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    LAUDA-TO SÌ – “PREFERISCO AVERE ANCORA IL PIEDE DESTRO PIUTTOSTO CHE UN BEL VISO” – ECCO COSA DICEVA NIKI LAUDA, SCOMPARSO ALL’ETA’ DI 70 ANNI, DEL TERRIBILE INCIDENTE AL NURBURGRING (VIDEO): “SOLO AMMACCATURE ALLA CARROZZERIA, DENTRO SONO INTEGRO” – LE SUE PAROLE ERANO RASOIATE, DAVANTI A ENZO FERRARI UNA VOLTA DISSE: “QUESTA MACCHINA E’ UNA ME…” – LE LACRIME DI MONTEZEMOLO IN DIRETTA A “SKY SPORT 24” - VIDEO


     
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    Daniele Sparisci per corriere.it

     

     

    L’ironia tagliente e la testa sempre avanti

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    Niki Lauda aveva il dono della sintesi. Riassumeva tutto in concetti chiari, le sue parole spesso erano taglienti come rasoi. Davanti a un thé nel motorhome della Mercedes, dove fino a qualche tempo fa era una presenza fissa, ti diceva che il suo segreto era guardare sempre avanti. Non amava raccontare aneddoti sul passato, piuttosto pensava al prossimo obiettivo: poteva essere una corsa, un confronto con i piloti, un dossier su una compagnia aerea da salvare, un investimento immobiliare nella sua amata Ibiza dove trascorreva gran parte del tempo fin quando la salute lo ha assistito. Scherzava anche su quello, chiamava «tagliandi» i controlli in ospedale che doveva affrontare dopo i trapianti. Odiava gli appuntamenti fissi ed era molto «cauto» con il denaro, nei paddock di F1 circolano storie divertentissime al riguardo. Mancherà a tutti e resterà per sempre. Lo ricordiamo con parole sue.

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    La fuga dalle piste: «Basta girare in tondo, non ne posso più»

    Racconta Pino Allievi nel suo libro Vite di Corsa di quando Niki Lauda il 28 settembre del 1979 dopo le prove del Gp del Canada scese dalla Brabham e rivolgendosi a Ecclestone, allora patron della scuderia, disse: «Basta, non ce la faccio più a girare in tondo, me ne vado scusami tanto». Bernie pensò a uno scherzo, invece Lauda rientrò in hotel per prendere le valigie e imbarcarsi poi sul primo aereo. «Non ne potevo più, d’improvviso mi chiesi che cosa stessi facendo nell’abitacolo di un’auto da corsa e mi sentii un estraneo. Completai il giro, salutai tutti e me ne andai. Non era un decisione premeditata, l’aveva preso in quell’istante. Due anni dopo mi è tornata la voglia e ho ripreso a correre con la McLaren riconquistando un altro Mondiale. In quel momento era giusto fare così, guidare una F1 può essere divertente per chi guarda. Ma è un rischio se lo fai senza la massima concentrazione».

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    Sull’incidente al Nurburgring: «Solo ammaccature alla carrozzeria, dentro sono integro»

    «Tutto accadde così velocemente che non ebbi il tempo di capire. I primi momenti in ospedale - raccontava ancora nel libro di Allievi- furono terribili.Urlavo per il dolore delle ustioni. Ma appena la situazione si normalizzò mi posi il problema se sarei tornato a correre oppure no. Ero integro dentro, solo la “carrozzeria” aveva riportato danni. Non avevo nessun dubbio: volevo e potevo tornare. Trentasei giorni dopo quando l’ingegner Ferrari mi vide a Fiorano in quello stato era spaventato e sconcertato. Ammetto che non fosse un bello spettacolo». E poi un’altra volta riferendosi al rogo spaventoso disse: «Preferisco avere ancora il piede destro che funziona, piuttosto che un bel viso».

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    Davanti a Enzo Ferrari: «Questa macchina si guida una m...»

    Parlando di Enzo Ferrari qualche anno fa ci raccontò. «Per me Ferrari era il capo e ho sempre avuto grande rispetto. Quando avevo bisogno di lui, bussavo alla sua porta ed entravo. Se si conversava in maniera tranquilla, tutto filava liscio: Ferrari era sì una figura dalla personalità enorme, ma era nel contempo una brava persona. Anche se alla fine il divorzio fu un po’ traumatico, non ho mai avuto grandi problemi con lui. Ma aveva una lacuna e gliel’ho anche detto, con i dovuti modi naturalmente: non veniva mai alle corse.

     

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    Si lasciava informare da un entourage che a volte gli presentava la situazione in maniera edulcorata, per quanto poi lui fosse in grado di valutare il flusso delle informazioni e di prendere le giuste decisioni. Ad ogni modo, oltre ad avere l’appoggio di Luca (di Montezemolo ndr) che mi faceva da tramite, ho sempre preferito dirgli cose al limite dure, ma vere. E gli davo del tu, anzi gli dicevo «Ciao Enzo», tutte le volte che lo incontravo: per i suoi fedelissimi era choccante, essendo il Presidente, il Commendatore e al limite l’Ingegnere.

     

    Non che fosse facile avere a che fare con Ferrari, per la verità. A Fiorano, durante un test, il figlio Piero mi faceva da interprete, perché parlava bene l’inglese. Enzo si rivolse a Piero e mi fece chiedere: «Come va la macchina?». Risposi: «È sottosterzante come una m...». Piero rimase allibito e mi disse: «Non posso tradurglielo, questo. Una Ferrari non è mai una macchina di m...». Conclusi: «Bene, allora digli che ha un sottosterzo infernale». Anche girata in quel modo, era una critica sgradita: avrebbe voluto prendermi a calci nel sedere. In un’altra circostanza mi convocò per farmi questa domanda: «La macchina è troppo lenta, che cosa puoi fare?».

     

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    Gli risposi che non ero un ingegnere e che non era compito mio. Però avevo un’idea, per guadagnare da tre decimi a un secondo. Ferrari chiamò Mauro Forghieri, il dt, che non era del tutto convinto, ma il Drake tagliò corto, mi squadrò e ammonì: «È la prima e l’ultima volta che faccio una cosa del genere. Assicurati che funzioni». Nel giro di pochi giorni, migliorammo di otto decimi e da quel momento credo di aver guadagnato il pieno rispetto di Ferrari».

     

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    Il segreto della felicità

    «Trovare l’equilibrio sapendo che il tuo modo personale per arrivare alla felicità è spesso in conflitto con quanto desiderano tua moglie, la tua famiglia. La gente scontenta è scontrosa perché annega nella noia o non sa che cosa fare. Anche se non hai un lavoro devi impegnare il tuo tempo in cose banali, come leggere un libro. L’infelicità prospera dove mancano le passioni». (Da Vite di Corsa di Pino Allievi).

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