Giuseppe Videtti per la Repubblica
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Creatività e ideologia non hanno mai realizzato matrimoni felici. Gli abbracci tra gli artisti e i politici sono mercimoni, strozzinaggi dei quali a pagare gli interessi sono sempre i più deboli - i creativi.
Il tatuaggio gigante di Putin sul petto del 29enne ucraino Sergei Polunin, carismatico bad boy della danza, criticato e adorato per aver opposto sei anni fa il grande rifiuto al Royal Ballet dopo essere stato accolto a 13 anni e trasformato in principal a 19 (il più giovane della storia) non è una provocazione ma una bravata più infetta dell' abbraccio tra Depardieu e il presidente russo (che magari avrà giovato al portafogli dell' attore, non certo alla sua immagine).
Ben più imbarazzanti sono le invettive sessiste e omofobe che ora gli hanno causato l' ostracismo dell' Opéra di Parigi dove a febbraio doveva essere Sigfrido nel Lago dei cigni: in un dettagliato post su Instagram, Polunin esorta i colleghi a non fare le femminucce: «Ci sono già le donne a fare le ballerine. Siete lupi, leoni, capofamiglia. Per questo avete le palle!». Parla anche di Nijinsky, cui ha dedicato una porzione dello spettacolo Sacré recentemente passato per Milano, di Nureyev e di Bolle? Si riferisce anche a Béjart e Alvin Ailey?
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E cosa ha da rimproverare ai tanti ballerini (più o meno apertamente) gay di non essersi esibiti in maniera muscolare come tanti Salvini del palcoscenico?
«I miei anni al Royal Ballet hanno ucciso la creatività», disse Polunin disertando il tempio londinese e la disciplina ferrea che il suo mestiere impone. L' accademia arricciò il naso - troppa cocaina, troppi bagordi - ma il resto del mondo s' entusiasmò a suon di milioni di visualizzazioni quando pubblicò su YouTube lo strepitoso video in cui, diretto dal mago della fotografia David LaChapelle, ballava sulle note rock di Take me to church di Hozier. Di quella libertà coraggiosamente conquistata dopo anni di miseria e sacrifici, di quel desiderio divorante e un po' malato di sedurre usando le armi del pop (il pluripremiato documentario The dancer sulla sua vicenda umana e artistica, pubblicità per Dior e Balmain, presenza esagerata sui Vogue e gli Harper' s Bazaar di mezzo mondo, debutto cinematografico nel remake di Assassinio sull' Orient Express di Branagh, prepotente esposizione su social e talk show, nuova collaborazione con Hozier nel recente video Movement) il divo ha fatto scempio.
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Senza bussola e fuori controllo - pur se carismatico, bellissimo e dotato di una tecnica acrobatica e di una preparazione che ha fatto sperare in un nuovo Nureyev (nei pas de deux con Natalia Osipova, sua partner anche nella vita, si è spesso fatto riferimento alla magia della coppia Nureyev-Fonteyn) - Polunin si autoinfligge un castigo dietro l' altro. Prima con una foresta di tatuaggi che l' ha reso inadatto ai ruoli classici (quando gli va, si fa spalmare cerone su tutto il corpo), poi con i post in cui si scaglia contro la "pigrizia" degli obesi (ora cancellato) e incensa Putin e Trump («Il presidente Usa non vi piace perché dice la verità»), infine sfregiando la sua immagine di icona gay con una dichiarazione choc rivolta ai "maschi": «Amico cos' hai che non va? Le femmine stanno assumendo il ruolo dell' uomo perché sei in imbarazzo e non le fotti». Una volta, quando ci sembrò un Kurt Cobain del balletto, twittò: «Vivere in fretta e morire giovane». Per ora sta solo uccidendo l' artista.
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