco a Hamas partì dopo Natale, Obama ne fu informato solo poche ore prima. Stavolta, è diverso: la Casa Bianca avrebbe già dato l'ok.
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