Estratto da “Amascord. Ispirato a fatti realmente accaduti”, di Claudio Sabelli Fioretti, ed. Compagnia Editoriale Aliberti
claudio sabelli fioretti
Le macchine partono “a tutta callara” come si dice a Roma. In testa quelle della scorta, poi quella dei bagagli, poi quella dell’attrezzatura da radioamatore, poi quella sua, poi quella nostra dove stiamo io e mia moglie Annette. Poi, a chiudere, altre macchine della scorta. Sembra un film americano.
Attraversiamo il centro di Roma come se non ci fosse un domani. Io penso: “Va bene, è stato bello vivere ma in fondo non ho mai pensato di poterlo fare in eterno”. Poi, all’improvviso, all’unisono, tutte le macchine inchiodano. Siamo davanti a una chiesa. Che succede? Il presidente si deve confessare. Panico. Non c’è nemmeno un prete. Partono persone per ogni dove. Bisogna trovare un prete, assolutamente. Il presidente si aggira nervoso sul sagrato. Ma non ci poteva pensare ieri? Ecco, è arrivato un prete. Il presidente si confessa. E poi via di nuovo a duecento chilometri all’ora.
claudio sabelli fioretti cossiga
Arriviamo vivi all’aeroporto di Ciampino. È la prima volta che salgo su un aereo executive. Dopo un’ora siamo a Cagliari. Poi lui in elicottero e noi in macchina. Dopo un’ora, incontro con le autorità, sindaci, prefetti, questori. Dopo un’altra ora, check-in. Il più è fatto. Da domani si comincia con l’intervista.
Francesco Cossiga non ha fatto difficoltà. Gli avevo chiesto di averlo a disposizione un paio di giorni per una intervistona che dovrebbe riempire un libro. Lui di giorni me ne ha concessi quattro. Purché avessi la voglia di seguirlo in Sardegna dove voleva andare a riposare. «Porta pure la tedesca, lei sì che è simpatica». Fatto. Eccoci qui con tutta la truppa dei suoi famigliari. Abbiamo stabilito di vederci tre o quattro ore al giorno. Per il resto, riposo, passeggiate, pranzi, chiacchere.
claudio sabelli fioretti cover
Ci vediamo la mattina presto. Facciamo colazione nella stanza dove lui dorme insieme a un badante. Poi cominciamo a registrare. Lui rigorosamente in mutande. Non c’è bisogno di stimolarlo. Io gli faccio domande insolite e provocatorie e lui mi dà risposte insolite e provocatorie. Io gli chiedo: «Presidente, lei è matto?» E lui comincia a parlare di Erasmo, parla di Churchill, dice che non si è intelligenti se non si è matti, ma alla fine confessa che è stato Ciriaco De Mita a passare ai giornali la notizia che era andato nella clinica della dottoressa Aslan a farsi fare l’elettrochoc.
Intervistare Cossiga si rivela facilissimo. È talmente sicuro di sé che conosce perfettamente le risposte giuste da dare, a prescindere dalla verità, per sorprendere e rendere interessante l’intervista. Con lui realizzo due libri che vendono entrambi un casino di copie. Strano, visto che i miei libri generalmente vendono poco, spesso vendono pochissimo e qualche volta non vendono niente.
cossiga moro
Una sola volta un mio libro ha venduto veramente tanto. Si chiamava Dimmi, dammi, fammi ed era la trasposizione satirica di una inchiesta che avevo fatto per un settimanale femminile della Mondadori, «Donna Moderna», sul tema dei rapporti fra uomini e donne, più precisamente sulle cose che le donne vorrebbero che gli uomini dicessero e non dicono mai e sulle cose che le donne dicono e non dovrebbero dire mai.
Scrivevo nella prefazione alla prima edizione:
claudio sabelli fioretti
Anni di femminismo hanno tappato la bocca agli uomini. Nell’ansia di apparire politicamente corretti, non parlano più, non si lamentano più, non chiedono più... Questo libretto intende fare opera meritoria creando un porto franco per dare libero sfogo ai desideri reconditi dell’uomo e per indicare alle donne come rendere felice quel bambolotto che hanno sposato.
L’editore era una mia amica alle prime armi. Questo era il suo primo libro. Ne fece stampare mille copie che andarono esaurite il primo giorno, complice una comparsata al Maurizio Costanzo Show. Ne fece stampare altre mille copie e poi altre mille e poi altre mille.
FRANCESCO COSSIGA HENRY KISSINGER
Andò avanti così, a botte di mille copie, che costarono molto di più di un’unica tiratura più alta. Col risultato che vendette tanti libri ma non ci guadagnò una lira. E nemmeno io ci guadagnai una lira perché sulla copertina, per darmi un tono, avevo fatto scrivere: “I guadagni di questo libro saranno devoluti a Emergency”. Pirla! Nove anni dopo un altro editore, lungimirante, disse: «E se ci riprovassimo?» Ci riprovammo e andò ancora meglio. Diceva la prefazione della seconda edizione:
CLAUDIO SABELLI FIORETTI
Dopo la prima edizione di questo libretto ho ricevuto esagerati encomi e devastanti critiche. I più mi hanno accusato di essere un bieco maschilista nemico delle donne. Ma non sono mancati quelli che, leggendo fra le righe e andando oltre la semplice e banale interpretazione del significato letterale e superficiale delle parole, hanno colto il mio impegno profondo in difesa dell’universo femminile, operazione realizzata attraverso una spietata analisi degli atteggiamenti stolti e menefreghisti degli uomini. Non mi sarà difficile convincervi di quanto io giudichi filologicamente preferibile la seconda posizione.
francesco cossiga
Molte donne mi hanno vilipeso, ma moltissime mi hanno ringraziato. Molti uomini mi hanno tolto il saluto, ma non sono mancati quelli che mi hanno mandato bigliettini di ringraziamento e benedizione. Alcuni critici, diciamolo, qualche parente, hanno scritto che nel mondo della letteratura e della sociologia era finalmente entrato a far parte un incrocio fra Voltaire e Padre Pio.
Se posso darvi un consiglio, voi astenetevi dal dare giudizi. Del mio libretto sarebbe inelegante dire che si tratta di una delle più colossali cagate mai edite in Italia negli ultimi due secoli. E io ne soffrirei. Ma mi sembrerebbe eccessivo e imbarazzante, ancorché gradevole, se qualcuno sostenesse che si tratta di un vero e proprio capolavoro che raggiunge in taluni passi le vette narrative di un Tolstoj o di un Dostoevskij per dilatarsi sul finale nella malinconica poesia di un Baudelaire. Fate così. Tenetevi sul generico. Dite, come diceva il mio amico Gigi Melega quando non sapeva che cazzo dire: «Interesting». O, al più: «Not interesting».
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Anche il libro-intervista a Cossiga alla fine andò molto bene. L’impennata delle vendite arrivò nei giorni successivi a quello in cui Giuliano Ferrara, probabilmente in preda ai fumi dell’alcol, brandì il libro (titolo: L’uomo che non c’è) durante Otto e mezzo che conduceva su la7. E pronunciò la frase che non dimenticherò mai: «Questo è il più bel libro dell’anno». Più nessuno, da allora, ha mai detto niente del genere parlando di una mia opera. Giustamente.
CLAUDIO SABELLI FIORETTI giuliano amato francesco cossiga francesco cossiga CLAUDIO SABELLI FIORETTI SILVIO BERLUSCONI GIORGIO LAURO A UN GIORNO DA PECORA d'alema cossiga FRANCESCO COSSIGA E LUIGI ZANDA PIERO CHIAMBRETTI FRANCESCO COSSIGA CLAUDIO SABELLI FIORETTI