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Colloquio con Vincenzo Visco di Francesco Bonazzi per Dagospia
Il problema della tassazione delle grandi multinazionali va affrontato a livello politico, fra Stati, e l’Italia deve porre la questione a livello eruopeo “in modo formale e pressante”. Ma è anche vero che finché gli Stati non smetteranno di farsi concorrenza sui trattamenti fiscali, le imprese, comprensibilmente, gireranno il mondo a caccia dei posti dove è possibile pagare meno. Vincenzo Visco, cattedra di scienza delle Finanze alla Sapienza di Roma ed ex ministro delle Finanze nei governi dell’Ulivo, ha troppa esperienza per stupirsi del “Luxleaks”, l’ultimo scandalo fiscale internazionale.
Il “Luxleaks” svela che oltre 300 multinazionali, tra cui una trentina di società italiane o che operano in Italia, hanno stretto accordi con il Lussemburgo per pagare anche l’1% di tasse su profitti prodotti all’estero. Le aziende parlano pudicamente di “ottimizzazione fiscale”…
“Diciamo che si tratta di una chiara elusione fiscale, salvo il fatto che in alcuni casi vi potrebbe essere anche quello che noi in Italia chiamiamo “abuso di diritto”, ovvero l’uso strumentale delle norme, sulla cui natura però la discussione è aperta. Quello che è certo è che non si capisce perché se un imprenditore non fattura un po’ di ricavi rischia la galera, mentre se mette su tutta un’architettura giuridica internazionale che porta agli stessi risultati non rischia nulla. Il punto di fondo è questo qui”.
Stupito?
“No, purtroppo. Il Lussemburgo non è un problema nuovo. Negli ultimi due anni si è discusso moltissimo dei giganti di Internet che utilizzano normative di diversi Paesi per pagare tasse irrisorie. A livello Ocse si sta studiando come porre rimedio alla situazione. In Lussemburgo hanno addirittura un ruling fiscale ad personam e fanno questo tipo di operazioni delle quali oggi si parla. Il problema è che il Lussemburgo non sono le Cayman”.
Ovvero?
“Il Lussemburgo ha queste pratiche da paradiso fiscale, ma è un membro dell’Unione europea e partecipa alla moneta unica. Qui il problema non è soltanto giuridico, ma diventa politico. Bisogna affrontare a livello europeo il problema della tassazione delle grandi imprese. Si parla tanto di scambi di informazione sulle persone fisiche tra i vari Stati, ma non si parla di una questione ben più rilevante come questa che riguarda le grandi imprese. Ripeto, il problema va affrontato politicamente a livello comunitario dall’Unione”.
Unione che però è presieduta dal lussemburghese Juncker, che si troverà in qualche imbarazzo…
“Guardi, io Juncker lo conosco bene da tanti anni ed è un ottimo politico, molto equilibrato. Ma quando è stato designato alla presidenza qualcuno aveva sollevato il problema, del quale però non si è tenuto conto. L’economia del Lussemburgo è fondata su questo tipo di attività “a spese” dei Paesi vicini. Negli anni hanno anche acquisito una grande capacità professionale sull’emissione di obbligazioni”.
Enrico Salza Giovanni Bazoli e Corrado Passera
Nello scandalo ricorrono i nomi di tre fra le maggiori banche del paese. Ovvero Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi Banca. Non le sembra grave? Banca d’Italia poteva fare qualcosa?
“Guardi, se lei va nei vari paradisi fiscali, non solo in Lussemburgo, trova tutte le banche e le imprese di dimensioni rilevanti. Il motivo è che lì possono rifornirsi di capitali a prezzi più bassi. Se non lo facessero i loro azionisti potrebbero contestarglielo, perché la concorrenza lo fa. Quindi si tratta di un meccanismo inevitabile. Un meccanismo che va affrontato a livello sovranazionale”.
Pare che anche Finmeccanica si sia servita del Lussemburgo, e dire che è addirittura un’azienda dello Stato…
“Bisogna vedere in concreto che operazioni ha fatto, ma non mi stupisco di nulla. Sono imprese che stanno sul mercato e ne seguono le logiche. La distinzione pubblico-privato è del tutto relativa”
Che cosa può fare l’Italia per difendersi da pratiche del genere? E’ una battaglia persa?
“E’ una battaglia complicata. L’Italia può porre il problema a livello europeo in modo formale e pressante. Ma stiamo sempre a rincorrere, basta vedere il caso della Fiat”.
Che c’entra Fiat?
“Fiat ha messo la sede legale in Olanda, dove ci sono condizioni giuridiche molto favorevoli come le azioni a voto plurimo, che consentono di controllare una società senza averne la maggioranza. E noi adesso stiamo introducendo quel tipo di azioni anche da noi, per difenderci. Poi ha messo la sede fiscale a Londra, dove c’è un’aliquota fiscale sulle società molto bassa. Poi la quotano a Wall Street. Quindi sono apolidi. Noi rincorriamo sempre. Tutti i governi rincorrono perché tutti i paesi fanno una corsa al ribasso sulle tasse. Questo meccanismo, in astratto, può portare la tassazione vicino allo zero. Quindi, o si cambiano le regole tutti insieme, se no, con gli interessi che ci sono in ballo, è difficile che la politica ce la possa fare”.
Ieri sera, alla cena di finanziamento del Pd davanti a una platea assai benestante, Renzi ha promesso: “Faremo lavorare di meno i commercialisti”. Grande applauso.
Visco si fa una bella risata e dice: “Se fosse possibile, sarebbe un’ottima cosa. Se non ci fossero tante scappatoie, ci sarebbe meno lavoro per le organizzazioni”.
Nella legge di Stabilità c’è scritto che ci si attendono 3,5 miliardi dalla lotta all’evasione. A Bruxelles dubitano. La stanno facendo, la lotta all’evasione?
“Le norme che ci sono nella legge di Stabilità sono buone e riprendono anche alcune delle proposte del nostro centro studi Nens, a cominciare dall’utilizzo delle banche dati. E su gran parte delle norme fiscali vedo coperture certe. I soldi ci sono. Penso però che si potesse fare molto di più”.
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