Carlo Cambi per “La Verità”
protesta dei ristoratori a bologna
«Omicidio di Stato», questo è per i ristoratori il suicidio di un loro collega. Lo portano scritto su di un cartello mentre bloccano a Cantagallo (punto nevralgico della rete autostradale) l'Autogrill che resta comunque aperto anche in zona rossa.
Sono un centinaio, li controlla uno schieramento di polizia tre volte superiore. Si sono radunati ristoratori, ambulanti e commercianti arrivati a Bologna per gridare il loro «ora basta» com'è scritto sullo striscione in testa al sit-in.
la protesta dei ristoratori
Hanno scelto Bologna come snodo dell'Italia che un tempo produceva e ora è paralizzata dal virus cinese. Una paralisi che per queste categorie ha un solo responsabile: il ministro della salute Roberto Speranza di cui pretendono le dimissioni. Poi prendono le macchine e a passo d'uomo percorrono quindici chilometri di Autosole fino a Sasso Marconi provocando una lunghissima coda.
Nelle stesse ore a Bari sulla tangenziale il traffico è stato bloccato da cinquecento tra ristoratori, commercianti e ambulanti che hanno marciato al grido scritto in nero su un lenzuolo di trenta metri: «Chiudere tutto e tutti». Il caos è durato ore. Hanno dovuto istituire un parcheggio temporaneo dei Tir in zona stadio, Bari è diventata irraggiungibile.
autogrill occupato
A controllare la pacifica, dolorosa protesta trenta pattuglie tra Digos e Stradale e dal corteo una voce sola: «Ci fanno morire, sappiamo che è illegale bloccare il traffico, ma ormai non abbiamo più nulla da perdere». Solo a mezzogiorno si è sciolto il sit-in.
Stesse scene già vissute sei giorni fa a Firenze quando i tassisti in un lungo corteo di auto rischiarato dai fumogeni viola si sono mossi con un preciso programma: «Blocchiamo l'Italia».
protesta dei ristoratori
Uno slogan che è rimbalzato da Foggia a Palermo dove i ristoratori dicono «ormai i nuovi poveri siamo noi», da Napoli dove una settimana fa è stato bloccato il lungomare, a Modena dove la città è stata paralizzata da un pacifico presidio. L'intento è sempre lo stesso: «Chiudono l'Italia? E noi la blocchiamo».
È questo l'indigesto pesce d'aprile che i ristoratori hanno servito al governo Draghi in caduta verticale nella fiducia di lavoratori autonomi, partite Iva, commercianti e artigiani.
SALVINI CON I RISTORATORI
«Glielo dimostreremo il 6 aprile - dice Paolo Bianchini ristoratore viterbese - quando invaderemo piazza di Spagna». Bianchini è il presidente del Mio (Movimento imprese ospitalità) aderente a Federturismo di Confindustria. È riuscito a riunire la galassia della protesta. «Saremo in piazza noi del Mio, i colleghi del Movimento Io Apro, quelli della Rete delle Partite Iva, l'Apit Italia e Pin. Uniti da tre richieste: le dimissioni del ministro della Salute Roberto Speranza, l'immediata riapertura e il blocco delle tasse».
Bianchini aggiunge: «Il ministro Speranza, di fatto, ha portato a fine vita il tessuto produttivo del nostro Paese, costituito dalle piccole imprese». Ma è bene che il governo misuri la temperatura di questa protesta perché il disagio sociale sta dilagando.
SALVINI CON I RISTORATORI
«Dal mio modesto osservatorio - fa notare ancora Bianchini - ho constatato che noi abbiamo proposto una causa contro lo Stato e in pochi giorni siamo a migliaia di adesioni. Presenteremo ogni a causa come singola; costa 201 euro da pagare anche a rate e per promuoverla bisogna associarsi sul sito www.mioitalia.it. Bloccheremo tasse e contributi non dovuti: dall'Irpef alle bollette. Non possiamo versare imposte o il corrispettivo di servizi che non ci hanno dato perché il Paese era chiuso. Con lo Stato ci vedremo in tribunale, ma intanto dal 7 aprile riapriamo comunque bar, ristornati, esercizi pubblici a pranzo e a cena per protesta. Speriamo che la nuova ordinanza di Speranza attesa proprio per il 7 aprile prenda in considerazione che noi dal 25 ottobre non abbiamo più lavorato, chiediamo che vengano bloccati gli sfratti e che le chiusure se devono esserci siano selettive».
ristoratori protesta
Anche lo chef Erminio Alajmo, patron del tristellato ristorante Le Calandre, ha annunciato che scenderà in piazza dopo Pasqua per chiedere al governo una data di riapertura: «Noi ristoratori siamo stufi e vogliamo tornare a lavorare».
Il prezzo che l'intero Paese sta pagando è altissimo. Si stima che con le chiusure di Pasqua andranno in fumo quasi 2 miliardi, ma un conto ancora più pesante lo ha fatto la Coldiretti.
ristoratori protesta
L'organizzazione di cui è presidente Ettore Prandini ha fatto notare che le ultime chiusure anti Covid stanno distruggendo le filiere dell'agroalimentare. Sostiene la Coldiretti: «Con Aprile chiuso salgono a 1,1 milioni di tonnellate i cibi e i vini invenduti dall'inizio della pandemia per il crollo delle attività di ristorazione che ha travolto a valanga interi settori dell'agroalimentare. Queste chiusure mettono a rischio d'estinzione gli oltre 5.000 prodotti tipici che si trovano senza sbocchi per lo stop del turismo, dei ristoranti e degli agriturismo».
ristoratori protesta
Per paradosso questo accade mentre per la prima volta l'export alimentare italiano supera il valore di quello che abbiamo importato. Agricoltura e agroalimentare dovrebbero essere la prima opzione per la ripresa. Eppure esattamente come un anno, fa devono fare i conti col blocco della manodopera straniera: mancano almeno 200.000 addetti per i raccolti. Ma l'Italia chiusa a doppia mandata pare avere una sola preoccupazione: il bollettino dei contagi.
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