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    “COMBATTEREMO FINCHÉ FAREMO IL RICHIAMO PER LE PREGHIERE E PREGHEREMO A ROMA” - ESTRADATO IN ITALIA IL MULLAH KREKAR: ERA STATO ARRESTATO IN NORVEGIA, DOVE AVEVA OTTENUTO UN PERMESSO COME RIFUGIATO. LA CORTE DI ASSISE DI BOLZANO LO AVEVA CONDANNATO A 12 ANNI PER AVER COSTITUITO UN'ORGANIZZAZIONE PER INSTAURARE L'ISIS IN KURDISTAN - LODAVA I TERRORISTI DI PARIGI E VOLEVA UN NUOVO CALIFFATO...


     
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    Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera”

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    Il lungo avvicinamento della giustizia italiana alla cattura del mullah Krekar si è compiuto ieri quando il «capo spirituale» della cellula jihadista Rawti Shax («Verso la montagna») è stato estradato dalla Norvegia, consegnato a Fiumicino agli uomini del Ros dei carabinieri e da questi trasportato a Rebibbia.

     

    Ritenuto in primo grado il reclutatore di estremisti islamici che progettavano di mettere radici anche a Roma, lo scorso 15 luglio è stato condannato in contumacia a 12 anni in Corte d' Assise ed è in attesa del processo di appello.

     

    Dopo l' ordinanza di arresto che nel 2015 aveva portato alla cattura di sei suoi seguaci a Merano e Bolzano su un totale di 17 indagati, la Procura di Trento nel 2016 aveva revocato la richiesta di applicazione di misura cautelare perché era venuto meno il requisito di attualità. La condanna ha rinnovato le esigenze di estradizione e gli ha aperto infine le porte del carcere. La sfida è ora far partire presto il processo nel complicato calendario processuale del coronavirus per evitare che i termini di custodia scadano.

     

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    Faraj Ahmad Najmuddin, 64 anni, origini curde-irachene viveva in Norvegia da esule politico dal 1991. Il suo nome è al centro dell' indagine «Jweb» per associazione con finalità di terrorismo anche internazionale che sotto l' ombrello di Eurojust ha coinvolto le autorità britanniche, norvegesi e tedesche con il raccordo investigativo di Europol.

    Assieme a lui altre cinque persone sono state condannate a luglio con pene fino a nove anni: tre residenti in Norvegia, gli altri in Gran Bretagna, dove uno era già detenuto in quanto ritenuto membro effettivo dell' Isis.

     

    Il mullah Krekar, sottolinea il Ros, è stato «leader dell' organizzazione terroristica sunnita Ansar Al Islam (presente nella lista stilata dalle Nazioni Unite)» nella quale guidava la costola curda. Ne proseguiva l' opera dopo che questa era stata annientata dall' invasione americana dell' Iraq nel 2003. Dal suo rifugio norvegese aveva «costituito una propria organizzazione terroristica curdo-sunnita ramificata in Svizzera, Grecia, Finlandia e in Iraq», dove Krekar progettava di inviare foreign fighters per continuare la jihad su scala globale.

     

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    Da anni sotto la lente investigativa di mezzo mondo, il 64enne è noto anche per aver teorizzato già 23 anni fa la nascita di uno Stato islamico sul modello fatto proprio dall' Isis in tempi più recenti. Già individuato anche il territorio di riferimento, il Kurdistan iracheno, dove, secondo i carabinieri, puntava a «instaurare un califfato regolato dalla sharia e alla realizzazione di atti di intimidazione nei confronti di governi occidentali, attraverso cellule dormienti in tutta Europa».

     

    Radici antiche, metodi moderni. Era lui a selezionare i maestri di sharia online che indottrinavano i potenziali martiri. Ma soprattutto erano sue le relazioni internazionali e le strategie eversive che imbastiva con chat dedicate, collegamenti su Skype e via dicendo. Il progetto di attentati emerge dalle intercettazioni.

     

    La partecipazione a operazioni all' estero è nascosta dietro riferimenti calcistici, in cui i jihadisti sono giocatori e la cellula alla quale unirsi viene chiamata «il Barcellona».

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    «Combatteremo finché faremo il richiamo per le preghiere e pregheremo a Roma, questa è la promessa di Dio», assicurava uno dei partecipi. E l' altro: «Come facciamo a coordinare e portare la gente a Roma? Io sono pronto ad andarci anche da solo se voi non venite». Negli anni addietro Krekar era stato ascoltato lodare le stragi di Abu Musab al-Zarqawi in Iraq, inneggiare al califfato di Al Baghdadi e celebrare i killer di Charlie Hebdo.

     

    Fino all' ultimo il mullah si è opposto all' estradizione. Il procuratore capo di Trento, Sandro Raimondi, elogia «la fattiva collaborazione tra le autorità norvegesi e quelle italiane».

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