DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
Claudio Tito per ''la Repubblica''
«Da quando è iniziato questo balletto sulla coalizione, il Pd ha perso quasi 6 punti nei sondaggi. I nostri elettori non le vogliono più queste cose. Vogliono chiarezza.
matteo renzi giuliano pisapia a milano pranzo con la moda
La confusione non premia». Il giorno dopo lo strappo di Pisapia, Matteo Renzi si mostra più sollevato che dispiaciuto. La trattativa prima con Mdp e poi con il Campo progressista dell' ex sindaco di Milano, è stata troppo lunga.
La razionalità di un negoziato - che dentro il suo partito viene tuttora considerato indispensabile - è stata poi costantemente fronteggiata dalla caratterialità del segretario dem. Non è un caso che a gestire gli incontri e la potenziale mediazione siano stati Piero Fassino e Dario Franceschini. E non è un caso che la sua inclinazione riemerga non appena le acque della diplomazia accennano a ritirarsi. Alla fine, infatti, il capo Pd dice di essere contento che sia finito prima che tutto si trasformasse in una telenovela. Uno stato d' animo confessato a ogni capocorrente sentito ieri.
A cominciare dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando ,con il quale ha partecipato a un' iniziativa in Sicilia, ultima tappa del suo tour ferroviario. «Ora finalmente basta - ha detto proprio al Guardasigilli - parte la campagna elettorale, si lavora a testa bassa senza litigare. I conti si fanno a urne chiuse». E in vista dell' appuntamento della prossima primavera ha rimesso in ordine quello che i big e i ministri democratici considerano un "Piano B" e che Renzi invece ha sempre giudicato il "Piano A".
«Vedete ha detto a tutti - questa vicenda ci fatto capire che anche Pisapia è stata una costruzione mediatica. Adesso scendiamo sul terreno della concretezza». E su quel terreno - nei suoi progetti restano due leggi da approvare in Parlamento e il disegno di una coalizione costruita su quattro gambe. Berlusconi la chiamerebbe attacco a quattro punte.
I due provvedimenti in questione sono il biotestamento e lo Ius soli. Il primo - salvo le sorprese del voto segreto - sembra in dirittura d' arrivo. Il secondo è messo in un angolo. Eppure un tentativo in extremis sarà compiuto. «Nelle settimane scorse - ricorda Renzi - io non mi ero dichiarato contrario alla fiducia. La scelta, però, spetta al presidente del Consiglio».
A Palazzo Chigi stanno facendo di conto. E sul tavolo hanno messo tre opzioni da attivare dopo l' approvazione della Legge di Bilancio. La fiducia sarà posta solo in condizioni di sicurezza: anche il Quirinale non vuole correre il rischio di affrontare la fase pre-elettorale e soprattutto quella post-elettorale con un governo sfiduciato e dimissionario. Le altre due alternative sono quelle di sfidare gli avversari con un voto di testimonianza e accettando il pericolo di soccombere davanti a uno dei tantissimi emendamenti presentati. L' altra - meno probabile - di allungare di qualche settimana i tempi della legislatura per provare a convincere i più riottosi.
Il segretario dem, però, sembra soprattutto interessato all' edificazione della "nuova" alleanza. La "prima gamba" è una lista di sinistra costruita intorno agli ex Sel, i socialisti di Nencini e i Verdi. Certo, serve un leader per dare peso e un volto alla gamba sinistra. E le attenzioni si stanno concentrando sul sindaco di Cagliari, l' ex vendoliano, Massimo Zedda. «Del resto ripete a tutti il segretario dem non è vero che quelli di Sel stiano tutti con Grasso. La gran parte sta in questo progetto».
RENZI ALFANO CASINI IN SENATO FOTO LAPRESSE
La "seconda" articolazione è quella centrista. Capeggiata da Pier Ferdinando Casini e dall' attuale ministro della Sanità Beatrice Lorenzin. «La cosa incredibile di Campo progressista è legata proprio ai centristi - è il racconto fatto ancora da Renzi ai suoi interlocutori -: Alfano si era fatto da parte e si stava riaprendo il discorso sullo Ius soli. Avevano tutto e loro sono riusciti a autodistruggersi». Tra l' altro, è la battuta che circola a Largo del Nazareno, «la rinuncia di Angelino ha cancellato quella di Di Battista. Anzi Di Battista a questo punto è un Alfano che ha fallito. Voglio vedere come fanno ad andare in giro a dire quanto è stato coraggioso. Pure Pisapia non si candida...».
Il terzo alleato potrebbe essere la lista radicale di Emma Bonino.
Per questo ieri una delegazione è andata a Palazzo Chigi per parlare con Paolo Gentiloni. E chiedere un intervento che riduca il numero di firme da raccogliere per presentare una lista elettorale.
Nei calcoli dei democratici l' insieme di questi alleati potrebbe valere il 5-6 per cento dei voti. «E se il Pd andasse male e si attestasse sul 25 per cento - è il ragionamento dell' ex premier noi saremmo comunque il primo gruppo in Parlamento e forse anche la prima coalizione». «Io però - insiste con alcuni dei ministri raggiunti al telefono sono convinto di poter prendere di più del 25 per cento. Noi dobbiamo avere due obiettivi: tenere a sinistra e prendere un pò di voti tra i moderati che potrebbero scegliere Berlusconi». Come si fa? «L' avete capito o no che ormai in gioco non ci sono semplicemente le elezioni? Qui arrivano i fascisti.
L' avete visto che cosa è accaduto a Repubblica? Il pericolo ormai sono i fascisti. Il voto utile non è solo per governare, è per fermare questo pericolo. E vedrete che anche sui collegi uninominali non andrà come si teme e come ci dicono ora i sondaggi. Con la campagna elettorale gli equilibri cambieranno».
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