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    PRIMA IL COLLE, DOPO LA CORDA AL COLLO: IL QUIRINALE COSTERÀ A BERSANI LA POLTRONA DI SEGRETARIO


     
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    Marcello Sorgi per "La Stampa"

    PIERLUIGI BERSANIPIERLUIGI BERSANI

    Dopo la mezza schiarita seguita all'incontro Bersani-Berlusconi di martedì, la trattativa per il Quirinale è tornata nell'impasse più totale. Per molte ragioni, ma soprattutto per una: nel Pd tutti i precari equilibri interni sono saltati e s'è inaspettatamente aperta, in corrispondenza con i negoziati per il Colle, la corsa per sostituire Bersani alla segreteria.

    La coincidenza non poteva essere più funesta e la serie di eventi interni verificatisi in rapida successione da mercoledì hanno gettato in completa confusione il partito che controlla 494 dei 504 voti necessari per l'elezione del Presidente dal quarto scrutinio in poi.

    BERLU E BERSANI ARRIVOBERLU E BERSANI ARRIVO

    L'esclusione di Matteo Renzi dai Grandi elettori ha convinto il sindaco di Firenze, in testa a tutti i sondaggi nel gradimento come candidato premier in caso di nuove elezioni, che è in corso una manovra contro di lui. L'inclusione del ministro Fabrizio Barca, che ieri s'è iscritto al Pd presentando un documento programmatico con il quale punta alla segreteria in chiave di alleanza organica con Vendola e Sel, ha rafforzato Renzi nelle sue convinzioni.

    RENZI MATTEORENZI MATTEO

    L'ala centrista e cattolica del partito freme, come dimostra l'intervista di Rosi Bindi ieri alla Stampa. Sempre ieri a Firenze D'Alema (che oggi vedrà Bersani) ha incontrato il sindaco, riconoscendo pubblicamente che è stato un errore impedirgli di partecipare alle votazioni per il Quirinale.

    In questo quadro il leader Pd ha smentito e fatto smentire da Enrico Letta la voce insistente di una sua candidatura alla successione di Napolitano con l'appoggio, o almeno la non ostilità, di Berlusconi. Ma non è più chiaro se e quanto Bersani possa continuare a trattare a nome del suo partito.

    Ministro Fabrizio BarcaMinistro Fabrizio Barca

    L'apertura che ieri ha ricevuto dalla Lega non ha alcun peso, se il leader democratico non è in grado di dimostrare di volere e potere portare a compimento il suo progetto di scelta del Presidente con una larga condivisione, che consentirebbe di eleggerlo al primo scrutinio con la maggioranza qualificata dei due terzi delle Camere riunite.

    DALEMA VENDOLADALEMA VENDOLA

    Dalla quarta votazione in poi, infatti, ognuno correrebbe per sè e i 494 voti si dividerebbero in tanti rivoli diversi. In quel caso il Pd rischierebbe di assomigliare alla Dc del '92, che arrivò alla scadenza del Quirinale con troppi aspiranti, e visse il dramma delle dimissioni del segretario, Forlani, candidato e poi trombato dai franchi tiratori guidati da Andreotti. L'elezione dell'allora presidente della Camera Scalfaro non sarebbe avvenuta senza l'onda d'urto della strage di Capaci.

     

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