PADRE, FIGLIO, SENZA SPIRITO SANTO – VITTORIO (SUL “GIORNALE”) E MATTIA FELTRI (SU “LA STAMPA”), UNA FAMIGLIA UNITA PER SGONFIARE LA BUFALA DELLA NUOVA DC – “IN QUESTA ESTATE ASSISTIAMO AL SOLITO RITO DEGLI ORFANI INCONSOLABILI DELLA BALENA BIANCA: TUTTI LÌ SULLA TOMBA A PREGARE CHE ESSA SI RIANIMI E NUOTI. PIA ILLUSIONE. I CADAVERI NON SI RIALZANO DAI TEMPI DI LAZZARO”…

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

1- CASINI & C. VOGLIONO RICREARE IL "CENTRO". MA NON SIAMO PIÙ NEGLI ANNI '50 E LORO SONO QUATTRO GATTI. IL TENTATIVO È MORTO IN CULLA
Vittorio Feltri per "il Giornale"

Da quando la Democrazia cristiana è morta, sepolta da Mino Martinazzoli, ogni anno, da circa 20, qualcuno va al cimitero - dove giace anche Alcide De Gasperi - e tenta di resuscitarla.

Cosicché pure in questa estate (c'è chi si sorprende sia calda, come fosse strano che in agosto si sudi) assistiamo al solito rito degli orfani inconsolabili della Balena bianca: tutti lì sulla tomba a pregare che essa si rianimi e nuoti. Pia illusione. I cadaveri non si rialzano dai tempi di Lazzaro, e la fede nello Scudocrociato non accenna a fare miracoli nemmeno stavolta, nonostante alla schiera dei dolenti si sia aggiunto Gianfranco Fini, sì, proprio lui, già leader dei fascisti di risulta (Msi), già presidente di Alleanza nazionale, cofondatore del Pdl, ora a capo del Fli e sul punto di diventare doroteo.

Queste premesse sono più che sufficienti per capire: siamo di fronte a un fenomeno di velleitarismo. Per andare giù piatti, un gruppetto di nonni della politica, alcuni nostalgici e altri disperati, avendo intuito che il bipolarismo non gode di buona salute (ammazza che folgorazione), si è ficcato in testa che bisogna rimettere in piedi un «centro». Anzi, un nuovo centro. Che sarebbe diverso da quello defunto, perché luogo di incontro fra cattolici e laici.

Figuriamoci. I cattolici non vanno d'accordo tra loro (la Dc era divisa in nove correnti), si ignora come possano condividere con i laici la propria posizione sulle questioni etiche: eutanasia, testamento biologico, matrimoni gay e roba del genere. A parte ciò, non s'è mai vista una forza politica nascere senza un comune retroterra culturale, ideologico o almeno ideale.

La Dc aveva alle spalle una Chiesa potente, capace di «controllare» la società grazie a un network di parrocchie frequentatissime e assai influenti che garantivano valanghe di voti. Basti pensare allo slogan guareschiano che andava per la maggiore negli anni Cinquanta: «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!». I credenti erano la stragrande maggioranza e, nel timore di essere visti lassù, non negavano il loro suffragio al partito mamma. Oggi, la massima autorità che sta dietro la (nuova) Cosa bianca è Pier Ferdinando Casini. Con rispetto parlando, tra questi e Pio XII c'è un abisso.

Tuttavia, quand'anche i neocentristi potessero avvalersi dell'appoggio del Pontefice, non andrebbero lontano. Giusto ieri, domenica, alla messa delle 8.30 (parrocchia di Monterosso, Bergamo) erano presenti, volendo abbondare, un centinaio di persone. Età media 80 anni. Se questo è il bacino elettorale di riferimento per i «casinisti», buona notte: la percentuale su cui può contare il centrino non supera il 5-6, che è poi la stessa dell'attuale Udc.

Sempre ieri, per approfondire il tema, abbiamo letto sulla Stampa di Torino l'intervista al ministro Andrea Riccardi (Comunità di Sant'Egidio), una colonna dei redivivi democristiani. Eravamo convinti che quest'uomo ci illuminasse con la sua scienza, invece si è acceso un lumino da camposanto: una filza di luoghi comuni. Esempio: «Bisogna trovare un linguaggio meno gridato, ma che faccia riferimento a una cultura. Un po' più colto, un po' più concreto. Seconda cosa, non possiamo più ragionare parlando soltanto di Italia, ma dobbiamo farlo parlando di Europa».

Se queste sono le basi, se questa è l'ideona, la salma della Dc continuerà a decomporsi, riposerà in pace nonostante le preci degli orfani. Il nuovo partito, ammesso che vagisca, non avrà neanche il problema di invecchiare bene: è decrepito nella culla.

2- DC, SOGNO IMPOSSIBILE - COSÌ LA RINASCITA È FALLITA
UN GROVIGLIO DI OPINIONI E TANTE CHIACCHIERE: I TENTATIVI RIMASTI SULLA CARTA
Mattia Feltri per La Stampa

A un certo punto venne il dubbio che il Grande Centro - poiché è un luogo della geografia politica che al termine della Prima repubblica fu raso al suolo e cosparso di sale - fosse come la bella di Torriglia, che tutti la vogliono e nessuno la piglia: abitato qui e là, perifericamente, da partitini di antico orgoglio appoggiati a destra o a sinistra, se non altro per restar su. Eppure il desiderio di ricomporre la diaspora democristiana, e ridare forma al partitone, è paradossalmente affiorato nello stesso momento in cui nacque il bipolarismo, che per il centro è napalm. Un partita persa già negli spogliatoi.

Ma è sempre bastato niente perché gli aspiranti rifondatori cominciassero a sognare: Silvio Berlusconi governava da pochi mesi in coalizione con Pier Ferdinando Casini e Rocco Buttiglione, col Ppi di Mino Martinazzoli a sinistra, e fu sufficiente che Karol Wojtyla da Loreto incitasse i cattolici all'impegno pubblico perché proprio Buttiglione coniasse la frase più pronunciata degli ultimi diciotto anni: «Un'alleanza politica dei cattolici può portare solo benefici all'unità del paese».

Anche Roberto Formigoni s'ingolosì: «Un paese non si governa dagli estremi, e quindi emerge la ricerca di uno spazio centrale di governabilità». Ma il punto è che da lì in poi, e anno dopo anno, il Grande Centro, la Nuova Dc o la Cosa Bianca sono state prefigurate, osteggiate, annunciate, sputazzate in un inestricabile groviglio di opinioni multicolor. Per dire, e senza l'intenzione di appendere nessuno a una vecchia dichiarazione, in quel 1994 Casini chiuse il discorso in quattro secondi: «Il bipolarismo è irreversibile, la Dc è morta e sepolta».

Lui, che andando da solo alle elezioni del 2008 compì il primo vero passo in quella terra rasa al suolo e cosparsa di sale. E però - che meraviglia - a dare udienza a Buttiglione c'era il papà della riforma uninominale, Mario Segni, che ipotizzò «un grande centro, liberale e democratico» con cattolici, laici e riformisti, probabilmente persuaso, come tanti, che Berlusconi avesse le settimane contate.

Ma non è mica finita lì. Nel 1997, al solito ritorno di progetto, Antonio Di Pietro scrisse una rubrica su Oggi che letta ora fa uscire gli occhi dalle orbite: «Mi offro come garzone del nuovo Grande Centro». Gli amici di ieri sono i nemici di oggi, e viceversa, in un frasario che ha dello psichedelico.

Ecco una Emma Marcegaglia, 1998: «Ci fa molta paura questa nostalgia di proporzionale e di Grande Centro che rischiano di far fare un passo indietro al Paese». Ed ecco un Gianfranco Fini da ovazione, 2004: «Sento strani ragionamenti su un grande centro italiano con forze politiche del centrodestra e del centrosinistra: questo è il modo peggiore per presentare un progetto politico, poiché se nasce deve essere alternativo alle sinistre come avviene in Europa».

Un dibattito fra l'ambizioso e lo sclerotico di cui è impossibile prendere capo e coda e ricostruire un filo logico. Seguire le tracce soltanto della spartizione del simbolo, del nome, della sede della Dc, con le liti di ringhiera di leader ignoti come Giuseppe Pizza e Angelo Sandri, ognuno dei quali sosteneva di essere il legittimo erede del ben di Dio, impegnerebbe qualche volume.

E senz'altro il tentativo più nobile, diciamo così, fu quello messo in piedi da Sergio D'Antoni (ex Cisl, oggi nel Pd) e Giulio Andreotti con Democrazia europea che si presentò alle politiche del 2001 con l'obiettivo di dare forza a un grande centro alternativo sia alla destra che alla sinistra: ma non raccattò un solo deputato e fece due senatori giusto col recupero proporzionale.

Per il resto è stata chiacchiera, fumisteria che ha coinvolto chiunque, Bruno Tabacci, Clemente Mastella, Lamberto Dini, Paolo Cirino Pomicino, Gianfranco Rotondi, Giorgio Fanfani, Francesco Cossiga, Marco Follini, Giuseppe Fioroni, e decine di altri, uno armigero di un grande centro che guarda a destra, l'altro di un grande centro che guarda a sinistra, il terzo di un grande centro che guarda al centro, chi dell'una o dall'altra cosa o di quell'altra ancora: dipende dall'annata del dibattito.

Perché stavolta dovrebbe essere quella buona? In un'intervista pubblicata dalla Stampa nell'agosto del 2005 si legge: «Ho la convinzione, spero sbagliata, che né con un centrodestra come quello che abbiamo visto all'opera, né con un centrosinistra come quello che possiamo immaginare all'opera, l'Italia possa fare passi decisivi». Dunque forse avrebbe più credibilità «un Centro, se esistesse». Era l'uomo che oggi sta seppellendo il bipolarismo: Mario Monti.

 

 

VITTORIO E MATTIA FELTRI VITTORIO E MATTIA FELTRI VITTORIO E MATTIA FELTRI CASINI E FINI DAVID THORNE E ANDREA RICCARDI dc05 andreottiAlcide De GasperiBUTTIGLIONEdc04 andreottiMonti in vacanzadc15 pomicino andreotti