Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Ted Cruz si rende ridicolo, Donald Trump fa già il presidente, Hillary Clinton and staff rimuginano su un avversario senza pudore. E’ solo il 28 aprile, il Grande Circo non è che a metà del tour.
DONALD TRUMP
Lo spettacolo più divertente del dopo super Tuesday Acela, dal nome del treno veloce che percorre gli Stati della East Coast, lo ha fornito Ted Cruz. Ma come, non hai vinto niente, sei arrivato terzo dopo John Kasich, che di suo è già abbastanza sfigato, hai la certezza matematica che anche se per ipotesi assurda negli Stati che restano prendessi tutti i delegati, non arriveresti neanche vicino al numero di 1237, e nomini un vice presidente?
Pare il ticket dei disperati, anzi lo è, con la prescelta, la manager ex Hewlett Packard, Carly Fiorina, che aveva provato a candidarsi per le presidenziali con risultati disastrosi, che canta una canzoncina per le bambine di Cruz, e accetta non si capisce che cosa. Qui nessuno si ritira, ma rischiano la figuraccia, perché pare che, con l’eccezione di un manipolo di finanziatori pur importanti che non si rassegna, il vertice e il comitato elettorale del partito repubblicano abbiano deciso di accettare che a tanto successo popolare non ci si può ribellare.
TRUMP PALIN
Donald Trump parla ormai regolarmente con il presidente del Comitato, ex grande nemico, e agli irriducibili resta solo la carta estrema dell’Indiana, martedì 3 maggio, 59 delegati , e “the winner takes most”, il vincitore prende tutto con qualche eccezione in qualche distretto, per sperare di fermare la nomination ineluttabile.
Questo non ferma però gli opinionisti ed analisti americani, di quelli europei ci si cura poco, ma tutti sono a lutto stretto per l’America e il mondo, oppure sono diventati tutti amichetti di Hillary Clinton, dopo averla sbeffeggiata per venticinque anni più o meno, e soprattutto non uno di loro ricorda di aver ammorbato lettori e spettatori con filippiche colte sull’impossibilità che il clown Trump fosse qualcosa di più di un fenomeno passeggero.
TED CRUZ CARLY FIORINA
Autocritica, analisi serie sulla crisi e la rabbia della classe media americana? Macché, si distribuiscano brioches e si avvii dibattito pensoso sulla perversione del popolo americano.
Mentre distribuiscono brioches, al New York Times e company fanno a pezzi il discorso, il primo rivestito di una qualche ufficialità, che Trump ha tenuto ieri a mezzogiorno al Mayflower Hotel di fronte a una platea abbastanza scelta di esperti di politica estera e sicurezza nazionale, e che, a detta dei critici, non sarebbero stati impressionati, anzi delusi e un po’ infastiditi. A giudicare dalla quantità e intensità degli applausi, si potrebbe sostenere il contrario.
TED CRUZ CARLY FIORINA
Trump non ha improvvisato, discorso scritto , e letto sul teleprompter, come piace al suo nuovo manager, Paul Manafort, e al genero e consigliere, Jared Kushner. Il contenuto? Io l’ho ascoltato, lo definirei di mero buon senso, di critica feroce e sacrosanta a Barack Obama, e quindi anche alla Clinton, che nel primo mandato è stata segretario di Stato, di rassicurazione agli americani che non si faranno più avventure belliche perdenti per conto terzi rimettendoci soldi e vite e in più attirandosi le critiche di alleati ingrati, che gli accordi di libero commercio saranno rivisti per non danneggiare ulteriormente prodotti e lavoratori americani. Capirai che scandalo!
Donald Trump (s), Ted Cruz (c) e John Kasich
Dice Trump che la politica estera attuata da Obama Clinton è stata pericolosa, senza una guida, senza uno scopo, un disastro totale, e che se l’obiettivo è la pace e la prosperità, non guerra e distruzione, serve una politica estera disciplinata, mirata e concreta; che è scettico sull’utilità di accordi internazionali che riducano la possibilità di controllare gli affari nazionali, ma anche sul ruolo della Nato, visto che gli europei non pagano le quote dovute e prendono iniziative politiche spesso ostili; che sono stati sbagliati e dannosi il rovesciamento in Egitto di Hosni Mubarak, l’intervento in Libia, la strategia militare in Siria, l’accordo con l’Iran; che il segretario di Stato Clinton è responsabile dell’attacco e della strage al consolato Us di Bengasi;
cruz candidato alle presidenziali
che l’obiettivo in Medio Oriente dovrebbe essere quello della stabilità regionale, non un cambiamento radicale utopistico; che tanti sbagli hanno portato alla nascita e alla crescita dello Stato terrorista dell’Isis, vero flagello da sradicare, comportandosi in modo tanto deciso quanto non prevedibile; che il prestigio americano va ripristinato nel mondo, e non dovrà più capitare che un presidente degli Stati Uniti vada in visita a Cuba, dopo aver regalato la fine delle sanzioni, scelta che peraltro Trump condivide, e non venga accolto dalla massima autorità. Devo essere stata trumpiana prima di Trump, visto che penso e scrivo le stesse cose da anni.
trump cruz rubio
Nel foltissimo gruppo di studio, lavoro, comunicazione e costruzione di un fascino che non si riesce a trovare neanche ora che la nomination democratica di Hillary Clinton è acclarata, e che Bernie Sanders comincia a ritirarsi, coesistono due teorie: Trump è il più facile avversario da battere a novembre, Trump è un avversario infido, pericoloso, imprevedibile, duro da battere a novembre . Di più, anche in caso di vittoria, Trump sarebbe una spina nel fianco della presidenza Hillary.
bernie sanders hillary clinton
Lei ripete il suo mantra, ovvero io unisco, lui divide, io sono amore, lui è odio. Il fatto è che lei è amata molto poco, e se Trump o ha fans adoranti o odiatori, lei non sta meglio, sia pur essendo l’eletta del partito, con un indice a sfavore del 55,6 per cento. E di fronte ha un personaggio che sfugge alle definizioni, ai finanziatori, alle lobby e ai deputati e senatori. Trump difende l’assistenza sanitaria per poveri, bambini, anziani, Trump sostiene il Planet Parenthood, la catena nazionale di assistenza alle donne, anche se è contrario all’aborto; è un po’ più difficile da contrastare del beghino, reazionario Cruz.
bernie sanders hillary clinton
Non lo pensano solo gli elettori di Trump, certi che se nominato farebbe come Ronald Reagan nel 1980, ma anche due pensatori democratici doc, David Axelrod e David Plouffe, vicini a Barack Obama, che vorrebbero Ted Cruz come avversario, e così lo spiegano. “Trump può fare incursioni in terreni inaspettati, giocare senza regole, colpirti come nessun politico farebbe, spiazzarti.
Per dirne una tremenda, un uomo vicino a Trump, Roger Stone, ha scritto un libricino, “La guerra dei Clinton alle donne”, tutto sulle avventure di Bill e la complicità di Hillary, e Trump potrebbe usare i dettagli più sordidi senza remore, cosa che un senatore, un uomo di Capitol Hill, esiterebbe a fare; scegliere di non rispondere, di non voler scendere al suo livello, come la Clinton ha numerose volte detto di voler fare, sarebbe un segno di debolezza. Secondo Axelrod e Plouffe, che lo odiano, Trump contamina e intossica tutto ciò che tocca. Lui potrebbe considerarlo un complimento.
bill clinton bernie sanders con la moglie jane