DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Berizzi per “la Repubblica”
«Facciano i bagagli e se ne vadano a casa loro. Mica possiamo diventare un lazzaretto».
Siamo al yankee go home?
«Prima vengono i veneti, poi gli americani. A maggior ragione se parliamo di salute ». Il governatore del Veneto, Luca Zaia, è infuriato. La quarantena vicentina dei militari dell’Us Army Africa rientrati dalla Liberia falciata da Ebola, proprio non riesce a digerirla.
«È vero che il termine quarantena l’hanno inventato i veneziani nel 500-600, ma sono allibito e incazzato. Perché dobbiamo beccarceli noi questi militari a rischio? In virtù di quale principio nessuno si è chiesto e si chiede perché gli americani fanno rientrare dei soldati da un paese bollino rosso per un virus mortale, e li mandano in Italia?».
La “Del Din” è una base americana. L’Italia è alleata degli americani.
«La Del Din è nel centro di Vicenza e Vicenza è in Veneto e io ho il dovere di proteggere la mia comunità. Mi auguro che tutto il contingente americano sia sano, lo spero, prego per loro, ma se anche un solo militare si fosse ammalato io sono costretto a dichiarare la massima allerta e anche, pensi lei, a curarlo. Assurdo».
Dopo i primi 11 da oggi ne arriveranno altri 87. Tutti sottoposti a monitoraggio per tre settimane qui in caserma.
«È incredibile. Sarò l’unico idiota che si pone il problema ma dico: in nome della sovranità nazionale ognuno cura i suoi cittadini a casa propria. O no? Dov’è il governo in questa vicenda? Non voglio buttarla in politica ma siamo alla guida del semestre europeo, il presidente del Consiglio interviene e pontifica sulla qualunque: e facciamo questa figura?».
Figura?
«Perché accettiamo che un centinaio di militari a rischio Ebola vengano in quarantena da noi? Dipendesse da me questi signori, con tutta l’amicizia per gli Usa, sarebbero già tornati a casa loro».
L’ordine di rientrare a Vicenza è arrivato dal Pentagono, lo ha spiegato il generale Derryl Williams, comandante del contingente che stava in Liberia.
«Ma certo, è un ordine partito dall’alto. Una vicenda gestita a livello centrale, ministeri, ambasciate. Ci hanno trattato come la Repubblica delle banane. Presenterò una denuncia formale all’ambasciata americana. Stiamo esponendo i veneti alla possibilità, pur remota quanto si voglia, che qualcuno di questi militari abbia contratto il virus. Ma che se li tengano loro ».
Sembra stiano tutti bene e che nessuno di loro sia venuto in contatto con pazienti malati di Ebola.
«Me lo auguro, ma la questione non cambia. Sempre di quarantena si tratta, altrimenti non li avrebbero messi in isolamento, lontani dai familiari e dagli altri militari. Anzi, visto che, come dicono, non ci sono problemi né rischi, tanto vale la facciano negli Stati Uniti questa quarantena. E comunque la certezza non c’è, l’incubazione è di tre settimane».
Il rientro dalla Liberia era previsto. Perché tutte queste polemiche solo adesso?
«Ho saputo di questa notizia solo l’altra sera. L’ho subito trovata una cosa sconcertante. Per coerenza, come ho detto che ci vuole la chiusura delle frontiere per i profughi — sui quali non abbiamo garanzie sanitarie — dico che anche questi militari dovevano e devono tornare a casa loro. Se arrivi dalla Liberia, nave o aereo sono la stessa cosa».
bambino sospettato di ebola in liberia
Non teme che le sue parole possano causare un incidente diplomatico?
«L’unica cosa che temo, e che vorrei scongiurare, è che ci siano delle spiacevoli sorprese e che i veneti possano correre dei rischi. Anzi, purtroppo li stanno già correndo. Sono stato l’unico amministratore che è andato all’inaugurazione della base “Del Din”, ma questa volta gli amici americani hanno sbagliato».
Pensa di riuscire a intervenire in qualche modo?
«Farò il possibile anche se ormai la frittata è fatta. Trovo inquietante che nessuno si sia posto il problema. Ed è inutile che adesso ci dicano che è solo un eccesso di prudenza. Se anche questo monitoraggio fosse una semplice esercitazione, non ne sentivamo il bisogno. L’Italia ancora una volta dimostra di non avere la spina dorsale ».
Spina dorsale o no, è improbabile se non impossibile, a questo punto, che i militari in quarantena vengano trasferiti altrove.
«Se gli americani vogliono fare un gesto di amicizia, si carichino i bagagli e tornino a casa loro. Il Veneto non vuole diventare un avamposto della Liberia. Ospitiamo basi militari, non centri per Ebola».
foto time 22 settembre 2014 sospetto caso di ebola in liberia 40
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