Giulia Cazzaniga per “la Verità”
Paolo Cirino Pomicino, inizia una settimana importante per il governo. Come la troviamo? In poltrona con i pop corn o preoccupato?
cirino pomicino
«Al lavoro, ma sono preoccupato e indignato».
Perché?
«Perché questa non è solo una crisi di governo ma una crisi politica. Nella Prima Repubblica ne ho viste tante, ma la stabilità politica è durata 40 anni: le crisi di allora non trasferivano incertezza a imprese e famiglie e all'intera società. C'era un partito come la Democrazia cristiana che era l'architrave del sistema politico. L'esempio può essere il 1976».
Anno di bombe e Brigate rosse, e pure di crisi economica
«Uno dei momenti più difficili per il Paese. Dopo le elezioni politiche nessuno voleva governare con la Dc, ma tutti vollero che la Dc governasse da sola, perché garanzia democratica del sistema. Dava, cioè, il tempo necessario perché le altre forze politiche maturassero le proprie scelte».
giuseppe conte alla camera 2
E un accordo. Si arrivò al «monocolore» della Dc, al terzo mandato per Giulio Andreotti
«Infatti. Ma oggi quale partito ha la cultura e la forza per essere l'architrave del sistema politico? Nessuno, perché tutti hanno resettato ogni riferimento culturale e sono stati divorati dal personalismo politico. Senza cultura né democrazia interna i partiti si trasformano in comitati elettorali.
PAOLO CIRINO POMICINO DE MITA
Vedi il recente passato. M5s, Lega, Pd: grande consenso e poi a picco. Negli Stati dell'Unione europea governano socialisti, democristiani o popolari che dir si voglia, liberali e verdi. In Italia zero culture, partiti con nomi senza passato e quindi senza futuro».
C'è chi ha fatto i conti, questa dovrebbe essere la sessantottesima crisi in 75 anni
giuseppe conte alla camera 3
«Possibile. Ma ribadisco: all'epoca la crisi di governo non era crisi politica. Anzi, quando nel 1947 De Gasperi ruppe con comunisti e socialisti, vinse le elezioni nel 1948 e diede stabilità al Paese. Così come quando abbandonò il centrismo scegliendo il Psi perse 1 milione di voti, ma dettò un quinquennio di stabilità e di riforme. Poi la spaccatura socialista diede 5 anni di difficoltà.
PAOLO CIRINO POMICINO PAPA GIOVANNI PAOLO II
E la stabilità politica fu, prima, realizzata con la solidarietà nazionale e, poi, con un nuovo centrosinistra, che produsse sviluppo battendo le Brigate rosse e l'inflazione. La Seconda Repubblica nacque purtroppo male: figlia di uno tsunami sul quale gli storici un giorno diranno le vere ragioni».
Che secondo lei quali sono?
«Il passaggio dal proporzionale al maggioritario e l'abolizione di ogni radice culturale portarono al disastro. Con una classe dirigente selezionata non più dall'elettorato, ma dal segretario politico di turno. E infatti dal 1995 siamo tra gli ultimi in Europa per tasso di crescita».
Poi abbiamo anche smesso di andare a votare
«Il voto è l'arma tradizionale di una democrazia che si rispetti. Peraltro abbiamo votato a settembre per Regioni e Comuni. Certo non è agevole fare elezioni durante una pandemia, ma torneremo a farle nelle grandi città. Votano anche altri Paesi europei. Le urne anticipate non sono un obbligo o un dovere, ma se diventassero una necessità non finirebbe il mondo».
Ci spera?
PAOLO CIRINO POMICINO
«Sono sempre contrario alle mezze legislature perché testimoniano il fallimento della politica. Ma sono anche contrario a correre il rischio di entrare in un'agonia governativa».
Mi spieghi meglio
«Nei prossimi due anni rischiamo di avere una crisi finanziaria. Da febbraio a ottobre abbiamo fatto nuovi debiti necessari per l'emergenza per oltre 150 miliardi. Sarebbe tempo che il governo cercasse anche risorse nazionali per finanziare crescita e ristori. Invece ogni mese fa uno scostamento di bilancio, correndo verso rischi di cui anche Bankitalia è preoccupata. C'è bisogno di coraggio e saggezza».
Un'alternativa la avrebbe?
«Non una, quattro. La prima: ci sono 500 miliardi di crediti erariali di famiglie e imprese. Offriamo loro di eliminare l'intero debito pagando entro 60 giorni con uno sconto del 70%, e avremo subito tra i 140 e i 160 miliardi di gettito. Questa misura ristorerebbe molto più dei bonus».
La seconda?
conte zingaretti
«Fondi pensioni e casse di previdenza potrebbero acquistare immobili pubblici utilizzati dalla pubblica amministrazione per almeno 50 miliardi. Sarebbe una piccola riduzione del patrimonio statale, dopo i tanti fallimenti nel vendere immobili pubblici non messi a reddito».
Come li si convince a farli?
«In cambio si annulli quel balzello improprio inventato dal centrosinistra, cioè la tassazione del 17% sui rendimenti dei fondi pensione che dà all'erario un gettito di 1 miliardo circa all'anno. Quei rendimenti dovrebbero aumentare il montante contributivo per le future pensioni dei giovani».
Siamo a 200 miliardi. Terza proposta?
«Un programma per il Recovery fund da presentare in Europa più contenuto e più dettagliato, per ricevere solo i 70 miliardi a fondo perduto senza prendere altro debito.
PAOLO CIRINO POMICINO
La quarta è una proposta che nessuno ha il coraggio di fare. Si parla di patrimoniale sapendo che o viene bocciata o darebbe comunque un gettito modestissimo, con danni ingenti. Bisogna puntare invece a un'alleanza tra Stato e contribuenti, con la stessa generosità con la quale medici e infermieri stanno lottando per salvarci la vita. Governo e parlamento chiedano ai contribuenti che possono farlo di dare un contributo volontario allo Stato».
Famiglie e imprese? Ma di quanto?
«Dai 30.000 euro ai 10 milioni, magari da versare in due annualità, a seconda del proprio reddito o fatturato».
In cambio?
«Lo Stato ricambierà la fiducia esimendo questi contribuenti da qualunque accertamento fiscale per 4 o 5 anni, a condizione che aumentino reddito o fatturato di almeno 1 punto e mezzo all'anno. Mia stima prudente: altri 120 miliardi».
Le sue sono proposte che qualcuno ha accolto?
«Non frequento il monte Sinai, non ho verità rivelate, e se nessuno le raccoglie sarà segno che sono sbagliate. Ma la cosa che sconcerta è che non c'è chi proponga altro, anzi, non si avverte neanche un problema. Il saldo e stralcio fiscale di cui ha parlato Salvini riecheggia una delle mie proposte, ma punta alla riduzione di sanzioni e interessi, non risolve il problema di finanziare la crescita.
PAOLO CIRINO POMICINO GIULIO ANDREOTTI
Con tutto il rispetto, se abbiamo ottenuto 209 miliardi è perché siamo un Paese che ha un grande debito e non cresce. Rimuovere queste difficoltà è nell'interesse anche della intera Ue. Senza svilire il lavoro di nessuno, naturalmente».
Matteo Renzi quindi secondo lei alcune cose le dice giuste?
«Certo, e tutti lo sanno. Ma sconta un passato di arroganza che richiederebbe oggi un garbo democristiano, ricordando che il leader vero è quello che convince, non quello che ordina. Detto questo: la responsabilità è anche di chi vedendo crescere la polemica non avrebbe dovuto lasciare il pallino nelle mani del premier. I due maggiori partiti avrebbero dovuto organizzare un confronto nella maggioranza. L'immobilismo ha fatto sì che il governo sia diventato il sostenitore dei partiti. Attenti a questa inversione dei ruoli».
E da oggi a chi tocca?
PAOLO CIRINO POMICINO GIULIO ANDREOTTI
«A dover prendere l'iniziativa sono i 5 Stelle e il Pd. I primi sono in via di dissoluzione per aver perso, grazie a Dio, le ridicole posizioni che li contraddistinguevano alla nascita. A sette mesi dagli Stati generali - ricordo tra l'altro che il primo che li convocò nel 1789 fu Luigi XVI, e fu ghigliottinato - ancora non hanno eletto un direttivo. Erano demolitori e pensano di poter essere costruttori».
Il Pd si muoverà?
«È il grande problema politico del Paese. Stanno consumando le due culture che hanno promosso nel Novecento i grandi partiti di massa. Oggi i dem non sono né socialisti né comunisti né democristiani. Lo dissi 11 anni fa a due autorevoli rappresentanti Dc e Ds: state divisi e governerete per 20 anni, vi siete messi insieme e rischiate di morire abbracciati».
renzi conte
Allora tocca ai costruttori o responsabili?
«Categorie prima inesistenti. Sembra di assistere alla riedizione della vecchia goliardia, tanto che si parla anche della "maggioranza Ursula"».
Come si risolve quindi questa crisi della politica?
PAOLO CIRINO POMICINO
«Il nanismo politico che affligge l'area di centro dovrebbe avviare un processo di ricomposizione, recuperando quelle radici liberali e popolari che produssero il miracolo economico degli anni Cinquanta e Sessanta. Fuori da questo processo politico avremo governi sempre più deboli e problemi sempre più grandi».
Resta ben poco tempo, è davvero fattibile?
«Azione, Più Europa, Italia Viva, Centro democratico sono tante le espressioni di cultura centrista, liberale e democristiana. Basta con i partiti personali, si rilancino passione e cultura. Il potere senza di esse è un soffio di vento».
conte casalino
Ci riusciranno?
«Non lo so. Sono nemici l'uno contro l'altro, non avversari politici che si confrontano. Stiamo assistendo al lento sgretolamento dello Stato: i suoi poteri esecutivo, legislativo, giudiziario - vedi le vicende del giudice Palamara - si dissolvono e il Paese rischia la deriva».
Potrebbero accogliere qualche «costruttore» e dire: ne siamo usciti, il Conte bis si rafforza
paolo cirino pomicino gianni letta e giuliano ferrara foto di bacco
«Probabilmente andrà così. In genere chi dichiara di aver vinto e di essere forte nasconde una debolezza profonda. Come dimostra l'assenza di una nostra politica estera».
Un tempo contavamo di più?
«Eravamo un punto di riferimento per l'Occidente nel Mediterraneo, ora siamo riusciti a dare praterie a Erdogan. Non mi faccia proseguire, sono stati compiuti delitti politici inenarrabili. Fermiamoci qui per oggi».
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