Alessandro Giuli Per Libero Quotidiano
ZINGARETTI 33
Tutte le sciagure immaginabili convergono su Nicola Zingaretti con una coerenza spietata e fatale. Nel venerdì 17 di un anno bisestile con pandemia globale in corso, il segretario del Partito democratico diventa il bersaglio prediletto di una malasorte incattivita ma tutt' altro che cieca: la Corte dei Conti lo indaga per danno erariale;
TORRE PARNASI - PALAZZO DELLA PROVINCIA DI ROMA
il governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, lo sbertuccia senza pietà per aver contratto il Covid-19 nel famigerato apericena milanese del febbraio scorso; e per poco non gli deraglia addosso il carrozzone giallorosso a causa della candidatura di Ferruccio Sansa alla presidenza della Regione Liguria, proposta dal Pd ma accettata e poi bocciata e poi riaccolta in limine mortis dal Movimento Cinque stelle.
Insomma una giornata nerissima che vale come la perfetta sintesi dello stato di salute d' una leadership attesa dallo sfasciacarrozze.
NICOLA ZINGARETTI A MILANO
Ma andiamo con ordine. In qualità di governatore del Lazio, Zingaretti è finito da tempo nel mirino della Corte dei Conte che proprio ieri ha chiuso l' inchiesta sull' acquisto della nuova sede della Città Metropolitana (l' ex Provincia) risalente al 2009.
Si tratta del peggior affare immobiliare a memoria d' uomo, a quanto pare, poiché la presidenza della Regione ha comprato «mediante locazione con opzione d' acquisto» una delle torri edificate dal costruttore Luca Parnasi, malgrado i Vigili del fuoco l' avessero dichiarata inagibile. Risultato: 263 milioni spesi per un palazzone da 32 piani grazie alla vendita di 20 stabili di pregio affidati a un fondo immobiliare.
Il guaio, secondo la Corte, è che i beni alienati si sono svalutati di oltre 24 milioni e la metà di questi, per un valore di almeno 29 milioni, è rimasta invenduta. Stiamo parlando, fra l' altro, delle caserme dei Carabinieri di San Lorenzo in Lucina e piazza del Popolo e di altri immobili prestigiosi dislocati nel centro storico.
LUCA PARNASI
Di qui l' accusa d' aver causato un danno complessivo all' erario pubblico da 89 milioni di euro, con la conseguente formalizzazione di un' indagine a carico di Zingaretti e del sindaco romano Virginia Raggi assieme ad altre 35 persone fra parlamentari, consiglieri, funzionari e dirigenti di banca. Un capolavoro non meno imbarazzante del recente raggiro subìto dalla Regione nella partita di mascherine fantasma acquistate e mai pervenute in piena emergenza pandemica.
VIRGINIA RAGGI E NICOLA ZINGARETTI
MALEDETTO APERITIVO E a proposito di Covid-19, sempre ieri ha preso a circolare in modo virale uno scambio di pubbliche battute balneari tra Bruno Vespa e Vincenzo De Luca, il quale in teoria sta nello stesso partito guidato da Zingaretti ma non si è fatto scrupoli a infierire senza alcun rispetto sulle sue disavventure influenzali: «Ci ricordiamo alcune frasi come "Milano non si ferma", "Bergamo non si ferma". Un segretario di partito, che è anche un mio amico, è andato a fare un brindisi, ma siccome Dio c' è ha beccato il Covid».
Zingaretti ovviamente l' ha presa male ma al Nazareno la considerazione che hanno nei suoi confronti ha prodotto una reazione nannimorettiana e sin troppo tiepida, per bocca di un consigliere regionale lombardo che è anche responsabile imprese del Pd, Pietro Bussolati: «Caro De Luca, Nicola era venuto a portare la solidarietà a Milano e a una comunità ferita, rispettando le regole in vigore in quel momento. La tua battuta è quindi sgradevole e inopportuna. Continuiamo così, facciamoci del male».
ZINGARETTI E DE LUCA
De Luca è impermeabile al centralismo democratico comunista ancora arieggiante nel Pd, se ne frega delle obbedienze di corrente e pretende di ripresentarsi alle urne come un governatore a statuto speciale. A farne le spese è la reputazione del segretario, deriso e vilipeso proprio nel momento più delicato che precede l' appuntamento autunnale con le regionali.
COL CAPPIO AL COLLO E in effetti il filo rosso degli accordi tra Pd e Cinque stelle si sta trasformando in un cappio al collo del povero Zingaretti, assediato dai personalismi dei suoi dirigenti romani e snobbato dai cacicchi locali anche quando crede di aver trovato il coniglio giusto nel cilindro. È il caso di Sansa, proposto in Liguria come antagonista del fortissimo governatore uscente di centrodestra, Giovanni Toti.
NICOLA ZINGARETTI E VIRGINIA RAGGI
Quando l' accordo, spinto con forza dallo spezzino Andrea Orlando, sembrava ormai chiuso, ambienti vicini a Luigi Di Maio hanno cercato d' impallinarlo a colpi di veline in cui si rammentavano i cattivi rapporti tra il giornalista del Fatto e il Mangiafuoco genovese Beppe Grillo. Dopo varie triangolazioni telefoniche, è infine giunto il via libera del reggente pentastellato Vito Crimi. Ma è una fatica di Sisifo che lascia ferite aperte non soltanto sulla credibilità dei grillini.
Ancora una volta è l' eterno mediatore Zingaretti a finire stritolato nelle guerre tribali interne ed esterne, e a subire le conseguenze di una verità indicibile: Pd e Cinque stelle sanno di essere destinati a sconfitta quasi certa proprio laddove è più probabile allearsi, in Liguria come già in Umbria, mentre il Pd resta competitivo quando corre in solitudine nei suoi feudi storici (in Toscana e Campania come già in Emilia-Romagna).
Èl' ennesima, rotonda smentita dell' infelice amalgama di maggioranza che sorregge il Conte bis e che sta sommergendo con un' onda di sfiga bisestile la segreteria di Zingaretti.
zingaretti
TUTTI GLI IMMOBILI DATI IN GARANZIA PER COMPRARE IL PALAZZO DI PARNASI
Ilaria Sacchettoni per il Corriere della Sera - Roma
Un palazzo ai numeri civici 20-24 di in via dei Prefetti. Un altro in via Cavour 226. Diverse palazzine in via Trionfale.
Un immobile in via Antonio Musa, nei pressi di villa Torlonia. Un appartamento sull' Appia, un altro in via Eugenio Di Mattei a Roma nord. Si tratta dei fabbricati confluiti nel fondo Upside costituito a garanzia dell' acquisto del palazzo della provincia di Luca Parnasi, il costruttore a processo per corruzione (vicenda relativa alla costruzione dello stadio di Tor di Valle).
Fabbricati che, nei prossimi mesi, potrebbero essere messi all' asta dalle banche, titolari del debito milionario rappresentato dalla gestione del fondo. Quest' ultimo è in scadenza (il 31 dicembre 2020) e dal 1° gennaio 2021 potrebbe scattare una decisione in merito agli immobili in questione.
PARNASI
Altri fabbricati di grande pregio sono stati già venduti per pagare gli oneri di costituzione del fondo a garanzia dell' acquisto del palazzo di Parnasi. È il retroscena dell' affare ricostruito nell' invito a dedurre notificato dai finanzieri del Nucleo di tutela spesa pubblica del gruppo di polizia economico finanziario a trentasette indagati, fra i quali il segretario Pd e governatore del Lazio Nicola Zingaretti e la sindaca Virginia Raggi.
«Sin dalla sua costituzione il fondo ha sofferto una forte crisi di liquidità per gli ingenti oneri gestionali e finanziari sostenuti che ha costretto la Provincia a una continua ricapitalizzazione mediante plurimi acquisti di quote per evitarne il default tecnico», si legge nel documento a firma del pm contabile Massimo Lasalvia.
massimiliano smeriglio foto di bacco
Tra gli immobili venduti, per stare al passo con le spese derivanti dalla gestione del fondo, le due caserme dei carabinieri, quella di piazza del Popolo e l' altra (monumentale a sua volta) di piazza San Lorenzo in Lucina. Ma anche un complesso in via di Villa Pamphili 84-100, un immobile in via delle Tre Cannelle e altri in piazza Belli e via Luisa di Savoia a un passo dal Tridente.
Il danno erariale contestato per la vicenda è di circa 90 milioni di euro. Ciascuno per la propria parte è chiamato a risarcire la somma. Tra gli indagati ci sono anche il deputato europeo Pd Massimiliano Smeriglio, la deputata Pd Patrizia Prestipino, il consigliere grillino Giuliano Pacetti, la vicepresidente pro tempore Cecilia D' Elia.
Sull' affaire è in corso un' inchiesta penale della pm Laura Condemi. I reati ipotizzati dagli investigatori sono la frode fiscale, la truffa e l' abuso d' ufficio. Secondo gli investigatori sarebbero state emesse fatture per operazioni inesistenti e alcuni pubblici ufficiali potrebbero avere agevolato il gruppo Parnasi in un' epoca di forte indebitamento con le banche.
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO