Mario Sconcerti per il "Corriere della Sera"
giampaolo pozzo
Questa è la storia di una differenza, quella di Giampaolo Pozzo, l' uomo che da 36 anni possiede e gestisce l' Udinese. Nessuno in serie A ha un passato più lungo nel mestiere di proprietario. Pozzo è anche l' uomo che per molti ha inventato il calcio moderno. Infine è il signore che oggi compie ottant' anni.
Lei avrebbe portato Zico a Udine?
«No, penso gli affari e il calcio in modo diverso. Ma mi fece piacere vederlo a Udine.
Avevamo voglia di essere guardati, ci sentivamo un po' spersi nel mondo. Eravamo riemersi dopo venti anni di serie C. Poi Sanson se ne andò per colpa di un finto mal di cuore e tutto passò alla Zanussi, la seconda realtà industriale italiana dopo la Fiat. Zico era vecchio, altrimenti non ce lo avrebbero dato a quel prezzo.
giampaolo pozzo 11
Ma fu un grande colpo per una città che aveva bisogno di allegria. Si cominciò a parlare di Udinese dovunque, mettemmo il primo maxi schermo, rimase a lungo il più grande del mondo. Erano record che ci inorgoglivano. Poi arrivò il tempo di pagare il lusso. I dirigenti fecero un po' di traffici per rimanere in A e finì che ci dettero 9 punti di penalizzazione quando le vittorie valevano 2 punti e le partite erano solo 30. Impossibile salvarsi».
Lì arriva Pozzo.
«Sì, dovevamo fare una cordata, c' erano dentro Zoppas, Zamparini e altri. Mi chiesero di dare una mano e accettai volentieri. Alla fine erano rimasti solo i miei soldi, gli altri tutti scomparsi. Sono rimasto per salvare l' investimento, mi seccava buttar via soldi così. E divenni presidente. Era il 1986. Naturalmente retrocedemmo, ma da lì cominciò un' altra storia. Sono 26 anni consecutivi che siamo in A e abbiamo partecipato 14 volte alle coppe europee, 3 volte in Champions».
Ha una dedica per i suoi 80 anni?
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«Che ho vissuto bene, ho lavorato molto e mi è piaciuto vivere. Nella mia famiglia, in questa città e in buona parte del mondo. Se andiamo nel particolare, i miei dirigenti mi hanno detto che l' Udinese è la squadra che dà più giocatori alla nazionale argentina, quattro: Molina, De Paul, Pereyra e Musso».
Su De Paul dovrà dirci qualcosa. Lo vogliono tutti.
«Noi non abbiamo necessità di vendere. Deciderà lui. Ma se volesse restare sono pronto a rivedere il suo contratto».
Come fece con Di Natale?
zico
«Lui è stato il migliore in assoluto. Mai capitato uno che rinuncia a giocare in una grande squadra per rimanere con noi. Avevo in stanza il suo procuratore, Carpeggiani, che era venuto a portare l' offerta della Juve e a chiudere. Di Natale mi guardò e disse: presidente, se posso resto. E io quasi commosso risposi, avanti!».
Perché da trent' anni anticipate tutti sul mercato? I primi ad avere una videoteca di partite da tutto il mondo. Vi hanno seguito in tanti, sono cambiati i tempi, ma il metodo Udinese è rimasto all' avanguardia.
«Quello è merito di mio figlio Gino e del suo staff. Io mi occupo di mantenere i conti in equilibrio. Posso dirle che abbiamo cinque scout in Italia e cinque nel mondo. Ormai si gira poco, c' è un sito splendido che dà le partite di cinquanta stati, in continuazione. Non solo a noi, sono abbonati tutti i club, anche all' estero. Ma fa di più, sintetizza. Mettiamo che lei cerchi una mezzala mancina sotto i 24 anni di un metro e novanta.
gino pozzo
Inserisce i dati e il computer sceglie nel mondo i nomi che rispondono al bisogno e mostra tutte le partite che li riguardano. Questa è la prima fase dura, ore e ore davanti alla tv. Poi si affina il concetto andando a vedere il giocatore sul campo, dopo conoscendolo personalmente, capendo chi è, cercando di inquadrarlo nel nostro ambiente. Ci vuole un sacco di tempo, ma i miei mi dicono che è quasi impossibile sbagliare».
L' opinione comune è che lei sia stato il primo imprenditore a mettere insieme il calcio con l' azienda.
«Non mi sento così importante, ho portato con me concetti industriali e di vita in cui credo. Qualunque azienda si gestisca, una famiglia, una bottega o la Fiat, la regola è sempre la stessa, dare e avere devono andare d' accordo. Altrimenti prima o poi finisce male».
giampaolo e gino pozzo
È stato il primo anche ad acquistare squadre all' estero
«Il calcio è l' hobby di famiglia. C' è chi si iscrive a un circolo di golf o gioca a bocce. Ma in casa ci è sempre piaciuto la sensazione di sofferenza e piacere che dà il calcio. Capitò un' occasione in Spagna, il Granada in serie C. Con mio figlio decidemmo di comprarlo. Lo riportammo subito in prima serie, un gran bel lavoro, l' abbiamo tenuto sei anni poi l' abbiamo venduto. L' esperienza ci era piaciuta. Abbiamo continuato a guardarci intorno, a Londra, dove avevamo altri nostri interessi. Così è nato il Watford. Se ne occupa mio figlio, ormai vive a Londra».
Vivendo da dirigente il calcio italiano e quello inglese, qual è la differenza più importante che trova?
giampaolo e gino pozzo
«Loro sono più lineari, più coerenti, più imprenditori e meno politici. Decidono, non si dividono. Guardi cosa hanno fatto davanti alla Superlega. In due ore le squadre coinvolte sono state prese a schiaffi. Storia finita. Noi stiamo ancora a discutere cosa fare».
Lei arriva poco prima di Berlusconi e Moratti. Loro dopo vent' anni se ne sono andati. Lei è ancora qui. Perché? Ho visto tante volte il calcio cambiare sotto le sue invenzioni.
«Questo mi fa piacere e devo dire credo ci sia qualcosa di vero. Ho fatto resistenze che alla fine hanno portato vantaggi a tutti. L' ambiente è complesso, ci sono interessi paralleli difficili da controllare. Nella vita si lavora per affermare se stessi e mettersi alle spalle l' avversario. Nel calcio devi conciliare le tue vittorie con le sconfitte degli altri: lo sconfitto ha bisogno del vincitore e viceversa. Da soli non esistiamo. Questo era l' errore della Superlega, che le dodici fondatrici non prevedevano sconfitta: volevano scegliersi da soli l' avversario».
tributo a gino pozzo
Quindi serve una regola di comportamento?
«Sì ma non voglio dettarla io, vorrei conservare un po' di stile. Anche se, detto tra noi, lei mi dà 250 milioni, io faccio una squadra per vincere lo scudetto. E se non lo vinco devo considerarmi un imbecille, nel senso che avrei sbagliato scelte io, non i soldi. Ma nei debiti delle grandi società ci sono anche responsabilità individuali. Manager pagatissimi, storici, lo stesso tecnico, sono stati protagonisti e partecipi di questa situazione. Dovevano essere anche loro a dire fermiamoci. Gli stipendi, l' Iva, le tasse, vanno pagati nel tempo giusto, non dopo, altrimenti si falsa la gara».
toto' di natale con la moglie 1
Ha mai giocato a calcio?
«No, mai. Sono sempre stato un tifoso dell' Udinese, capivo, sentivo l' importanza della squadra per l' umore della città. Una cosa distingue Udine: non siamo tanti in generale, centomila persone, ma siamo tanti per il calcio. Nei tempi buoni andiamo in trentamila allo stadio, come se Milano portasse un milione di milanesi a San Siro».
È per questo che è stato sveltissimo a rifare il vecchio stadio Friuli?
«Sì. Non abbiamo cercato l' affare, abbiamo cercato di dare alla gente la possibilità di vedere la partita in modo decente. Prima, con la pista, la distanza minima tra uno spettatore e il campo era di trenta metri. Poi c' era l' esigenza di dare una copertura. Questa è una città piovosa, l' aria è spesso fredda e umida. Dovevamo rendere tutto più fruibile».
In che senso non avete fatto un affare?
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«Non l' abbiamo nemmeno cercato. Sarebbero stati troppo alti i costi. Abbiamo pensato di rendere le cose semplici. Abbiamo chiesto un mutuo al Credito sportivo, la proprietà resta del Comune. A noi basta pareggiare nel tempo le spese avute. Ora tutto quello che riguarda l' Udinese è dentro lo stadio. La società, una club house per noi, la squadra e i nostri migliori abbonati, perfino un centro congressi dove facciamo iniziative prima di ogni partita, incontri di affari tra imprenditori locali e nazionali, molte altre cose. Ma è stato tutto fatto a costi possibili.
de paul udinese roma
Sento di progetti a Verona tra società e comune per uno stadio da 150 milioni, ma non vedo mai nessuno tirar fuori i soldi. È così dappertutto. Oggi non c' è nessuna base economica, politica, per poter pensare di costruire davvero uno stadio di proprietà. Troppo alto il costo e troppa la burocrazia. Meglio andare per gradi, fare subito bene quello che si può. Anche a Udine siamo stati bloccati. Non abbiamo ancora potuto completare l' opera».
È vero che la Var l' ha inventata lei?
«È vero che nel 2003 chiesi al Cnr di Bari un progetto che portasse chiarezza sul gol non gol e sul fuorigioco. Alla fine si arrivò alla fattibilità di apparecchi identici a quelli che si usano oggi. Lo feci vedere al presidente della Fifa, era Blatter, che mi disse di non essere interessato. Pochi erano interessati ad avere più uguaglianza. Almeno su questo ora va meglio».
GIAMPAOLO E GINO POZZO GINO POZZO GIAMPAOLO POZZO