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    “C'ERA UN RAGAZZO INCASTRATO TRA LE LAMIERE: RISPONDEVA MENTRE L' AUTISTA DEL CAMION SI STAVA STROZZANDO CON LA CINTURA. HO CAPITO CHE MI STAVANO MORENDO DAVANTI” – DUE ANNI DOPO IL CROLLO DI PONTE MORANDI, IL RICORDO DEL PRIMO SOCCORRITORE (PER CASO) ALEJANDRO CORDOVA: “PIOVEVA TANTISSIMO E NELL’ARIA C’ERA UNO STRANO MISCUGLIO DI CEMENTO, PIETRA SGRETOLATA E RUGGINE. UNA SCENA DA FILM, MA NON SI SENTIVANO LAMENTI. SILENZIO ASSOLUTO” – “NON ANDRÒ ALL’INAUGURAZIONE DEL NUOVO PONTE, NON C’È NIENTE DA FESTEGGIARE…”


     
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    Davide Lessi per “la Stampa”

     

    Alejandro Cordova - uno dei primi soccorritori del ponte morandi Alejandro Cordova - uno dei primi soccorritori del ponte morandi

    «C' era uno strano miscuglio nell' aria: sapeva di cemento, di pietra sgretolata e ruggine». L' odore di un ponte appena crollato non si dimentica. «Pioveva tantissimo. E c' era quel mix che non ho mai più sentito".

     

    Nei primi minuti della tragedia non si percepisce altro. «Una scena da film: le auto sparpagliate qua e là, il fumo che usciva dai cofani, i tergicristalli che continuavano ad andare. Però non si sentivano lamenti, silenzio assoluto. C' era solo la pioggia che batteva forte».

    il crollo del ponte di genova i lavori di soccorsi il crollo del ponte di genova i lavori di soccorsi

     

    Poi, all' improvviso, una speranza. «Ho visto un ragazzo incastrato tra le lamiere: era cosciente e rispondeva mentre l' autista del camion si stava strozzando con la cintura. Ho capito che mi stavano morendo davanti e che dovevo fare qualcosa».

     

    Crollo del ponte di Genova Crollo del ponte di Genova

    Due anni dopo Alejandro Cordova ricorda tutto di quella mattina. Alla 11.36 del 14 agosto 2018 il ponte Morandi si sbriciola. Pochi minuti dopo lui, che lavorava a non più di 200 metri in linea d' aria dal viadotto, è sul greto del Polcevera. Corre tra le macerie e cerca di aiutare chi è rimasto incastrato nelle auto. Solo dopo sarebbero arrivati i vigili del fuoco e le ambulanze. A 23 anni Alejandro si ritrova a essere tra i primi soccorritori.

     

    nuovo ponte genova 1 nuovo ponte genova 1

    Un soccorritore "per caso", testimone per una vita intera. "Voglio solo raccontare la verità, dire come sono andate davvero le cose". Da Piazza Montano, cuore del quartiere Sampierdarana, risaliamo la strada che passa sotto il nuovo ponte progettato da Piano. Poi giriamo a destra in un dedalo di viuzze strette. «Ecco, io lavoravo qui», dice Alejandro indicando una porta di legno scuro in via Campi. «Davo una mano a un falegname», racconta. Indossa un cappello a visiera che gli protegge la testa da una pioggerellina afosa.

     

    Crolla il ponte Morandi a Genova Crolla il ponte Morandi a Genova

    «Quella che sta scendendo ora? Ragazzi, è sì e no il 5 per cento della pioggia che c' era quella mattina. Cadevano dei goccioloni che appena ho messo la testa fuori dall' officina ero fradicio». La cronaca di quelle ore è questa: «Sono arrivato alle 9,30 a lavoro. Alle 11,15 ha iniziato a piovere, una bufera con grandine e vento, sembravano gavettoni lanciati dall' alto. Ha continuato per mezz' ora, nel frattempo il ponte era crollato».

    Della gravità della situazione Alejandro si accorge in un attimo. E, subito, accende la videocamera dello smartphone.

    Crolla il ponte Morandi a Genova Crolla il ponte Morandi a Genova

     

    «È caduto giù il ponte di Polcevera. Immagini riprese da Certosa, guardate lì: non c' è più il ponte. Non c' è più il ponte, è venuto giù il ponte», sono le frasi che resteranno registrate in un video che ha fatto la storia di quel maledetto 14 agosto. Alejandro non si limita a filmare: mentre registra va verso la zona della tragedia. Ma a un certo punto trova un cancello a sbarrargli la strada. «Eravamo in tre, non potevamo tirarci indietro. Ci siamo dati forza e abbiamo deciso di saltare».

     

    crollo ponte morandi genova foto lapresse 2 crollo ponte morandi genova foto lapresse 2

    Alejandro mette il cellulare in tasca, lo lascerà lì senza però fermare la registrazione. Di quel file rimarrà un' incredibile testimonianza audio: il sonoro dei primi momenti dopo il crollo. «Arrivati tra le macerie abbiamo iniziato a urlare: "Suonate! Suonate!". Volevamo capire se qualcuno era ancora vivo. Ma nessuno lo faceva, così ci siamo diretti verso le macchine.

     

    La botta era stata così forte che tutte le portiere erano incastrate e non riuscivamo ad aprirle». I ricordi si fanno via via più lucidi: «Avrò visto otto vetture. Le persone che erano dentro non riuscivano a rispondermi con le parole ma emettevano dei suoni».

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    Alejandro ricorda ancora i loro volti: «C' era una coppia di anziani in un' utilitaria. E poi quattro ragazzi che erano in viaggio insieme verso la Spagna. A un certo punto ho visto Stella (Stella Boccia, una delle vittime, ndr) che era in auto con il fidanzato. Rispondeva anche lei agli stimoli, apriva gli occhi e cercava di guardarmi. Le ho detto: "Tieni duro, stanno arrivando".

     

    Ma i soccorsi sono stati ostacolati dagli automobilisti che si sono fermati a guardare. Ci avranno messo una decina di minuti. Noi nel frattempo abbiamo cercato di aiutare come potevamo. A tutti dicevamo: "Cercate di rimanere vivi!". Poi quando le sirene si sono avvicinate abbiamo deciso di lasciare fare ai professionisti e di andare via».

     

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    «Se ho rimpianti? I primi giorni sì, ne ho avuti», racconta Alejandro di nuovo davanti a quel cancello. «Ero arrabbiato con me stesso perché avevo provato ad aprire le portiere ma non c' ero riuscito. Nei giorni successivi ci ho ripensato e, davvero, non avrei potuto fare di più. Doveva andare così». Ma non c' è solo fatalismo nei suoi pensieri.

    ponte di genova ponte di genova

     

    «No, non può cadere un ponte del genere, di certo qualcuno ha delle responsabilità». Anche Alejandro, come tanti parenti delle 43 vittime, non parteciperà all' inaugurazione di domani: «Non c' è niente da festeggiare - dice -. E' assurdo pensare che le persone a cui vuoi bene non ci siano più perché è crollato il Morandi». Lo chiamavano il Brooklyn di Genova. «Eravamo certi che sarebbe durato per sempre. Sì, ora ce n' è uno nuovo, ma quella ferita non si cancellerà mai».

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