Maria Giovanna Maglie per Dagospia
PUTIN TRUMP BLATTER
Vi spaventa Trump? Solo fino a quando non conoscete gli anti Trump apocalittici. Tutto cominciò con: “Clown da relegare in pagina spettacoli. Meno interessante di Kim Kardashian. Fenomeno momentaneo da non tenere in considerazione”. Poi si passò a “Pericolo mondiale Peggio dell'Isis Salto nel buio Prodotto di una rabbia cieca Razzista Fascista”.
TRUMP BERLUSCONI 1
Oggi queste sciocchezze patetiche si leggono solo in Europa, si distinguono i giornali italiani e quelli inglesi, ma si accodano i tedeschi. Pare, a sentire "Sueddeutsche Zeitung", che agli italiani il successo di Trump ricordi quel periodo di vent’anni fa quando Silvio Berlusconi si mise in politica come nessun altro prima di lui. Che potrebbe anche essere verosimile, peccato che il Cav abbia pensato bene di uscirsene con una frase del tipo “Trump? Un incrocio tra Grillo e Salvini”, per la quale dovrebbe licenziare in tronco i o le consigliere che gliel'hanno suggerita.
TRUMP BERLUSCONI
Pare addirittura, se siete disposti a crederci, che i paralleli tra “The Donald” e “il Cavaliere” siano così numerosi che i media statunitensi chiedono continuamente informazioni ai media italiani per capire il fenomeno del Berlusconismo. A chi si rivolgono? A Beppe Severgnini, of course, editorialista del “Corriere della Sera”, per capire meglio “l’italianità”.
SEVERGNINI ERBA DEI VICINI
Severgnini mica si fa pregare, dà agli statunitensi alcune regole per affrontare il fenomeno “Trump”: “Fate l’esatto contrario di quello che abbiamo fatto noi, non demonizzate Trump come abbiamo fatto noi con Berlusconi, non siate ossessionati da lui e non fatevi ipnotizzare: tutto questo lo renderà solamente più forte”. Guinzaglio lungo e gabbia solida, insomma.
Peccato che negli States né snobismo idiota né scenari da “apocalipse now” a proposito della candidatura e possibile perfino elezione di Donald Trump si usino più, copione già utilizzato e con risultati scarsissimi, tanto è vero che Dana Milbank ha annunciato che si mangerà la carta di una copia del Washington Post sul quale campeggiava un articolo di dileggio del candidato.
beppe severgnini
La stampa americana si è sbagliata e lo ammette, lì si usa. Non che i liberal abbiano rinunciato a contrastare il repubblicano nei prossimi mesi, oggi tutto punta su quanto sarà difficile per lui passare da outsider e outspoken, candidato improbabile che dice tutto quello che gli passa per la testa, a candidato ufficiale che deve fare i conti con i finanziatori importanti, il comitato elettorale, il vertice del partito, i deputati e i senatori, il clima della convention, la scelta del vicepresidente.
obama hillary e bill clinton
Ma difficilmente i giornalisti riusciranno a scrollarsi di dosso il biasimo di non aver saputo capire che quest'anno le dinamiche politiche tradizionali non servono, e sia chiaro che non hanno sbagliato i sondaggi, non questa volta, ma la sottovalutazione generale nei media sulla esigenza sociale che ha fatto crescere il fenomeno Trump. Si può obiettare che era difficile da capire, ed è vero, vista la melassa che ha circondato la presidenza Obama, della quale si può dire che non è detestata, ma certo non è ampiamente popolare.
nate silver
Si può obiettare che l'intero mondo politico non ha capito che il popolo delle primarie gli si stava rivoltando contro, lui però, Donald Trump, miliardario, imprenditore, mai fatta politica, lo ha capito. E lo ha capito, sia pur in misura minore, Bernie Sanders, a dispetto dei giornalisti come Nate Silver, un altro che si è scusato come Milbank, che sul suo sito, «FiveThirtyEight» dava Hillary Clinton vincente al 90 per cento.
GIDEON RACHMAN
La palma del ridicolo, però, non si deve togliere, ci mancherebbe, al Financial Times, religiosamente tradotto dal Sole 24 ore, ultima star Gideon Rachman, che ci spiega che siamo a “ il ritorno alla leadership nella politica internazionale dell'uomo forte”, una roba sociologica di quelle toste, nella quale le differenze storiche, democratiche, antropologiche, geografiche, insomma qualunque considerazione non dico seria ma di puro buon senso ,vengono schiacciate a favore di un quadro di quelli che gli scongiuri non bastano.
putin xi jinping
Abbiamo nell'ordine che “ Nel 2012 il punto di svolta: nel maggio di quell'anno Vladimir Putin è ritornato al Cremlino da presidente della Russia. Pochi mesi più tardi Xi Jinping si è installato nella poltrona di segretario generale del Partito comunista cinese... I media compiacenti sono stati incoraggiati a dar vita e a coltivare il culto della personalità, mettendo in evidenza la forza e il patriottismo dell'uomo nuovo al vertice”.
Occhio al fritto misto: “Nel luglio 2013 in Egitto un colpo di stato è culminato con la destituzione dei Fratelli Musulmani e la comparsa di Abdel Fattah al-Sisi, ex comandante dell'esercito, il nuovo leader forte del paese. L'anno seguente Recep Tayyip Erdogan, da undici anni Primo ministro turco, è stato eletto presidente e poco dopo la nomina ha preso provvedimenti per rafforzare la presidenza, emarginando gli altri politici di spicco e dando un giro di vite ai media.”.
berlusconi erdogan putin
Arriviamo al punto dolente della teoria: “Questo orientamento globale sta accelerando. La settimana scorsa nelle Filippine è stato eletto presidente un populista scatenato, Rodrigo Duterte, meglio noto come Duterte Harry”. E poi? “E poi c'è Trump. Gli americani forse trasaliranno all'idea che la politica degli Stati Uniti possa avere qualcosa in comune con quella delle Filippine o della Russia, ma di fatto Trump – che ormai si è assicurato la candidatura ufficiale repubblicana alla presidenza – presenta molte caratteristiche dell'attuale mucchio di leader autoritari e muscolosi comprendente Putin, Xi, Erdogan, Sisi, Modi, Orban e Duterte”.
E sapete come finirà? Ve lo dice il FT con la collaborazione del Sole: “Trump e Putin sembrano aver formato una sorta di sodalizio di vicendevole ammirazione. Andando indietro nel tempo, il patto del 1939 tra Hitler e Stalin in soli due anni lasciò il posto alla guerra tra Germania e Unione Sovietica” .
A trasalire non sono solo gli americani che conoscono la solidità del loro sistema, siamo in molti. Ci fosse fra questi critici pensosi dello stato della democrazia nel mondo uno che dica una parola su un Paese nel quale un premier non eletto si è fatto una legge elettorale su misura e ora si prepara a un referendum sulla Costituzione cambiata sempre su misura.
rodrigo duterte 4
Di fronte a questa prospettiva che volete che possano gli allarmi di Repubblica sul “ vento, gonfio di paure e di collera, quello che soffia ormai dalle Alpi alle Montagne Rocciose e che sta rendendo pensabile l'impensabile e possibile l'impossibile: che Trump possa essere il prossimo Presidente degli Stati Uniti”? Preparate i passaporti, anzi no, non c'è dove rifugiarsi, almeno non dalle cazzate.