Paolo Mastrolilli per la Stampa
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Quel pollice verso che John McCain ha alzato nell' aula del Senato all' una e 29 minuti di giovedì notte, giustiziando la riforma sanitaria voluta dal presidente Trump, potrebbe diventare l' ultimo atto della sua unica carriera politica. Il glioblastoma che sta devastando il suo cervello, infatti, difficilmente gli darà più di qualche mese da vivere. Però quel gesto di sfida del "Maverick", audace e sfrontato come quando pilotava i caccia nei cieli del Vietnam, rappresenta anche un sussulto di civiltà per riscoprire le virtù di un' altra era.
Quando non vinceva chi urlava e insultava di più, magari via social media, ma chi aveva la straordinaria forza di dialogare con l' avversario, ascoltarne le ragioni, e se possibile trovare un compromesso utile a tutti. La democrazia, in altre parole. Durante la campagna elettorale Trump aveva offeso McCain: «Non è un eroe di guerra. Cosa ha fatto per meritarselo, il prigioniero? Io preferisco chi non si è fatto catturare». Sono stato all' Hanoi Hilton, il carcere nella capitale vietnamita dove gli spezzarono le braccia, e laggiù persino gli ex nemici celebrano ormai le virtù umane di John. Può darsi che il risentimento lo abbia spinto a mollare questo calcio negli stinchi di Donald, ma liquidare così il suo atto di giovedì notte sarebbe riduttivo per tutti.
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Dopo l'intervento chirurgico e la diagnosi del cancro al cervello, il senatore dell' Arizona era tornato a Washington per votare a favore del dibattito in aula sulla riforma sanitaria. In cuore suo probabilmente sapeva già che alla fine l' avrebbe bocciata, ma aveva voluto difendere l' integrità del processo politico e il diritto/dovere di discutere la legge. Trump allora lo aveva esaltato come un eroe coraggioso, finalmente, mentre alcuni liberal bofonchiavano che così il Maverick tradiva se stesso e il popolo americano. Sul "floor", però, l' ex candidato presidenziale sconfitto da Obama aveva tenuto un discorso che forse non aveva ricevuto la dovuta attenzione.
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Il passaggio chiave era stato quando aveva criticato l' incapacità del Congresso a combinare qualunque cosa, esortando così i colleghi a cambiare registro: «Al diavolo tutte le linguacce enfatiche e sbruffone che parlano alla radio, in televisione e su internet. Smettiamo di ascoltarle!». Il riferimento era ai media estremisti che ormai condizionano la politica, e probabilmente allo stesso Trump. McCain aveva un' obiezione di sostanza sulla riforma voluta dal presidente, perché pur essendo contro Obamacare, sa che l' opposizione della Casa Bianca è ideologica. Nasce dalla volontà di distruggere l' eredità del predecessore, e dalla convinzione che lo stato non debba aver alcun ruolo nell' assistenza dei cittadini, anche quando si tratta di persone che lavorano, ma non guadagnano abbastanza per pagarsi l' assicurazione.
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Quindi voleva ripristinare il processo di mediazione politica che esisteva un tempo, quando ad esempio lo Speaker democratico Tip O' Neil litigava in pubblico col presidente Reagan, ma poi in privato dava via libera alla sua strategia per combattere i sovietici in Afghanistan. Chiedeva di riportare "Trumpcare" in commissione, discuterlo con i democratici, e vedere se esisteva un punto di incontro per approvare insieme le modifiche necessarie a far funzionare "Obamacare", senza lasciare 30 milioni di americani senza cure.
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Non lo hanno ascoltato, perché dall' amministrazione Clinton in poi il dialogo è diventato anatema: l' avversario si combatte demonizzandolo e boicottandolo. Come ha dimostrato il nuovo direttore delle comunicazioni di Trump, Scaramucci, che nel frattempo insultava il suo capo di gabinetto Priebus. Così l' America si è spaccata a metà e il populismo ha conquistato la Casa Bianca, sulla scia di una rabbia più o meno informata, che è facile aizzare con un tweet di 140 caratteri.
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McCain allora ha detto no, col suo pollice verso, anche se il vice presidente Pence ha passato ore al Senato nella drammatica notte di giovedì per convincerlo. E questo, se ora riuscirà ad attirare l' attenzione dell' America sulla necessità di riscoprire civiltà e decenza, potrebbe essere il servizio più importante che ha reso al Paese.
John McCain MCCAIN IN VIETNAM