Davide Maria De Luca per “Libero Quotidiano”
Con la fine dell'estate politici, giornalisti e commentatori sono tornati a parlare del referendum costituzionale che si terrà il prossimo novembre. La vittoria del Sì, che appariva scontata fino a pochi mesi fa, sembra oggi sempre più incerta, tanto che il premier Matteo Renzi nelle ultime settimane sembra in parte aver ritirato la sua promessa di dimettersi in caso di sconfitta.
MONTEPASCHI GRILLI DRAGHI
Referendum e timori del governo s'intrecciano con una vicenda che apparentemente con la carta costituzionale non ha nulla a che fare: la crisi delle banche e in particolare quella di Monte dei Paschi. La soluzione definitiva dei problemi di Mps, infatti, sembra in qualche misura ostacolata proprio dalle incertezze causate dall'esito del referendum.
La situazione del sistema finanziario italiano è nota da tempo e ha attirato per tutta l' estate le attenzioni della stampa internazionale. Secondo gran parte degli analisti, le ragioni della crisi si sono accumulate nel corso di almeno un ventennio: le banche italiane sono troppe e spesso troppo piccole, hanno un numero eccessivo di filiali, un modello di business antiquato e manager e azionisti che in molti casi non sono sufficientemente qualificati.
Crediti deteriorati
La manifestazione più chiara di questa situazione è quella dei crediti deteriorati: i prestiti che le banche non riescono più a farsi restituire. La colpa è in parte della crisi, che ha mandato a gambe all' aria molte delle imprese e dei privati a cui le banche avevano prestato soldi. Questa situazione è stata aggravata dal fatto che spesso gli istituti italiani hanno prestato denaro in maniera sconsiderata agli alleati politici dei grandi dirigenti e, su scala minore, agli amici e parenti dei direttori delle piccole filiali.
ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA
La più grande tra le banche in crisi è Monte dei Paschi, la storica banca della sinistra toscana che da oramai quattro anni è costretta a passare da uno stato di emergenza all' altro. I difetti del sistema bancario italiano sono per molti aspetti magnificati dal caso Mps.
Giuseppe Mussari, il presidente che ha guidato la banca fin quasi al momento del disastro, era un avvocato che ammetteva candidamente di non capire nulla di strumenti della finanza moderna come i derivati. La banca e la fondazione, che per decenni ne è stata azionista di maggioranza, hanno riversato miliardi di euro con logiche clientelari su tutta la provincia di Siena. E per quanto riguarda i favori ai potenziali alleati, Mps raramente andava troppo per il sottile sul colore politico.
Fino all' ottobre scorso, la banca si è rifiutata di farsi rimborsare una fideiussione da otto milioni di euro concessa anni prima a Silvio Berlusconi.
LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpeg
La situazione paradossale è che oggi Mps rischia di fallire, nonostante la nuova amministrazione arrivata dopo l' era Mussari sia riuscita a rimettere ordine nella gran parte dei conti della banca. Ma l' operazione di Alessandro Profumo, che ha guidato la banca fino al 2015, e Fabrizio Viola ha incontrato molti ostacoli. «A mettersi di traverso sulle operazioni straordinarie che avrebbero forse potuto risollevare le sorti di Mps nel 2012-2013», spiega Carlo Alberto Carnevale-Maffè, docente di Strategia all' Università Bocconi, «fu la Fondazione, che all' epoca deteneva ancora ben oltre un terzo del capitale».
FABIO GALLIA CLAUDIO COSTAMAGNA
Profumo perse la sua battaglia «per superare la "senesità" della banca. Ancora una volta, a tarpare le ali di quel "calabrone bancario" che rimane pur sempre Mps fu la politica».
Dopo le dimissioni di Profumo, l' operazione di risanamento continuò sotto Fabrizio Viola. Gli ultimi dati sui conti di Mps mostrano che la banca non solo non sta perdendo soldi, ma è riuscita anche a presentare conti migliori del previsto. Il problema è che la pessima gestione degli anni precedenti continua a pesare sul futuro dell' istituto. Nei bilanci ci sono ancora più di 25 miliardi di euro di crediti deteriorati.
A luglio, l' Autorità Bancaria Europea ha provato a fare una simulazione di cosa accadrebbe ai principali istituti europei in caso di un nuovo triennio di recessione.
Mps è risultata l' unica banca europea a essere insolvente.
Le soluzioni in ballo
A fine luglio la banca ha presentato un piano di salvataggio che non prevede l' intervento pubblico. Si tratta di una soluzione di mercato, in cui il governo entrerebbe «solo con la mano sinistra», tramite il fondo Atlante e, attraverso di lui, tramite la Cassa Depositi e Prestiti.
jamie dimon jp morgan
Ma questo piano «non consente di considerare chiusa la questione», spiega Silvia Merler, ricercatrice dell' istituto Bruegel. «Il piano si basa fondamentalmente sul successo di un' operazione di aumento di capitale importante (5 miliardi a fronte di 700 milioni di capitalizzazione), il cui successo non dovrebbe essere dato per scontato».
Un' altra possibile soluzione, emersa negli ultimi giorni di agosto, prevede la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate. Ma anche l' esito di questa seconda soluzione non è scontata, sostiene Merler: «L' effetto finale dipenderebbe dalla percentuale di obbligazionisti subordinati disposti a partecipare. Anche se tutti i 3 miliardi di obbligazioni subordinate in mano a investitori istituzionali venissero convertite, rimarrebbe comunque un deficit da colmare rispetto all' aumento di capitale previsto».
Il governo si trova davanti a una scelta difficile: le soluzioni "di mercato" lasciano aperte molte incertezze, ma l' intervento pubblico - come furono i Tremonti Bond del governo Berlusconi e i Monti Bond del governo omonimo - sembra presentare un rischio ancora maggiore. Un salvataggio pubblico, infatti, farebbe scattare la Brrd, la direttiva sul bail-in, che costringe a partecipare al salvataggio tanto i proprietari della banca (gli azionisti), quanto chi ci ha investito (gli obbligazionisti).
Suicidio politico
RENZI ETRURIA 9
Poco male, verrebbe da dire, se il dissesto di una banca viene pagato dai proprietari che l' hanno guidata male e da chi, credendo nei loro piani, ha deciso di investirci. Il problema è che, come ha dimostrato il caso delle quattro banche popolari risolte lo scorso autunno, gli istituti italiani hanno spesso venduto ai piccoli risparmiatori prodotti complessi e adatti a clienti di alto livello - come le famose obbligazioni subordinate, tra le prime a venire cancellate in caso di bail-in. Nel caso delle quattro banche, il governo ha varato un piano per restituire gran parte del denaro perso agli investitori. Ma il piano ha impiegato vari mesi a essere preparato e approvato.
E in ogni caso non ha evitato a Renzi critiche e attacchi. Nessuna regola europea vieta al governo di salvare Mps, far scattare il bail-in e poi varare un piano per restituire ai piccoli risparmiatori il denaro perso.
protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 6
Il problema è che la reazione negativa per la perdita dei risparmi sarà immediata, mentre il piano di compensazione impiegherà necessariamente del tempo a dispiegare i suoi effetti.
Adottare oggi questa soluzione sarebbe per il governo un suicidio politico: la cancellazione dei risparmi di migliaia di italiani, anche se solo temporanea, coinciderebbe proprio con le date cruciali del referendum costituzionale, il cui esito sembra in questi giorni sempre più incerto. Per il governo, lo scenario migliore è che Mps riesca a salvarsi da sola. Ma se i piani emersi nel corso questa estate non dovessero funzionare, Renzi si ritroverà con poche opzioni tra cui scegliere. E con il referendum sempre più vicino.